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Monsignor Giuseppe Regine

Forio 1928 – 2021

Un giorno, ora abbastanza lontano nel tempo, un confratello mi confidò: “Ti invidio per il rapporto che hai col tuo parroco. Io purtroppo non faccio la tua stessa esperienza.” Al momento non capii sino in fondo cosa mi stesse dicendo; col passare dei giorni il suo pensiero mi è apparso sempre più nitido.

Il giorno dei suoi funerali è stato il popolo di Dio accorso ad esplicitare il tutto: ho ricevuto le condoglianze non solo perché era morto un confratello, ma perché si era spento mio padre. Proprio così le persone si sono a me rivolte: “Oggi hai perso un padre!” Verissimo! Il padre è colui che ti genera: Mons. Regine mi ha generato alla vita della grazia nel giorno del battesimo, mi ha generato alla fede col suo esempio e formandomi nel catechismo, mi ha generato all’amore per l’Eucaristia tenendomi con sé sull’altare, mi ha generato alla passione per lo studio ogni qualvolta ha aperto la bocca per condividere il suo enciclopedico sapere, mi ha generato al senso del bello coinvolgendomi nella cura del tempio e invitandomi a conoscere la storia dell’arte, mi ha generato al sensus Ecclesiae immergendomi progressivamente nella vita della parrocchia, della diocesi, della Chiesa universale sempre con rispetto e spirito di servizio, mi ha generato alla vocazione con la sua vita e con la sua parola, mi ha generato alla preghiera con l’esempio, mi ha generato e rigenerato ogni qual volta mi ha elargito la grazia del perdono e mi ha difeso da attacchi e pericoli, mi ha generato dandomi la sua incondizionata fiducia e il suo straripante affetto. Spero di aver sufficientemente ricambiato il suo amore standogli vicino, sostenendolo, servendolo usque ad finem. Ora non mi resta che ringraziarlo pregando per la sua anima.

Mi è stato chiesto di ricordarlo, tracciandone un breve profilo. Obbedisco, non senza commozione.

Nato a Forio da famiglia contadina il 22 novembre 1928, ben presto mostra la sua naturale predisposizione agli studi e alla pietà cristiana. I suoi compagni delle scuole elementari, tra cui un mio prozio, lo definivano un capicchione. A 11 anni entra nel Seminario diocesano per frequentare lì il Ginnasio.

Anni terribili (1939 – 1944), di fame, di paura per la guerra, ma dal Parroco ricordati sempre con gratitudine ed entusiasmo per le persone incontrate, per le belle figure sacerdotali. Da lì passa a Salerno per il triennio liceale. Brillante negli studi, viene mandato a Posillipo per gli studi teologici. Il 15 luglio 1951 Mons. Ernesto De Laurentiis lo ordina sacerdote nella Cattedrale d’ Ischia e il 22 dello stesso mese canta la sua prima messa solenne in S. Maria di Loreto a Forio. Per tre anni è prefetto in Seminario ad Ischia, poi una lettera della Congregazione per gli studi chiede all’Ordinario d’Ischia di mandare a Salerno don Giuseppe Regine perché occupi la cattedra di storia. Mons. De Laurentiis, che l’anno prima non aveva voluto mandarlo ad insegnare a Molfetta, questa volta cede.

E don Giovì diventa il professor Regine! Quanti racconti di quei 9 anni! Non solo da parte del parroco, ma anche dei suoi alunni. In occasione del 49mo anniversario di sacerdozio di don Franco Piro e dei suoi compagni ci fu un raduno di quella classe a Forio. La basilica di san Vito ospitò la celebrazione. Il Professore ricordava tutti i suoi ex alunni, i loro paesi di origine, il loro rendimento scolastico, il posto che occupavano in aula, aneddoti di quegli anni e in quell’occasione approfittò per domandare a ciascuno cosa stesse facendo, dimostrando di aver seguito – seppur da lontano – ognuno di loro. Ricordo la gioia, lo stupore, l’affetto di quei sacerdoti! E lì il rimembrare quanto fosse generoso il prof. Regine nelle spiegazioni e quanto esigente nel redde rationem. Per me una conferma di quanto già si sapeva! Nel 1963, dopo la morte del Canonico Penitenziere Mons. D’Ambra, fu indetto il concorso per quel posto vacante.

Cinque iscritti, tre partecipanti e due ritiratisi. Don Giovì stravince con un giudizio quantomai eloquente da parte della commissione: decem cum laude, non avendo una valutazione maggiore! (documenti conservati nell’archivio diocesano). Mons. Dino Tomassini trasale di gioia e lo nomina Canonico della Cattedrale d’Ischia affidandogli l’ufficio di Penitenziere. Ha solamente 34 anni e mezzo! Per questo nuovo incarico lascia Salerno per tornare sulla sua isola dove, oltre alla Cattedrale, presta il suo servizio in Seminario come Padre Spirituale. Al contempo diventa uno dei primi e più fidati collaboratori di Mons. Tomassini. Nel 1968 la nomina a Rettore di San Carlo in Forio e nel 1969 la chiamata che stravolgerà la sua vita sacerdotale.

Dopo le dimissioni di Don Vincenzo Avallone, il Consiglio Comunale di Forio – esercitando il diritto di patronato – indica per primo nome dei candidati all’ufficio di parroco della Matrice quello del Canonico Regine. Era inusuale che un canonico lasciasse la Cattedrale per una parrocchia; questo poteva essere letto come une retrocessione e una punizione. Ma il Concilio stava modificando il modo di concepire la Chiesa e il ruolo dei parroci, per cui Mons. Tomassini coglie la palla al balzo, accetta la candidatura di Regine e chiede la sua disponibilità. Sarà la sorella Maria a raccontarmi l’agitazione di quei giorni, il timore di essere inadeguato alla vita pastorale in parrocchia. Ma poi si fida ed accetta. Il Vescovo lo premierà conferendogli il canonicato onorario ed ottenendo per lui il titolo di Monsignore. Ha 41 anni!

Il 26 ottobre prende possesso della parrocchia. Da allora la Chiesa Madre di S. Vito diventa la sua casa e i parrocchiani la sua famiglia. Conosce le sue pecore una ad una e le chiama per nome…. e quando non le vede a messa le chiama al telefono per sincerarsi che non vi siano problemi. Costituisce il gruppo ministranti, ammalia i giovani con la sua cordialità, aiutandoli nello studio e riempendoli di regalini ed attenzioni, coinvolge i laici nel restauro del tempio e di tutto quanto vi si trova, fonda la Corale Polifonica S. Vito insieme a Salvatore Nicolella, Paolo Castaldi e il M. Nello Di Maio. Nel 1987 ha la gioia di presentare alla Diocesi il suo primo diacono permanente, appunto don Salvatore Nicolella e, nello stesso anno, presiede i solenni festeggiamenti per il bicentenario della statua argentea di San Vito.

Nel mentre insegna religione cattolica alle Scuole Superiori, è impegnato in diocesi nell’Ufficio Amministrativo e nella Cassa Diocesana, ricopre il ruolo di Vicario foraneo e di consultore. Con l’ausilio di Mons. Pagano, di don Antonio Angiolini e il supporto dell’Arcivescovo Mons. Virgilio Noè nel 1988 ottiene per la Matrice il prestigioso titolo di Basilica Pontificia. Nonostante l’avanzare dell’età regge ancora con vigore ed entusiasmo la comunità parrocchiale, diventando sempre più punto di riferimento essenziale per tutti. Di fronte alla crisi religiosa degli anni ’90 egli decide di accogliere in parrocchia il Cammino Neocatecumenale, tra lo stupore di qualche confratello e dello stesso Vescovo. Nel 1996 vede la splendida immagine della Madonna della Libera incoronata con diadema aureo.

Anche lui varca la soglia del Terzo millennio pregando e condividendo le ansie e le speranze dell’amato Pontefice Giovanni Paolo II. Con emozione ed imbarazzo accetta che la sua parrocchia gli tributi affetto ed onori per il suo giubileo sacerdotale (2001); ricordo che al termine di quelle giornate affermò di essere arrivato al traguardo e di voler prepararsi a morire. Per smorzare il tono, io ed altri collaboratori gli facemmo presente che sarebbe stato opportuno prepararsi alla morte con una dieta ferrea al fine di sollevare un po’ i portatori della bara per i tradizionali tre giri. La risposta fu pronta e lapidaria: “Allora per il momento penso a mangiare, a morire ci penserò dopo!” e scoppiò con noi a ridere.  Esulta per la storica venuta ad Ischia del Papa il 5 Maggio 2002, occasione propizia anche per incontrare qualche ex alunno diventato vescovo.

Nel 2003, con il fattivo comitato guidato dall’indomito Emilio Amalfitano, regala a Forio un calendario fittissimo di celebrazioni ed eventi per il XVII centenario del martirio del Patrono. Invecchia dolcemente, gustando nel suo cuore lo sviluppo della vocazione del suo compariello di cresima, cioè io. Il 7 Ottobre 2006 è felicissimo per la mia ordinazione sacerdotale, il giorno successivo tiene un commovente discorso nella mia prima messa solenne, combatte per avermi come suo vice. Mons. Strofaldi lo accontenta e per quattro anni siamo inseparabili. Si condivide tutto della parrocchia, gioie e dolori, problemi e soluzioni.

Si discute, si litiga, si fa pace, si combatte fianco a fianco. Mi incoraggia ad accettare gli inviti per la predicazione e mostra tutta la sua soddisfazione quando vengo chiamato dal Capitolo Collegiale dello Spirito Santo a tenere il pergamo per la festa del più bel fiore d’Enaria, San Giovan Giuseppe della Croce. Nel Luglio del 2008 altro momento di gioia: l’ordinazione sacerdotale di fr. Fedele Mattera e la sua prima messa solenne a S. Vito. Il 25 gennaio 2010 è in prima linea quando il Vescovo mi conferisce il canonicato, soddisfatto, orgoglioso, felice. Quando l’obbedienza mi chiama a diventare prima Amministratore e poi Parroco di Sant’Antonio Abate in Ischia mi fa promettere di non abbandonarlo, di non lasciarlo solo. Le promesse si mantengono ed io l’ho fatto, fino al suo ultimo respiro. Ancora insieme per l’arrivo della reliquia del braccio di San Vito a Forio come per ogni altra circostanza, lieta o triste. Alla sua nomina ad Amministratore Diocesano d’Ischia mi chiede ancora aiuto, ha bisogno di una spalla.

Da Amministratore avrà giornate dure, come anche luminose; avrà l’onore di aprire in diocesi l’anno della fede, di indire l’anno giubilare per il 50mo anniversario della proclamazione di San Giovan Giuseppe a patrono della Diocesi e di rappresentare la nostra Chiesa a Papa Benedetto XVI nella visita ad limina Apostolorum (26 – 31 gennaio 2013). Consegnata la diocesi a Mons. Lagnese, nonostante l’età e gli acciacchi non demorde: sulla breccia, fino alla fine. Ogni giorno in parrocchia, interessandosi di tutto e di tutti. Si appoggia ai suoi collaboratori, fra i quali il carissimo Peppino Di Maio, morto prematuramente nel 2020. Festeggia il 65mo anniversario di sacerdozio pieno di entusiasmo per essere il primo sacerdote foriano a raggiungere questo traguardo. Ma …. non finisce qui……ancora 5 anni gli restano! Ogni giornata passa tra la preghiera e l’assolvimento dei suoi doveri. Scrupoloso all’inverosimile, invita i suoi collaboratori ad esserlo altrettanto. Nel 2017 presiede i festeggiamenti per i 230 anni della statua argentea, mostrando ancora voglia di vivere e servire il suo popolo. Sono cronaca dei nostri giorni il suo affrontare e superare – gratia Dei – il Covid19, l’altalenare della sua salute, la sua presenza a sorpresa, dopo mesi di assenza, nell’ultimo giorno dei festeggiamenti patronali 2021, i suoi 70 anni di sacerdozio, il suo declino, la sua morte, i suoi funerali.

Se chiudo gli occhi lo vedo assorto in preghiera nel suo angolo, accanto all’altare di San Vito col breviario e la corona tra le mani; lo sento cantare a squarciagola, incitando i fedeli a fare altrettanto, mentre storpia ogni melodia ; lo vedo aggirarsi silente per la chiesa con scopa, paletta e straccio perché tutto deve brillare; lo sento parlare di storia e geografia, conoscitore di ogni angolo del mondo e di ogni piega dell’agire umano; lo sento prendere in giro i suoi ragazzi -in sacrestia , a scuola , a mare, in gita, – affibbiando a ciascuno un nomignolo; lo vedo contare monete per fare ad ogni chierichetto un regalo o per mandare a compare i gelati; lo sento chiamare i nomi dei suoi angeli custodi perché provvedano a raddrizzare una candela, a grattare dal pavimento cera caduta o per farsi aiutare a salire i gradini; lo vedo mentre incede solenne per le celebrazioni e mentre scende la rampa di Basso cappella per tuffarsi nel mare del re e della regina; lo sento ripetere un sincero grazie a quanti gli hanno voluto bene ed hanno fatto qualcosa per lui, a partire dalla infaticabile nipote Angelina; lo vedo sofferente, allettato, ma sempre pronto a domandare cosa stesse succedendo in parrocchia e in diocesi; lo sento mentre detta le sue volontà; lo vedo entrare in Paradiso, scortato dalla Madonna e dal suo San Vito.

Quante cose il mio cuore vorrebbe ancora narrare, spero di non avervi tediato con queste. A Dio, Parroco, defunctus saeculo, vivens in Domino! Pregate per noi!

Don Giuseppe Nicolella

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