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Perché la Chiesa ritiene non opportuna la benedizione delle coppie omosessuali?

Il giudizio negativo sulla benedizione di unioni delle persone dello stesso sesso non implica un giudizio sulle persone.

La Chiesa non dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso, che non può dunque “essere considerata lecita”. Lo dichiara la Congregazione per la Dottrina della Fede. La dichiarazione, approvata in via definitiva da Papa Francesco nel marzo del 2021, afferma che non è lecito che i sacerdoti benedicano le coppie omosessuali che chiedono una sorta di riconoscimento religioso della loro unione.

Occorre tuttavia riflettere attentamente sulle motivazioni di questa dichiarazione. Nella nota della Congregazione si possono individuare due affermazioni fondamentali: la prima affermazione decisiva riguarda la distinzione tra le persone e l’unione. Così che il giudizio negativo sulla benedizione di unioni delle persone dello stesso sesso non implica un giudizio sulle persone. La seconda affermazione riguarda l’aspetto propriamente liturgico/sacramentale proprio della benedizione. Le benedizioni, infatti, appartengono al genere dei sacramentali. Di conseguenza, per essere coerenti con la natura dei sacramentali, quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre, oltre alla retta intenzione di coloro che ne partecipano, che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e a esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore.

Sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire questi disegni. Per tale motivo, afferma la nota; “non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio, vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita, come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso”. La presenza in tali relazioni di elementi positivi, che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare, non è comunque in grado di renderle legittimamente oggetto di una benedizione ecclesiale, poiché tali elementi si trovano al servizio di una unione non ordinata al disegno del Creatore. Inoltre, poiché le benedizioni sulle persone sono in relazione con i sacramenti, la benedizione delle unioni omosessuali non può essere considerata lecita, in quanto costituirebbe in certo qual modo una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale, invocata sull’uomo e la donna che si uniscono nel sacramento del Matrimonio, dato che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppur remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. La dichiarazione di illiceità delle benedizioni di unioni tra persone dello stesso sesso non è quindi, e non intende essere, un’ingiusta discriminazione, quanto invece richiamare la verità del rito liturgico e di quanto corrisponde profondamente all’essenza dei sacramentali, così come la Chiesa li intende.

Occorre infine ricordare che la risposta al dubium proposto non esclude che vengano impartite benedizioni a singole persone con inclinazione omosessuale, le quali manifestino la volontà di vivere in fedeltà ai disegni rivelati di Dio così come proposti dall’insegnamento ecclesiale, ma dichiara illecita ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere le loro unioni. In questo caso, infatti, la benedizione manifesterebbe l’intenzione non di affidare alla protezione e all’aiuto di Dio alcune singole persone, nel senso di cui sopra, ma di approvare e incoraggiare una scelta ed una prassi di vita che non possono essere riconosciute come oggettivamente ordinate ai disegni rivelati di Dio.

Fonte: Paolo Morocutti – Sir

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