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Voglio condividere qualche pensiero con voi, carissimi, tutti qui riuniti in nome e in ricordo del nostro compianto e amatissimo parroco don Luigi. Non sono qui fisicamente, mi trovo fuori per impegni presi più di due mesi fa. Ma ci tengo a essere presente, almeno in spirito e affido queste poche righe a qualcuno che le leggerà per me. Essere sacerdoti oggi è una sfida, un controsenso per alcuni, per altri semplicemente un mestiere. Ma vi assicuro che non è così e la storia ci insegna quanto invece queste figure siano state e sono tuttora preziose per tutti e poco importa se “l’infamia di pochi” ricade sulle spalle degli altri. Non si diventa preti per essere benvisti. Si diventa preti per diventare servi inutili proprio come diceva Gesù.

Fare il prete non è un mestiere, è un modo inutile di amare. Inutile come ogni amore. Inutile come l’aria. E il nostro parroco ha fatto questo con noi per oltre cinquant’anni. E non si è fermato difronte a niente e non si scoraggiava per le opposizioni manifeste o latenti che il suo modo di fare franco e schietto suscitava in qualcuno. Ricordo quando arrivò giovanissimo nella nostra parrocchia. Allora ero solo una bambina, ma ricordo le novità, era un sacerdote fuori dal comune e con le idee chiare e “rivoluzionarie” per certi versi, che nei più anziani suscitavano qualche perplessità. I più probabilmente ignoravano che era uscito dal Concilio Vaticano II ed era ben determinato a mettere in atto tutti i suggerimenti acquisiti. E sapeva bene come predicare, santificare e guidare, come sappiamo tutti che è stato ed è tuttora: Sacerdote, Re e Profeta.

E come dimenticare queste tre paroline che il nostro don pronunciava ogni volta che amministrava un battesimo? Ed è così che abbiamo capito che con il Battesimo nasce un popolo di sacerdoti, re e profeti perché in tutti i battezzati vive Cristo Sacerdote, Re e Profeta. Con quale entusiasmo con che forza predicava e ci forgiava come cristiani, come comunità, come famiglia parrocchiale. È incredibile quanto ci abbia amato, e quanto ci teneva a tutti, nessuno escluso. Riusciva sempre a coinvolgere piccoli e grandi, ragazzi, giovani e anziani, e si faceva prossimo a tutti coloro che attraversavano un momento difficile. La sua porta era sempre aperta e lui lì ad accogliere, a consigliare ad aiutare.

Quanto bene ha fatto, quante lacrime ha asciugato, quanti sorrisi, quanta allegria ci ha regalato! Già, il cristiano si riconosce da questo: dalla gioia! E sì che ce ne ha donate di iniziative gioiose: l’ora di gioia che, grazie alle suore e alle catechiste, intratteneva i bambini un’ora prima della Santa Messa. Un pensiero speciale va alle suore che con la loro presenza, il loro servizio hanno reso a questa comunità un’opera straordinaria a tutti i livelli.

Ci siamo sentiti sempre accolti e amati e abbiamo con queste suore un debito di riconoscenza enorme. Ricordo quando durante le festività natalizie oltre alle novene e alle varie funzioni liturgiche ci riunivamo da loro per giocare a tombola. E ci dedicavano tempo e coccole, come la cioccolata calda che preparavano per tutte noi. E i regalini confezionati da loro stesse per ciascuna ragazza del coro. Un tempo meraviglioso di cui “allora” non capivamo l’importanza. Amorevoli come mamme per i bambini dell’asilo, catechiste pazienti ed entusiaste, presenti anche nelle visite agli ammalati, e non solo… una parola buona e di incoraggiamento per tutti, e alla fine la cura, la dedizione e l’assistenza al nostro amatissimo parroco. Ma voglio continuare a ricordare solo la gioia.

Il puro divertimento dei “Giochi del quartiere” (i primi, quarant’anni fa): tre pomeriggi e serate all’insegna di un’allegria incomparabile con gare esilaranti per grandi e piccoli, esibizioni canore, teatrali, sfide culinarie, talenti che si esibivano nelle proprie specialità. E che dire delle comunità neocatecumenali che volle e coltivò con amore certosino? A proposito di questa realtà voglio esprimere la mia testimonianza. Anch’io ho partecipato tantissimi anni fa al corso che alcuni catechisti tenevano per essere introdotti in una di queste comunità.

Ero entusiasta e avrei proseguito volentieri, ma per una serie di motivi non sono poi riuscita a seguire le attività del gruppo. Sono rimasta fuori con mio grandissimo dispiacere. Ne parlai con don Luigi e le sue parole mi rasserenarono e vi ripeto quello che mi disse: “Cara Caterina le strade del Signore sono infinite e tutte ci portano a Lui. Non puoi seguire la Comunità? Non fa niente. Vivi da cristiana, segui le funzioni religiose, non fare il male e cerca di fare il bene. Prega, nutriti del Corpo di Gesù. Per vivere che facciamo? Ci nutriamo. Ora l’importante è restare in vita, ma non tutti mangiamo le stesse cose. A uno piace la pasta, a uno il riso, a chi la carne, a chi le verdure. L’importante è mangiare per vivere. Lo stesso per il nutrimento spirituale.”

Ho seguito i suoi consigli e ho cercato di fare quello che potevo, mettendo in gioco e a disposizione quello che mi sentivo di fare: catechista, oratorio e giochi del quartiere. E sono felice di averlo fatto. Ci sarebbe tanto altro da dire, ma mi fermo qui. Caro don Luigi, grazie di tutto e, come dicevi tu… “arrivederci in Paradiso”!


Leggi le testimonianze di Francesco Schiano e Giuseppina Ferrandino


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