Commento al Vangelo Mc 9,2-10
Non è facile attraversare il deserto e non è facile vivere la quaresima senza ridurla a qualche preghiera in più o qualche digiunino. Forse qualcuno si sarà già arreso. Anche i discepoli avevano ascoltato la notizia della dipartita di Gesù e forse erano scoraggiati, erano venuti meno i buoni propositi. E Gesù regala loro un’esperienza stupenda, dirà Agostino di Ippona raptim, fugace. Gesù li prende con sé “loro soli”. Li stacca dalle piccole cose. C’è il tema dell’intimità tipico della Quaresima. Che bello lasciarsi prendere dal Signore. Ci prende in disparte e ci porta sul monte. È il secondo luogo della Quaresima. È il luogo dell’incontro con Dio, dell’innamoramento, dove Dio è stato visto, incontrato da Mosè come un fuoco. È anche il luogo dell’ascesi, della fatica. Quando saliamo una montagna ci stanchiamo, ma quella stanchezza permette di abbassare le difese, di guardarci intorno con occhio diverso, con occhio di stupore.
È quello che accade a quei tre discepoli. Gesù permette agli occhi di quei tre, per un attimo, di dilatarsi, di gonfiarsi, per vedere qualcosa che nessuno su questa terra può far vedere. Nessuna opera umana può consegnare questa luce. Marco prova a descriverlo con i termini che ha a disposizione ma questo colore solo Gesù sa regalarlo al corpo umano. Il segreto di Gesù è questo: è uomo e Dio, ha unito la vita umana alla vita divina. E sono proprio i due che hanno avuto esperienza con il monte, che ci aiutano a scoprire chi è Gesù in profondità: Mosè ed Elia. Mosè aveva visto Dio sul Sinai ed Elia aveva incontrato Dio sull’Oreb. È la Scrittura che ci conduce a vedere il suo volto.
Ma cosa scopre Pietro? La bellezza! Egli dice: «Rabbì, è bello per noi essere qui». È bello stare con Dio! Non moralmente, non intellettualmente, non è doveroso stare con lui, ma è bello! Non era doveroso stare con Dio? Il serpente aveva stravolto l’idea di Dio per Adamo. Adamo ha paura, si nasconde, non sente che è bello stare con lui. Ci sorprendiamo che i cristiani scappino via dalla Chiesa? Se incontrassero chi scende dal monte con gli occhi pieni di bellezza, felici per quello che hanno sperimentato, forse qualcosa cambierebbe sul serio. Forse se qualcuno non sa parlare di questa bellezza è perché sul monte, a vedere quanto è bello stare con Dio, ad ascoltare le Scritture e sentire esplodere la voce del Padre dalla nube, non c’è proprio stato.
È la discesa dal monte la prova per noi cristiani. Pietro vuole restare sul monte, ma la fede non può diventare capanna, cuccia, nido, luogo sicuro. La fede ti rende esploratore, non dà sicurezza. Il significato della vita non è nella fuga dalla realtà, ma nel fondo della realtà. Bisogna bere fino in fondo tutto il calice amaro di quello che siamo, che stiamo vivendo per poter seguire davvero il Figlio di Dio. Nessuno può dire di ascoltare il Figlio se non prende sul serio ciò che in questo momento sta vivendo, la sua nuda e cruda realtà. Ma non con un ascolto qualsiasi, ma con un ascolto di amore. “Aiutami ad amare quello che ora c’è nella mia vita, anche se non l’ho scelto, anche se non mi piace”. È sempre difficile scendere dal Tabor, perché è sempre difficile amare ciò che c’è e non ciò che vorremmo ci fosse.
Per molti basta sopravvivere alla Quaresima facendo qualche digiuno, qualche sacrificio e qualche preghiera in più. Per altri si dischiude l’accesso alla luce. Per questi ultimi la quaresima è un regalo, ascesa verso la bellezza; è digiunare per imparare a mangiare meglio, pregare per abbracciare il Padre, praticare elemosina per esprimere la gratitudine che abbiamo nel cuore, perché con noi Dio è esagerato. Perché è bello stare con Dio! Buona domenica!
Immagine di copertina generata tramite intelligenza artificiale
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Commento al Vangelo Mc 9,2-10
Non è facile attraversare il deserto e non è facile vivere la quaresima senza ridurla a qualche preghiera in più o qualche digiunino. Forse qualcuno si sarà già arreso. Anche i discepoli avevano ascoltato la notizia della dipartita di Gesù e forse erano scoraggiati, erano venuti meno i buoni propositi. E Gesù regala loro un’esperienza stupenda, dirà Agostino di Ippona raptim, fugace. Gesù li prende con sé “loro soli”. Li stacca dalle piccole cose. C’è il tema dell’intimità tipico della Quaresima. Che bello lasciarsi prendere dal Signore. Ci prende in disparte e ci porta sul monte. È il secondo luogo della Quaresima. È il luogo dell’incontro con Dio, dell’innamoramento, dove Dio è stato visto, incontrato da Mosè come un fuoco. È anche il luogo dell’ascesi, della fatica. Quando saliamo una montagna ci stanchiamo, ma quella stanchezza permette di abbassare le difese, di guardarci intorno con occhio diverso, con occhio di stupore.
È quello che accade a quei tre discepoli. Gesù permette agli occhi di quei tre, per un attimo, di dilatarsi, di gonfiarsi, per vedere qualcosa che nessuno su questa terra può far vedere. Nessuna opera umana può consegnare questa luce. Marco prova a descriverlo con i termini che ha a disposizione ma questo colore solo Gesù sa regalarlo al corpo umano. Il segreto di Gesù è questo: è uomo e Dio, ha unito la vita umana alla vita divina. E sono proprio i due che hanno avuto esperienza con il monte, che ci aiutano a scoprire chi è Gesù in profondità: Mosè ed Elia. Mosè aveva visto Dio sul Sinai ed Elia aveva incontrato Dio sull’Oreb. È la Scrittura che ci conduce a vedere il suo volto.
Ma cosa scopre Pietro? La bellezza! Egli dice: «Rabbì, è bello per noi essere qui». È bello stare con Dio! Non moralmente, non intellettualmente, non è doveroso stare con lui, ma è bello! Non era doveroso stare con Dio? Il serpente aveva stravolto l’idea di Dio per Adamo. Adamo ha paura, si nasconde, non sente che è bello stare con lui. Ci sorprendiamo che i cristiani scappino via dalla Chiesa? Se incontrassero chi scende dal monte con gli occhi pieni di bellezza, felici per quello che hanno sperimentato, forse qualcosa cambierebbe sul serio. Forse se qualcuno non sa parlare di questa bellezza è perché sul monte, a vedere quanto è bello stare con Dio, ad ascoltare le Scritture e sentire esplodere la voce del Padre dalla nube, non c’è proprio stato.
È la discesa dal monte la prova per noi cristiani. Pietro vuole restare sul monte, ma la fede non può diventare capanna, cuccia, nido, luogo sicuro. La fede ti rende esploratore, non dà sicurezza. Il significato della vita non è nella fuga dalla realtà, ma nel fondo della realtà. Bisogna bere fino in fondo tutto il calice amaro di quello che siamo, che stiamo vivendo per poter seguire davvero il Figlio di Dio. Nessuno può dire di ascoltare il Figlio se non prende sul serio ciò che in questo momento sta vivendo, la sua nuda e cruda realtà. Ma non con un ascolto qualsiasi, ma con un ascolto di amore. “Aiutami ad amare quello che ora c’è nella mia vita, anche se non l’ho scelto, anche se non mi piace”. È sempre difficile scendere dal Tabor, perché è sempre difficile amare ciò che c’è e non ciò che vorremmo ci fosse.
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Immagine di copertina generata tramite intelligenza artificiale
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Don Cristian Solmonese
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