Commento al Vangelo Mt 28,16-20
Chissà se Dio c’è. E se ha a che fare con me. Chissà se, alla fine della fiera, la sua presenza potrebbe farci capire cosa siamo e cosa ci stiamo a fare su questa terra. Tutti insieme. Ma anche personalmente, io, me, adesso.
Sono pensieri che, ogni tanto, riescono a far breccia nel caos della nostra quotidianità sempre di corsa, sempre inquieta, a volte inutile. I pigri non si pongono troppe domande, dicono che va bene il Dio che gli hanno insegnato, ma che non rompa troppo, cortesemente.
Altri, ugualmente pigri, giocano a dirsi atei, per non pensare troppo. Ma gli atei veri, quelli seri, sanno bene che dietro queste domande si nasconde una sfida immane. I credenti veri, ugualmente inquieti, cercano, scrutano, osano, camminano, chiedono. Sono cercatori di qualcosa che va oltre.
Gesù ci dice che Dio c’è. Ed è molto diverso da come ce lo siamo immaginati. Chiedi in giro dice l’autore del Deuteronomio. Interroga pure chi vuoi e fammi sapere se si è mai sentito dire che una divinità si sia occupata degli uomini, abbia udito il loro grido, sia intervenuta, abbia agito. Chiedilo ai greci e ai romani, con il loro Pantheon fatto di divinità umorali e capricciose. Chiedilo agli assiri, agli egiziani, ai medi e ai parti, che giungono ad immolare le persone per saziare i loro dei e hanno costruito le tombe più grandi della storia umana. Una fede di morti, un paese di morte.
Chiediamolo anche noi, alle persone che incontriamo, superando la superficialità di chi crede di credere e di sapere. Chiediamolo a noi stessi, proviamo a capire qual è il Dio in cui crediamo, di cui ci fidiamo. Non quello dei tagliagole (in passato anche cristiani). Non quello che benedice i ricchi e i vincenti. Non quello inamovibile di chi si crede sempre dalla parte dei giusti. Non quello che punisce, regala inferni e malattie. No, non si è mai sentito parlare di un Dio che si è sporcato le mani, che ha avuto compassione e ha pagato per primo, non scherziamo. Mette i brividi.
Gesù parla di un Padre. Né, tantomeno, si è mai sentito dire che Dio è buon padre, una buona madre. Un padre/madre equilibrato, saggio, che ascolta ma lascia crescere, che indica ma non forza, che accompagna ma non obbliga. Un Dio adulto che ci tratta da adulti e ci fa crescere.
Ci voleva lo Spirito per capirlo. Ci vuole lo Spirito per crederci. Solo nello Spirito riusciamo a capire e a sperimentare. Ma ci voleva una Pentecoste e Gesù che ci spiegasse, alla fine, la cosa più inimmaginabile. Dio è trinità. Cioè comunione. Se noi vediamo “da fuori” che Dio è unico, in realtà questa unità è frutto della comunione del Padre col Figlio nello Spirito Santo. Talmente uniti da essere uno, talmente orientati l’uno verso l’altro da essere totalmente uniti. Un amore che si moltiplica ma resta unico.
Dio non è solitudine, immutabile e asettica perfezione, ma è danza, festa, relazione, comunicazione, comunione, abbraccio, intesa. Solo Gesù poteva farci accedere alla stanza interiore di Dio, solo Gesù poteva svelarci l’intima gioia, l’intimo tormento di Dio: la comunione. E a me? Che significa questa scoperta? Cosa cambia nella nostra quotidianità? Se Dio è comunione, in lui siamo battezzati e a sua immagine siamo stati creati; questa comunione ci abita e a immagine di questa immagine siamo stati creati.
La bella parabola della Genesi e la seconda lettura di questa domenica ci ricorda di come Dio si sia guardato allo specchio, sorridendo, per progettare l’uomo. Cosa guardava nello specchio? Gesù! E tu sei Gesù! Ma se questo è vero, le conseguenze sono enormi. Capisci perché la solitudine ci è insopportabile? Capisci perché hai paura che nessuno ti voglia bene? Perché non sei stato creato per quello, perché è inconcepibile in una logica di comunione. Se giochiamo la nostra vita da solitari non riusciremo mai a trovare la luce interiore perché ci allontaniamo dal progetto. Gesù ci ribadisce: Siate perfetti nell’unità.
E se anche fare comunione è difficile, ci è indispensabile, vitale, e più puntiamo alla comunione e più realizziamo la nostra storia, più ci mettiamo alla scuola di comunione di Dio, più ci realizzeremo. Allora se hai capito quanto è importante questo riprendiamo la comunione tra di noi, creiamola, rafforziamola. Il grande sogno di Dio, la Chiesa, la tua persona va costruito a immagine della Trinità.
La nostra comunità prende ispirazione da Dio-Trinità, guarda a lui per intessere rapporti, per rispettare le diversità, per superare le difficoltà. Guardando al nostro modo di essere, di relazionarci, di rispettarci, di essere autentici, chi ci sta intorno capirà chi è Dio e per noi l’idea di un Dio che è Trinità diventerà luce. Questo è il Dio che Gesù è venuto a raccontare. Vogliamo ancora tenerci il nostro vecchio e inutile Dio?
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Dio c’è
Commento al Vangelo Mt 28,16-20
Chissà se Dio c’è. E se ha a che fare con me. Chissà se, alla fine della fiera, la sua presenza potrebbe farci capire cosa siamo e cosa ci stiamo a fare su questa terra. Tutti insieme. Ma anche personalmente, io, me, adesso.
Sono pensieri che, ogni tanto, riescono a far breccia nel caos della nostra quotidianità sempre di corsa, sempre inquieta, a volte inutile. I pigri non si pongono troppe domande, dicono che va bene il Dio che gli hanno insegnato, ma che non rompa troppo, cortesemente.
Altri, ugualmente pigri, giocano a dirsi atei, per non pensare troppo. Ma gli atei veri, quelli seri, sanno bene che dietro queste domande si nasconde una sfida immane. I credenti veri, ugualmente inquieti, cercano, scrutano, osano, camminano, chiedono. Sono cercatori di qualcosa che va oltre.
Gesù ci dice che Dio c’è. Ed è molto diverso da come ce lo siamo immaginati. Chiedi in giro dice l’autore del Deuteronomio. Interroga pure chi vuoi e fammi sapere se si è mai sentito dire che una divinità si sia occupata degli uomini, abbia udito il loro grido, sia intervenuta, abbia agito. Chiedilo ai greci e ai romani, con il loro Pantheon fatto di divinità umorali e capricciose. Chiedilo agli assiri, agli egiziani, ai medi e ai parti, che giungono ad immolare le persone per saziare i loro dei e hanno costruito le tombe più grandi della storia umana. Una fede di morti, un paese di morte.
Chiediamolo anche noi, alle persone che incontriamo, superando la superficialità di chi crede di credere e di sapere. Chiediamolo a noi stessi, proviamo a capire qual è il Dio in cui crediamo, di cui ci fidiamo. Non quello dei tagliagole (in passato anche cristiani). Non quello che benedice i ricchi e i vincenti. Non quello inamovibile di chi si crede sempre dalla parte dei giusti. Non quello che punisce, regala inferni e malattie. No, non si è mai sentito parlare di un Dio che si è sporcato le mani, che ha avuto compassione e ha pagato per primo, non scherziamo. Mette i brividi.
Gesù parla di un Padre. Né, tantomeno, si è mai sentito dire che Dio è buon padre, una buona madre. Un padre/madre equilibrato, saggio, che ascolta ma lascia crescere, che indica ma non forza, che accompagna ma non obbliga. Un Dio adulto che ci tratta da adulti e ci fa crescere.
Ci voleva lo Spirito per capirlo. Ci vuole lo Spirito per crederci. Solo nello Spirito riusciamo a capire e a sperimentare. Ma ci voleva una Pentecoste e Gesù che ci spiegasse, alla fine, la cosa più inimmaginabile. Dio è trinità. Cioè comunione. Se noi vediamo “da fuori” che Dio è unico, in realtà questa unità è frutto della comunione del Padre col Figlio nello Spirito Santo. Talmente uniti da essere uno, talmente orientati l’uno verso l’altro da essere totalmente uniti. Un amore che si moltiplica ma resta unico.
Dio non è solitudine, immutabile e asettica perfezione, ma è danza, festa, relazione, comunicazione, comunione, abbraccio, intesa. Solo Gesù poteva farci accedere alla stanza interiore di Dio, solo Gesù poteva svelarci l’intima gioia, l’intimo tormento di Dio: la comunione. E a me? Che significa questa scoperta? Cosa cambia nella nostra quotidianità? Se Dio è comunione, in lui siamo battezzati e a sua immagine siamo stati creati; questa comunione ci abita e a immagine di questa immagine siamo stati creati.
La bella parabola della Genesi e la seconda lettura di questa domenica ci ricorda di come Dio si sia guardato allo specchio, sorridendo, per progettare l’uomo. Cosa guardava nello specchio? Gesù! E tu sei Gesù! Ma se questo è vero, le conseguenze sono enormi. Capisci perché la solitudine ci è insopportabile? Capisci perché hai paura che nessuno ti voglia bene? Perché non sei stato creato per quello, perché è inconcepibile in una logica di comunione. Se giochiamo la nostra vita da solitari non riusciremo mai a trovare la luce interiore perché ci allontaniamo dal progetto. Gesù ci ribadisce: Siate perfetti nell’unità.
E se anche fare comunione è difficile, ci è indispensabile, vitale, e più puntiamo alla comunione e più realizziamo la nostra storia, più ci mettiamo alla scuola di comunione di Dio, più ci realizzeremo. Allora se hai capito quanto è importante questo riprendiamo la comunione tra di noi, creiamola, rafforziamola. Il grande sogno di Dio, la Chiesa, la tua persona va costruito a immagine della Trinità.
La nostra comunità prende ispirazione da Dio-Trinità, guarda a lui per intessere rapporti, per rispettare le diversità, per superare le difficoltà. Guardando al nostro modo di essere, di relazionarci, di rispettarci, di essere autentici, chi ci sta intorno capirà chi è Dio e per noi l’idea di un Dio che è Trinità diventerà luce. Questo è il Dio che Gesù è venuto a raccontare. Vogliamo ancora tenerci il nostro vecchio e inutile Dio?
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Don Cristian Solmonese
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