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Siamo Simone alla ricerca di Pietro

Commento al Vangelo (Gv1,35-42)

È ricominciato il tempo ordinario che è un tempo straordinario. Abbiamo la possibilità di concretizzare la notizia del Natale. Come accade per Gesù. Il Vangelo di questa domenica è un intreccio di relazioni bellissime, è ricco di personaggi: Giovanni Battista, Andrea e Giovanni, Simon Pietro. Quanta umanità e quante relazioni! Ciò che risalta in questo Vangelo sono le relazioni che si instaurano tra questi personaggi. Ognuno di essi codifica una chiamata come per la prima lettura: Eli aiuta a comprendere la voce che sta chiamando il piccolo Samuele, Giovanni Battista codifica la chiamata per Andrea e Giovanni mentre Andrea codifica la chiamata per Pietro. Abbiamo bisogno degli altri per incontrare Gesù. Non posso incontrare Dio e amarlo senza la presenza di qualcun altro. La fede si riceve, viene indicata.

La fede non è solitudine ma è sempre nutrita da qualche intermediario. Da solo posso avere una fede mal capita, disturbata e anche schizofrenica. Grazie a Dio abbiamo gli altri! È pur vero che le persone che ci sono accanto devono essere anche buoni maestri! E quanta carestia di Maestri nella Chiesa! Oggi c’è crisi di maestri, cioè di persone che non trattengono per sé ma insegnano strade. La gente che abita le nostre Chiese sta lì per trattenere a sé, non per insegnare come si va nella vita, come si cerca Dio. C’è un grande deficit di maestri. Mancano persone che aiutino gli altri a districarsi nel dedalo dei loro desideri, che si pongano accanto al discepolo e lo aiutino a capire. Magari a capire che quel discepolo sarà più grande del Maestro come Giovanni Battista ha fatto con Gesù, maestri che non sono gelosi della scienza o delle formule acquisite o, peggio ancora, dei posti. Il maestro deve necessariamente saper fare un passo indietro, lasciando che sia Cristo a prendere lo spazio più decisivo. La Chiesa deve essere maestra non per trattenere in recinti chiusi le persone, ma per mandarle come esploratori di vita.

Il filo conduttore di questi intrecci è uno sguardo.

Tutte queste relazioni hanno nel loro incipit il verbo “vedere”: Giovanni vide venire Gesù, Gesù guarda Andrea e Giovanni che a loro volta vedono dove abita Gesù e infine Gesù fissa lo sguardo su Pietro. Prima delle parole c’è quello sguardo. È lo sguardo che ha cambiato la vita di queste persone, quello stesso sguardo che ha cambiato la nostra vita, uno sguardo che ci ha affascinato a tal punto da rendere Gesù Cristo l’unico Signore della nostra vita, come unico amore della nostra vita. In quello sguardo si trova la forza di non smarrirsi, di non perdersi, di non mollare. Quello sguardo è la nostra carezza. È quello sguardo che ci dà la forza di rimanere in piedi come Pietro. Quello sguardo ci fa scoprire che siamo come Simone che è alla ricerca di Pietro. Prova a vedere bene una persona che ti parla: i suoi gesti, la sua postura, i suoi occhi ti dicono molto; essi mostrano ciò che non sappiamo dire con le parole e ci mostrano la verità di noi stessi. Vi auguro di essere raggiunti da quello sguardo.

Un’ultima parola ci invita alla gioia: “Abbiamo trovato”. È la conseguente risposta alla domanda centrale di questo Vangelo: “Che cercate?”.

Tutti i personaggi di queste pagine cercano e trovano: Giovanni Battista ha cercato il Messia e lo trova indicandolo; Andrea e Giovanni cercano e trovano, Simone cerca e trova. “Abbiamo trovato” dicono questi: ma cosa hanno trovato? Un uomo? Un guaritore? Niente di tutto questo. Hanno trovato la vita. E la vita va vissuta. Uno vi può spiegare in tutti i modi e con tutte le parole che cos’è l’amore, ma arriva un momento in cui tu vuoi essere amato e vuoi amare. Uno può partecipare a diecimila corsi sulla spiritualità della coppia, ma a un certo punto vuole incontrare qualcuno. Uno può spiegarti come bisognerebbe fare i genitori, ma a un certo punto tu desideri dei figli. Noi abbiamo bisogno di fatti.

E arriva un momento in cui dentro di noi questo domandiamo al Signore: non vogliamo più le parole, non vogliamo più le teorie, vogliamo un fatto, un’esperienza, non vogliamo più incontrarti come catechismo, come teoria, vogliamo incontrarti come esperienza. Non vogliamo incontrarti come trasmissione di valori, di idee, di comandamenti e tradizioni che sono tutte cose buone, ma non sono ancora Cristo! Io voglio capire cosa c’entri con me quando sono davanti al Santissimo e quando sono sotto alla doccia. Quando sono nei banchi di una Chiesa e quando sono al supermercato. Io voglio capire cosa c’entri tu e cosa c’entra questa esperienza con tutto quello che faccio, non solo con una parte della nostra vita.

Gesù è il Messia perché intercetta questo desiderio e lo rende concreto, scelta, carne. Gesù è vita che immette vita nella nostra, è forza dentro la nostra forza. Ancora una volta è il Natale che si compie. Buona domenica!

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