Login

Lost your password?
Don't have an account? Sign Up

Risonanze del cammino svolto nel primo anno della fase narrativa

1. Tutta la Chiesa

Sono più di duecento le sintesi diocesane, e non solo, arrivate alla segreteria del Cammino sinodale a fine aprile. Una straordinaria ricchezza di apporti che testimonia l’ampio coinvolgimento messo in movimento dal processo sinodale.

«La Chiesa di Dio è convocata in Sinodo», si legge nelle prime battute del Documento Preparatorio del Sinodo universale ufficialmente aperto il 9 ottobre 2021 (DI’,1), e veramente tutta la Chiesa è stata interpellata e chiamata a partecipare.

Le Chiese locali nelle loro articolazioni (diocesi, parrocchie, zone pastorali o foranie..) e in tutte le loro componenti, ma anche realtà pensate normalmente come altre rispetto alla Chiesa: il mondo della politica, delle professioni, la scuola e l’università, i luoghi della sofferenza e della cura, le situazioni di solitudine e di emarginazione, e la gente comune, quella dei mercati, delle strade e quella che passa dalle nostre comunità senza riuscire a sentirsene veramente parte.

Tutto un mondo che abbiamo spesso pensato come esterno rispetto alla Chiesa. Queste realtà di vita quotidiana, e queste persone, talvolta da noi stessi confinate nell’invisibilità, sono state raggiunte dall’invito del Sinodo, coinvolte in un percorso di ascolto a tutto campo che vorrebbe vederle finalmente protagoniste.

Nella dinamica “interno esterno” — che, in un primo momento, è sembrato dettare il passo della fase narrativa con le relative questioni della scelta del punto di avvio del percorso ad intra o ad extra e delle modalità per «uscire dall’ombra del campanile»[1] -è apparso chiaro per tutti che non c’è nulla che sia veramente fuori, ossia estraneo alla vita della Chiesa, e che la Chiesa, non solo è chiamata ad essere la casa di tutti, ma che lo è in radice. A noi spetta riconoscerla e viverla per ciò che essa è.

Gli “sconfinamenti” che abbiamo vissuto in questi mesi non sono allora qualcosa di straordinario, ma esprimono la realtà più profonda delle nostre comunità ecclesiali, quello che siamo chiamati ad essere e a vivere nella ordinarietà e nella normalità. È stata come una ventata di freschezza: il soffio dello Spirito che ha rimesso in movimento le nostre comunità, a volte stanche e ripiegate su sé stesse. «Fontane inaridite», come qualcuno le ha definite. Un soffio che ha aperto gli occhi e il cuore consentendoci di vedere finalmente di riconoscere i “compagni di viaggio” e il debito di ascolto che abbiamo.

2. «Un’alba di speranza»

Man non c’è stato, come si poteva invece immaginare, il fiume delle lamentazioni o delle rivendicazioni, anche se non sono mancate perplessità e resistenze che occorre continuare ad ascoltare. Nelle sintesi che sono arrivate, le fatiche e i limiti sono stati chiaramente registrati, ma in una prospettiva propositiva e di speranza. È come se finalmente avessimo alzato lo sguardo e ritrovato la capacità di guardare avanti e lontano: «Un’alba di speranza» (DP, 32). Sono tanti non semplicemente i propositi ma le annotazioni relative a cammini ulteriori che si aprono, facendo tesoro dell’esperienza vissuta. Canali di comunicazione, di scambio e di ascolto da tenere aperti e da rinsaldare, accogliendone la ricchezza.

E la stessa cosa è accaduta in ordine alla considerazione delle dinamiche interne alla vita della comunità e alla sua forma strutturale. Le annose questioni che affaticano il passo: il clericalismo, lo scollamento tra la pastorale e la vita reale delle persone, la mancanza di organicità nella proposta formativa, l’afasia delle nostre liturgie… sono state con lucidità registrate. Ma non con un senso di rassegnazione e neppure con i toni accesi della rivendicazione.

Il Cammino sinodale ha aperto anzi, per il modo stesso in cui è stato condotto, spazi e opportunità di ripensamento e di profonda riforma di tali dinamiche. A partire dalle sinergie che ha attivato e dal gusto di lavorare insieme che ha consentito di sperimentare.

Non si è semplicemente parlato di sinodalità ma la si è vissuta, facendo i conti anche con le proprie fatiche: nel lavoro dell’equipe diocesana presbiteri, laici, religiosi e religiose insieme, giovani e adulti, e con la presenza partecipe del vescovo – nell’accompagnamento discreto e sollecito delle parrocchie e delle realtà coinvolte, nella creatività pastorale messa in moto, nella capacità di progettare, verificare, raccogliere, restituire alla comunità. Un’esperienza entusiasmante, «molto molto bella», conte qualcuno ha detto, al di là dei timori con cui ad essa ci si era avvicinati.

Un’esperienza generativa che ha contribuito a rimettere in campo e rivitalizzare in molti contesti gli organismi di partecipazione ecclesiale, aiutando ti comprenderne il compito e la necessità che «funzionino bene». Un’esperienza che, prima ancora, sia aiutando a riscoprire la corresponsabilità che viene dalla dignità battesimale. Un’esperienza ecclesiale che sta forse lasciando emergere la possibilità di superare una visione di Chiesa costruita intorno al ministero ordinato per andare verso una Chiesa «tutta ministeriale» che è comunione di carismi e ministeri diversi.

3. Nell’ascolto della vita (delle vite) e dello Spirito

Ma se tutto questo è accaduto, “sorprendentemente”, è perché si è scelto di dare spazio all’ascolto. L’ascolto della Parola e l’ascolto della vita. Ascoltare «che cosa lo Spirito dice alle Chiese», che cosa lo Spirito dice alle nostre comunità, imparando ad ascoltare quel che viviamo e il vissuto di chi incontriamo, anche quello di chi fino a ora non abbiamo ascoltato. Riconoscendo nella concretezza delle storie, e della vita, la presenza del Signore.

Il metodo della conversazione spirituale ci ha aiutato a vivere così questa fase narrativa. Ed è stata una scoperta che ci ha plasmato: la rivoluzione dell’essenziale. C’è stato chi ha scritto: «Molte delle fatiche della Chiesa sono dovute al fatto che non si guardano negli occhi le persone; le si vede e le si giudica in base a pregiudizi e luoghi comuni, a categorie “già sapute”, a stereotipi mai messi con umiltà in discussione».

Ascoltare la vita, rimettere al centro l’esperienza e partire da lì consente di evitare di impantanarsi in uno sterile confronto di idee; di creare piuttosto «quelle situazioni in cui è possibile uno scambio autentico, e dove davvero si possono cogliere “i segni dei tempi”» perché «il Signore continua a parlare nella storia e nelle storie particolari che sono le vite delle persone». Ripartire dall’ascolto dei vissuti è ciò che consente alle nostre comunità, talvolta su posizioni di difesa e di rassegnazione, di ritrovare il coraggio della profezia, il coraggio di essere una Chiesa amante che «accolga tutte le gioie, i sorrisi, ma anche tutte le lacrime degli uomini e delle donne di oggi».

È in questa direzione che stiamo imparando a recuperare anche il valore di un’attenzione al territorio e di una più incisiva presenza in esso, di cui si parla in tantissime sintesi pervenute. Imparare a conoscere per imparare ad amare. In alcune Chiese locali poi il cammino si è innestato sul Sinodo diocesano in corso, appena avviato, o da poco concluso.

Vi è stata l’attenzione a intrecciare e valorizzare il percorso diocesano con quello nazionale e universale e vi è stata la disponibilità a leggere il Sinodo diocesano come un dono anche per le altre Chiese all’interno di un’esperienza comune più ampia. Ciò ha permesso di recuperare e consegnare la ricchezza del Sinodo già vissuto o di vivere il Sinodo diocesano in corso, con uno spirito nuovo e con una visione più ampia che forse può contribuire a uscire dalla logica dei “Sinodi di documenti”. Il cammino si apre ora per tutti a ulteriori passi.

Le attese suscitate, le speranze risvegliate sono davvero tante. A noi tutti il compito di non deluderle, di custodirle e alimentarle nella tenacia e nella pazienza, lasciando che sia la Parola a guidarci: la Parola del Signore Gesù che libera da ogni chiusura, «addolcisce i cuori e illumina lo spirito», conducendoci per vie che forse ancora non conosciamo ma che vogliamo percorrere insieme, riconoscendoci «discepoli della Via».


[1] Le espressioni virgolettate di cui non è riportato il riferimento sono tratte dalle sintesi pervenute alla segreteria del Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia.

Condividi su:

Facebook
WhatsApp
Email
Stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*

su Kaire

Articoli correlati

Compagni di viaggio nel nome del Signore

Ultimo step per i cresimandi di Ischia «Il Vangelo parla della nostra vita: noi oggi non stiamo concludendo un percorso, ma ne stiamo per iniziare un altro permeati di una

Io sono la resurrezione e la vita

IV predica di Mons. Ranieri Cantalamessa «Gesù le disse: “Tuo fratello risorgerà”. Gli rispose Marta: “So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno”. Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e