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Vale ancora la pena seguire i programmi della televisione?

In molti se lo chiedono e in effetti è un dato di fatto che molti programmi presentati dalle famosissime e sempreverdi Maria de Filippi, Barbara D’Urso, Alessia Marcuzzi ed altri sono inguardabili.

Sono anni che queste conduttrici e i loro accoliti stanno allenando una schiera di adolescenti e “adultescenti” a realizzarsi facendo affidamento solo sull’ostentazione di sè, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’approvazione del pubblico, sull’apparenza di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che sono. Hanno invaso le reti televisive di ignoranza, povertà morale e culturale, maleducazione, smerciandole come valori base nei modelli relazionali e di comportamento. In realtà disvalori che conducono però al riconoscimento sociale.

E non si sono accorti di aver riempito i loro programmi di persone arroganti, ignoranti e maleducate. Hanno reso famosi e trasformato in modelli da imitare personaggi squallidi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale.

Per fortuna la TV non è solo questa. Anche se in fasce orarie un po’ defilate, esistono programmi molto più interessanti e appetibili che divulgano cultura in questo tempo sospeso che siamo costretti a vivere. E non parlo solo dei documentari di Piero e Alberto Angela, o del piacevolissimo “Geo e Geo”, ma del format “Maestri” condotto da Edoardo Camurri e realizzato grazie alla collaborazione tra Ministero dell’Istruzione e Rai, in onda dal lunedì al venerdì alle 15.25 su Rai3 e alle 17.40 su Rai Storia.

Una proposta validissima, nata proprio sulle orme del maestro Manzi che negli anni Sessanta dagli studi televisivi, si rivolgeva con “Non è mai troppo tardi” a coloro che ancora non erano alfabetizzati. E oggi è urgente una nuova alfabetizzazione che consenta di raggiungere non solo gli studenti, ma anche il grande pubblico attraverso lezioni di arte, scienza, letteratura, storia, filosofia, ma anche informatica e musica; cultura a 360 gradi.

Professori universitari, sociologi, filosofi, divulgatori, intrattengono i telespettatori con brevi lezioni di 15 minuti molto interessanti e piacevoli che hanno il pregio della chiarezza anche su argomenti considerati ostici. Un esempio? Quando si parla di filosofia molti pensano di dover affrontare argomenti di una noia mortale e invece quest’affascinante materia riserva sorprese inaspettate e vi conduce per mano ad affrontare la vita, anche nella sua quotidianità.

Il professor Stefano Moriggi, ricercatore e filosofo dell’Università degli studi di Milano-Bicocca, è intervenuto, qualche giorno fa su quanto da un anno a questa parte ci sta accadendo, alle prese con la pandemia. Un anno fa brancolavamo nel buio, senza sapere nulla del famigerato virus e che cosa esattamente ci dovevamo aspettare. Non che ora riusciamo a capire molto di più, ma ne sappiamo molto di più.

E tuttavia non riusciamo ad uscirne. “La pandemia è stato per noi un fenomeno inatteso, imprevisto e noi umani siamo impreparati a gestire l’inatteso. Siamo animali induttivisti: raccogliamo esperienze, percepiamo regolarità e ipotizziamo che il futuro possa assomigliare al passato. Ma non è sempre così”. E a questo punto il professore cita l’esempio del “tacchino di Russel” che tutte le mattine vedeva il padrone che gli portava da mangiare, costantemente, per diversi mesi. Peccato che un bel giorno, il giorno del Ringraziamento, è diventato lui il pasto. “Per cui bisogna stare attenti: noi impariamo dall’esperienza, ma una cosa che dobbiamo imparare è che l’esperienza non sempre ci dà conferme, ma talvolta disconferme”.

E’ vero. Siamo certi di poter risolvere qualsiasi problema, di superare ogni difficoltà, ma la vita ci insegna anche che viviamo immersi nel probabilismo che è una costante della nostra vita. Vita della quale non siamo i padroni. E in questo, pensiero laico e religioso sono d’accordo. Come ne usciremo? Imparando a convivere con le incertezze, a gestire l’imprevisto con serenità e umiltà.

E la filosofia ci è amica in questo, una compagna di vita. E mi piace ricordare che il tempio di Delfi in Grecia aveva al suo ingresso una famosa scritta, più volte citata da Socrate per indicare la via della felicità: “Conosci te stesso”. Esercizio quanto mai importante oggi, tempo in cui sembriamo schegge impazzite, automi controllati e asserviti dalla disinformazione che la fa da padrone e ci rende sempre più infelici e ostili gli uni agli altri.

Dovremmo invece sentirci solidali, fratelli in una sventura che non fa distinzioni. E per cominciare dovremmo diventare esploratori di noi stessi; e attraverso questa strada riscopriremo forse la bellezza della nostra fede che, vissuta in pienezza ci condurrà alla conoscenza delle leggi misteriose dell’universo, mascherate dalle illusioni, dai pregiudizi, dai luoghi comuni che, come una nebbia, avvolgono l’essere unico e speciale che è ciascuno di noi.

Foto di: Fran Jacquier on Unsplash

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