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Commento al Vangelo Mc 1,7-11

Dopo un salto di circa trent’anni, la Chiesa in questa domenica ci presenta la scena del Battesimo del Signore. È dunque un’occasione, questa, per riflettere ancora sul Natale e sul nostro battesimo. Il racconto di Marco, anche se scarno, è ricco di significati. È un testo che parla di acqua, come tante scene di salvezza della Bibbia, come la stessa origine del mondo, scritta con immagini d’acqua: in principio lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque (Gn1,2) come una grande colomba che cova su di un mare gonfio di vita inespressa. Come il creato, anche l’esistenza ha inizio nelle acque del grembo materno. Dopo anni di lavoro su se stesso, di discernimento, dopo che Gesù è cresciuto in età, sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini, egli chiede a quel cugino di essere battezzato. C’è un abisso tra i nostri pensieri e quelli di Dio: noi crediamo che dobbiamo avvicinarci a Dio mentre nella realtà avviene il contrario, è lui che si avvicina a noi.

Il Vangelo dice che “Gesù venne da Nazareth”. È la notizia del Natale. Viene lui e si presenta in fila, spalla a spalla con i peccatori. La sua prima uscita pubblica non avviene con effetti scenici, non avviene con “effetto sorpresa”, ma accade come la sua nascita, nel più semplice dei gesti: spalla a spalla con noi uomini, con te e con me. Egli vive, cammina in quell’acqua sporca di peccato, sporca di scelte sbagliate, sporca di insoddisfazione, sporca di una vita incompiuta ma ricca di fame e sete di salvezza. Il profeta Isaia ricorda, nella prima lettura questa domenica, a tutti gli affamati e agli assetati di allontanarsi da ciò che non sfama, e per di più bisogna pagare per ottenere quel cibo. C’è tanta fame di senso e di felicità; eppure, spendiamo per comprare un cibo che non sfama. Quella fila lunga di uomini al Giordano è arricchita da te e da me tante volte. Gesù si rialza dalle acque quasi portando con sé tutta questa fila di uomini e di donne, quasi tirandola su. Questo egli è venuto a fare. È il grande gesto di amore che Dio è venuto a fare per tutta l’umanità. Questo gesto squarcia i cieli. Noto la bellezza del particolare: si squarciano i cieli, come per un amore incontenibile; si lacerano, si strappano sotto la pressione di Dio, sotto l’urgenza dell’uomo. Si spalancano come le braccia dell’amata per l’amato. Gesù in quel momento acquista la piena consapevolezza di chi è, della sua missione e dello scopo della sua vita: è un figlio amato perché ha capito la scelta del cuore del Padre per i peccatori. Quello Spirito, quell’amore posato su di lui è la forza che dà il coraggio di vivere la sua vita piena: un amore che dà forza, incoraggia, spinge e che non ti fa sentire solo. Gesù si sentirà così in tutto il suo ministero.

Tutto questo ricorda a noi il grande giorno del nostro Battesimo. Anche se in modo diverso il rito del Battesimo porta impresso questo sigillo primordiale di nascite e di rinascite: l’immersione nell’acqua avvia nell’uomo una nuova nascita. Anche al nostro Battesimo Dio ha sussurrato: Tu sei il figlio mio, quello che io amo! Parole in cui ho ricevuto il mio vero nome «Figlio»; in cui è la mia nascita da una sorgente di cielo. E sempre il giorno del nostro battesimo abbiamo ascoltato: «In te ho posto il mio compiacimento». Un termine inusuale, ma nella cui radice vibra un sentimento ben noto: gioia, soddisfazione, piacere; e che contiene una dichiarazione impegnativa di Dio su di noi: prima che tu faccia qualsiasi cosa, così come sei, per quello sei, tu mi piaci e mi dai gioia. Prima che io risponda, prima che io sia buono, senz’altro motivo che la sua gratuità, Dio ripete ad ognuno: tu mi fai felice. Dio dice «sì» a me, prima che io dica «sì» a Lui: questa è «la grazia di Dio». Anche per noi si sono squarciati i cieli e lo Spirito si è posato dentro di noi. Si posa su di te, ti avvolge, entra in te, a poco a poco ti modella, trasforma i tuoi pensieri, affetti, speranze secondo la legge dolce, esigente, rasserenante del vero amore. Non ci imporrà di crederlo ma ce lo proporrà come un’intuizione più autentica di noi stessi. Il termine greco battesimo significa immersione; battezzato è l’immerso in Dio. Ma ciò che è accaduto un giorno, in quel rito lontano, continua ad accadere in ogni nostro giorno: in questo momento, in ognuno dei nostri momenti siamo immersi in Dio come dentro il nostro ambiente vitale, dentro una sorgente che non viene meno, un grembo che nutre, riscalda e protegge. E fa nascere.

C’è un Battesimo che ricevo adesso, un Battesimo esistenziale, quotidiano, nel quale io continuo a nascere, ad essere generato da Dio: «chi ama è generato da Dio e conosce Dio» (1 Gv 4,7) al presente, adesso. Amare fa nascere, rimette in moto il motore della vita. Battezzato, cioè immerso in un amore, nasci nuovo e diverso, nasci con il respiro del cielo. Respira in questo giorno questa realtà e tra l’umanità immersa di peccato muovi i primi passi di vita. Buona domenica!

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