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Durante la catechesi del mercoledì che ha preceduto la Pasqua di Resurrezione, Papa Francesco ha esaltato la crocifissione di nostro Signore come fonte di speranza: «Domenica scorsa la Liturgia ci ha fatto ascoltare la Passione del Signore. Essa termina con queste parole: «Sigillarono la pietra»: tutto sembra finito. Per i discepoli di Gesù quel macigno segna il capolinea della speranza. Il Maestro è stato crocifisso, ucciso nel modo più crudele e umiliante, appeso a un patibolo infame fuori dalla città: un fallimento pubblico, il peggior finale possibile – a quell’epoca era il peggiore. Ora, quello sconforto che opprimeva i discepoli non è del tutto estraneo a noi oggi. Anche in noi si addensano pensieri cupi e sentimenti di frustrazione: perché tanta indifferenza verso Dio? È curioso, questo: perché tanta indifferenza verso Dio? Perché tanto male nel mondo? Ma guardate, che c’è male nel mondo! Perché le disuguaglianze continuano a crescere e la sospirata pace non arriva? Perché siamo attaccati così alla guerra, al farsi del male l’uno all’altro? E nei cuori di ognuno, quante attese svanite, quante delusioni! E ancora, quella sensazione che i tempi passati fossero migliori e che nel mondo, magari pure nella Chiesa, le cose non vadano come una volta…

Insomma, anche oggi la speranza sembra a volte sigillata sotto la pietra della sfiducia. E invito ognuno di voi a pensare a questo: dov’è la tua speranza? Tu, hai una speranza viva o l’hai sigillata lì, o l’hai nel cassetto come un ricordo? Ma la tua speranza ti spinge a camminare o è un ricordo romantico come se fosse una cosa che non esiste? Dov’è la tua speranza, oggi? Nella mente dei discepoli rimaneva fissa un’immagine: la croce. E lì è finito tutto. Lì si concentrava la fine di tutto. Ma di lì a poco avrebbero scoperto proprio nella croce un nuovo inizio. Cari fratelli e sorelle, la speranza di Dio germoglia così, nasce e rinasce nei buchi neri delle nostre attese deluse; ed essa, la speranza vera, invece, non delude mai. Pensiamo proprio alla croce: dal più terribile strumento di tortura Dio ha ricavato il segno più grande dell’amore. Quel legno di morte, diventato albero di vita, ci ricorda che gli inizi di Dio cominciano spesso dalle nostre fini. Così Egli ama operare meraviglie. Oggi, allora, guardiamo l’albero della croce perché germogli in noi la speranza: quella virtù quotidiana, quella virtù silenziosa, umile, ma quella virtù che ci mantiene in piedi, che ci aiuta ad andare avanti».

Un santo che ha sperato contro ogni speranza è Francesco d’Assisi, ha raggiunto il traguardo della perfetta letizia abbracciando la croce, fino ad incarnarla. San Bonaventura da Bagnoregio nella Leggenda maggiore racconta: “Accingendomi a narrare, ad onore di Dio onnipotente e a gloria del beato padre Francesco, alcuni tra i miracoli approvati, che avvennero dopo la sua glorificazione in cielo, ho giudicato di dover incominciare da quello che, meglio di ogni altro, rivela la potenza della croce di Gesù e ne rinnova la gloria. L’uomo nuovo Francesco risplendette per un nuovo e stupendo miracolo, quando per un privilegio straordinario, non concesso nelle età precedenti, apparve insignito e adorno delle stimmate sacre, che impressero nel suo corpo di morte la figura del Crocifisso. Qualunque lode dica lingua umana di questo prodigio, non sarà mai lode adeguata. In verità tutta l’opera dell’uomo di Dio, in pubblico e in privato, mirava alla croce del Signore: per questo prese l’abito della penitenza, fatto in forma di croce, racchiudendosi in essa, per sigillare anche esteriormente il suo corpo con il sigillo della croce, che era stato impresso nel suo cuore all’inizio della conversione.

Per questo volle che, come il suo spirito si era interiormente rivestito del Signore crocifisso, così anche il suo corpo si rivestisse delle armi della croce e che il suo esercito militasse sotto quella stessa insegna con la quale Dio aveva debellato le potestà diaboliche. Inoltre varie volte, fin da quando aveva cominciato a militare per il Crocifisso, rifulsero intorno a lui i misteri della Croce. Ciò appare chiaramente a chi considera lo svolgimento della sua vita, cioè a chi considera le sette apparizioni della croce del Signore, dalle quali egli fu totalmente trasfigurato per opera d’estatico amore verso di lui, ad immagine dei Crocifisso, nello spirito, nel cuore, nelle opere. Giustamente, pertanto, il Re sommo e clemente, benigno oltre ogni umana immaginazione con chi lo ama, volle che Francesco portasse impresso nel proprio corpo il vessillo della Sua croce: colui che aveva avuto il dono di un amore straordinario per la croce, poteva bene ottenere dalla croce un onore straordinario” (FF 1256).

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