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Intervista a Mons. Gennaro Pascarella

Padre Gennaro, grazie di volervi raccontare un po’ al Kaire. Non siete ancora arrivato alla fine del vostro mandato – ci sono ancora un paio di mesi, credo – ma penso che possiate già fare una valutazione di questi due anni con noi: al di là della “pesantezza” di andare avanti e indietro, magari anche col mare brutto, cosa sono stati per voi questi anni?

Innanzitutto, per me, dal punto di vista personale, all’età di 73 anni, avere la proposta di essere Vescovo anche di Ischia è stata una sfida, un rimettermi in gioco, perché rischiavo di “sedermi”. Invece veramente mi ha fatto tanto bene, anche dal punto di vista spirituale, questo dover rimettermi in gioco e non guardare alla fine, e mi ha aiutato anche a vivere più intensamente.

Poi, trovarmi qui in una realtà diversa, una realtà più piccola (avevo cominciato con una diocesi piccola, poi mi ero trovato tuffato in una diocesi grande) è stata un’altra sfida. Ho cercato di cogliere innanzitutto il positivo – anche se quello che viene più messo in evidenza all’inizio è il negativo – e questo mi ha aiutato a cogliere tanta ricchezza umana che purtroppo è nascosta.

E su questo devo dire che certamente i media locali non aiutano a mettere in risalto il positivo di tanta gente semplice e umile, ma sottolineano spesso il negativo, non solo della Chiesa, ma in generale… Ci sono tante persone… c’è per esempio la dottoressa Anna Lucia Miragliuolo, che è intubata, che comunica attraverso il computer e fa progetti al servizio degli altri – l’ho vista una sola volta, ma non me la scordo – ecco, lei, e tante altre persone che sto conoscendo, lavorano nel nascondimento, nel silenzio: quelli che Papa Francesco chiama “i santi della porta accanto”.

Invece, purtroppo, anche riguardo ai preti, il rumore più grande lo fa sempre qualche caso isolato, e ciò non aiuta a far conoscere anche le cose belle che ci sono nel presbiterio dell’isola.

Che cosa avete amato di più, della Chiesa d’Ischia, quali sono i suoi punti di forza?

Per me un punto di forza, che però può diventare anche debolezza, è l’essere una piccola realtà. Può diventare, questa dimensione, anche un laboratorio di vita cristiana, però di fatto questo diventa un limite quando ci sono relazioni troppo strette: la piccolezza fa crescere e stridere ancora di più le relazioni tra le persone: c’è troppa polarizzazione tra realtà, tra gruppi, anche tra i preti. E invece, se ci fosse una dinamica evangelica più fortemente vissuta, potrebbe essere veramente un segno grande.

La Chiesa qui sull’isola, al di là dell’essere diocesi, proprio come Chiesa, potrebbe essere veramente – come dice il Concilio della Chiesa in genere – un segno e strumento di unità di tutto il genere umano, di tutte le realtà che ci sono sull’isola. Capisco che non sia facile; ma questa è la direzione! Poi, due anni sono passati così veloci che, mentre uno progetta, già deve andare via…

Quali sono dunque i punti su cui si deve lavorare di più e che lasciate in eredità a Mons. Carlo Villano?

Uno dei punti fondamentali – che non è solo per la Chiesa di Ischia, ma anche per quella di Pozzuoli – è far diventare sempre di più le nostre comunità, delle comunità sinodali. La dimensione della sinodalità non deve essere uno slogan: la sinodalità comporta veramente una conversione mentale, una conversione pastorale, perché mette in risalto non l’io, ma il noi, non il singolo, ma l’insieme, non per perdere la propria identità, ma per arricchirla ancora di più nell’unità.

Questa penso sia la prima sfida che ci sta lanciando Papa Francesco e devo dire che il Vescovo Carlo a Pozzuoli ha già cominciato a fare un bel cammino. Anche qui abbiamo lavorato e adesso si tratta di continuare: papa Francesco ci ha detto che la Chiesa di questo millennio o è sinodale o non sarà; non si tratta quindi di una dimensione marginale nella vita della Chiesa: sinodalità vuol dire corresponsabilità, comprendere che non ci sono cristiani di serie A, di serie B e di serie C, che i carismi sono a disposizione, al servizio degli altri, non per sé e per creare una casta.

Queste sono le grandi sfide: ripeto qui, in una realtà piccola, si potrebbero ancora di più vivere queste dimensioni. Però il peccato originale che ci portiamo tutti è quello dell’individualismo, del voler prevalere, del voler pensare al proprio orticello. Ma questa è la conversione che bisogna fare, perché la conversione pastorale esige una conversione personale che non finisce mai, che dura tutta la vita.

L’altro punto su cui bisognerà lavorare qui, adesso, è l’organizzazione della Curia: è chiaro che in questa nuova fase che la diocesi sta vivendo, legata in persona episcopi al Vescovo di Pozzuoli, va rivista l’organizzazione: bisogna puntare qui alle realtà più essenziali e farle funzionare. A livello di regione abbiamo diciassette, diciotto settori pastorali, a Ischia sarebbe impossibile, per cui bisogna rivedere quali sono i punti di forza, in comunione anche con la Chiesa sorella di Pozzuoli, sempre tenendo presente la specificità dell’isola.

Qui sull’isola dovrebbe essere al primo posto l’attenzione alla cura e al rispetto del creato, tenendo presente le ferite che ci sono, oltre soprattutto alla bellezza. E anche, essendo qui una realtà piuttosto litigiosa – è la prima cosa che mi hanno detto quando sono venuto -, darsi come priorità il cercare di realizzare un tessuto ecclesiale, sociale, in cui le relazioni siano dialogiche e accoglienti, non chiuse l’uno all’altro. E questo, da un punto di vista anche umano, sociale, poi certamente anche da un punto di vista più ecclesiale, e arrivare a una fraternità più vera fra tutte le realtà che ci sono nella diocesi. Abbiamo celebrato una messa, nei giorni scorsi, con tutte le associazioni e i movimenti proprio per mettere insieme queste realtà. La vita della Chiesa e del mondo si gioca sulla fraternità!

Ma anche la realtà caritativa deve essere presa in considerazione, perché quando si pensa all’isola d’Ischia si pensa a un’isola felice, come se non ci fossero problemi, invece mi sono reso conto che anche qui ci sono tante povertà, tante sfide concrete, ogni giorno. E quindi anche arrivare a far sì che le comunità non deleghino, per esempio al gruppo Caritas. Però questa sfida, come tante altre, è comune anche a Pozzuoli.

E poi, ripeto, la valorizzazione in positivo, della storia – parlando anche della Chiesa – ma pure della bellezza del territorio. Quando mi hanno intervistato dalla Radio Vaticana per delle trasmissioni sui luoghi di turismo con le loro ferite, ho sottolineato che bisogna stare attenti alla comunicazione, perché, se si estrapola un aspetto, la ferita, per esempio, della frana/alluvione riguardante Casamicciola, si rischia di coinvolgere tutta l’isola. E certamente i media non hanno fatto un buon servizio; il turismo ha avuto un po’ di calo, i motivi sono tanti, ma certo anche l’immagine che è stata data. Ci vuole maggiore attenzione, da parte delle persone e delle istituzioni, per questa realtà vitale per l’isola.

Che cosa siete riuscito a realizzare, e cosa avreste voluto ma non avete potuto, per ostacoli, opposizioni, o mancanza di tempo?

Beh, non ho fatto ancora nessun rendiconto, dico la verità: sto cercando di vivere bene il presente, quindi è difficile rispondere! Però certamente, quello su cui ho puntato – e qualche piccolo passo penso che l’abbiamo fatto – è la comunione tra i preti, perché quando sono arrivato ho trovato un presbiterio molto conflittuale, disunito.

Poi ho compreso perché: per fortuna il Vescovo Pietro ha fatto quello che bisognava fare, e mi sono trovato già con tanti problemi risolti, ma questo ha creato tensioni, che qui, essendo una diocesi piccola, ed essendoci stata questa “purificazione” del Vescovo Pietro, si sono accentuate ancora di più. Però mi sembra che in questo senso qualcosa si sia fatto, anche grazie al dialogo che ho cercato di avere con tutti i sacerdoti.

Certo, una delle cose che, sempre in questo contesto, mi ha fatto molto soffrire è stata la questione di Ischia Ponte e della Parrocchia di S. Maria Assunta. Con il senno di poi sarei stato più cauto nel proporre lo spostamento della sede della parrocchia dal santuario di San Giovan Giuseppe della Croce alla chiesa del Convento dei Frati Minori. La finalità di affidare ai Frati una parrocchia era per rafforzare la presenza dei religiosi sull’isola, anche perché il parroco aveva chiesto un tempo sabbatico.  

Comunque, la realtà si costruisce ogni giorno, non può essere mai statica, e se non ci diamo da fare, cominciando da me, non andiamo da nessuna parte.

Quello su cui avrei voluto intervenire di più era il creare una pastorale più unitaria, cominciando dal livello diocesano, perché a livello locale qui e lì qualcosa è stato fatto, e soprattutto a livello centrale. Con il Vescovo Carlo stiamo dialogando e abbiamo sempre dialogato in questi due anni, e l’idea è di ridare un riassetto unitario alla realtà diocesana, perché, se poi un domani ci sarà una sola diocesi, qui – questa è la mia convinzione, l’ho detto varie volte ai preti – qui deve rimanere un “pied-à-terre” necessariamente.

Sono emerse per esempio delle difficoltà tra Caritas e qualche altro ufficio: cinque o sei di queste realtà più forti dovrebbero essere rimesse insieme, rivitalizzate. Sono stato anche un po’ preso da tanti problemi concreti da risolvere, non ultimo quello di Villa Joseph: mi pare che ora ci siano, e almeno questo è un segno di speranza, anche per Casamicciola.

Mi rendo conto che un’altra fatica che ci sarà è il cammino appena avviato dell’unione tra le diocesi. La fatica di pensare e quindi anche concretamente di fare gesti, anche se, per esempio, adesso, nell’ultimo incontro del clero che abbiamo fatto a Pozzuoli, c’erano diciassette sacerdoti di Ischia su venticinque, e gli altri erano quasi tutti assenti giustificati.  Direi che questo è un altro segnale che piano piano dei passi si stanno facendo. Questa è un’altra sfida, la sfida di dire: non dobbiamo perdere la nostra identità, la storia anche di questa realtà, però, nello stesso tempo, queste sono chiese sorelle che si incrociano, si incontrano e camminano insieme, come ha detto anche il Vescovo Carlo nel saluto che ha dato ai sacerdoti.

Come dicevate avete sempre lavorato insieme a Mons. Villano. Questo vi permetterà, nei prossimi due mesi, di portare a termine alcune decisioni che sono nell’aria e che riguardano soprattutto alcune parrocchie e alcuni sacerdoti?

Avrei potuto tirare i remi in barca e dire: ci penserà il prossimo Vescovo! Sento la responsabilità di fare la mia parte fino alla fine del mandato. Essendoci già il Vescovo eletto di Pozzuoli e di Ischia, già ausiliare di Pozzuoli, con cui c’è un rapporto fraterno, vedrò con lui ogni passaggio. Ci sono due comunità a cui provvedere, quella di Ischia Ponte e quella di San Pietro: la prima è stata guidata in quest’anno di prova da don Gaetano, parroco anche di un’altra parrocchia e vicario generale, che non può sostenere tutto questo carico; per S. Pietro, don Agostino si è donato con tutto sé stesso finché ha potuto e ha chiesto di lasciare per motivi di salute.

Chiaramente, movendo qui, si devono muovere anche altre realtà. A Pozzuoli, avendo iniziato lo scorso anno un dialogo con i parroci, ci sono quest’anno 10 parroci che a settembre cambieranno parrocchia. Per certuni c’è stata la fatica di entrare nell’idea del cambiamento, perché alcuni sono parroci nella stessa parrocchia da 15 a 23 anni. Non è mancata qualche contestazione, molto civile, o raccolta di firme dei parrocchiani; ma i parroci hanno accolto il trasferimento.

Sarà prevedibile nel breve termine uno scambio di sacerdoti, cioè che i nostri vadano a Pozzuoli come parroci e viceversa?

Papa Francesco, in un incontro con i Vescovi italiani, ci ha esortato ad essere generosi: le diocesi che hanno più preti li inviino in quelle in cui c’è carenza! Questo vale ancor più per due diocesi unite in persona episcopi. Io spero che quanto prima ci sia questo scambio di doni! I seminaristi stanno entrando di più in queste dinamiche, sono molto legati tra di loro, per il fatto che stanno insieme in seminario e che fanno insieme, come diocesi, gli incontri una volta alla settimana.

E voi, una volta in pensione, cosa farete?

Questo non lo so ancora bene. Certo, farò il vescovo emerito, che resta disponibile a fare quello che il vescovo gli dice, oppure aiutare in qualche parrocchia, se c’è bisogno. Adesso, essendoci il Vescovo Carlo, è più probabile che io resti a Pozzuoli, può darsi pure che venga fuori un progetto che io avevo in mente per i sacerdoti, una specie di casa del clero, nel vecchio episcopio al Rione Terra… Ma questo è nelle mani di Dio.

E di questo episcopio che ne sarà?  

C’è, e le suore rimarranno: abbiamo firmato una convenzione in questo senso, perché è importante che ci siano. Poi, uno dei tanti progetti che avevo era di far sistemare i locali dove stava una volta il seminario, liberarli, anche per i seminaristi, se il vescovo vuole ospitarli qualche volta insieme per qualche giorno. Secondo le nuove regole, dopo il quinto anno, nel cosiddetto sesto anno, non devono studiare, ma stare nelle parrocchie e più a contatto con il vescovo: per un intero anno, solo attività pastorali o servizio Caritas, o altro.

Un’altra domanda: quale sarà il ruolo dei laici? E verranno fatti dei corsi per operatori pastorali, ministri straordinari, ecc. qui sull’isola o saranno per forza solo in terraferma?

Il ruolo dei laici è un’altra sfida! Non c’è Chiesa senza laici, non passivi, ma corresponsabili! Certamente si faranno corsi di formazione per loro anche a Ischia. Abbiamo appena abbozzato una sorta di succursale della scuola di formazione teologica – che già da molti anni esiste a Pozzuoli – con modalità diverse sull’isola per tutti gli operatori pastorali. Bisogna, poi, da scoprire e valorizzare i carismi e i ministeri, in particolare i ministeri istituiti dell’accolitato e del lettorato, preclusi prima alle donne, e quello del catechista.

Una cosa che trovo in parte manchi in questo periodo post covid, sono le varie catechesi e lectio diocesane, che erano rivolte alla gente comune.

Decisamente, quello che ha veramente rivoluzionato tutto, è stato proprio il tempo dell’epidemia di covid: è stato come se ci fossimo dimenticati tutto quello che c’era prima, almeno nella diocesi di Pozzuoli – qui io non c’ero. Come fare ora per rimetterci in moto? Se funzionasse di più la comunione dei preti a livello più zonale, tra i preti di territori vicini, sarebbe l’ideale, visto che l’isola è piccola. Se per esempio a Forio centro, le tre parrocchie facessero ancora di più insieme, dopo aver vissuto insieme la lectio divina! E anche a Ischia, le tre parrocchie – San Ciro, Portosalvo e San Pietro – potrebbero realizzare una sorta di unità pastorale.

È nel territorio che si possono fare catechesi semplici per coloro che vogliono approfondire! Anche gli incontri per i catechisti, che non si tengono, o sono ognuno nel piccolo mondo suo, o gli incontri per la Cresima, di preparazione al Matrimonio… Questo non basta, è necessario che i laici si sentano corresponsabili!

Per la cresima mi sembra stia funzionando…

Sì, perché c’è il livello diocesano! Io l’ho sempre detto, l’ho sostenuto anche a Pozzuoli, che una delle cose più belle che ho trovato nella diocesi di Ischia, e che qualcuno voleva farmi togliere, è il cammino catecumenale crismale. Vedo quando faccio gli incontri finali con i ragazzi: innanzitutto ci sono e quindi non si perdono per strada, e poi a livello diocesano, don Marco, don Emanuel e don Cristian, stanno facendo un bel percorso e questo è importante.

Ci sono anche i responsabili del coordinamento di pastorale giovanile o altri referenti delle parrocchie, cioè si è creata una rete, che aiuta a tenere i giovani. Questa è una delle cose più belle che ho trovato; sono tante, ma questa è anche nuova di fronte alle altre realtà delle altre diocesi. I giovani – come dice papa Francesco – non sono solo il futuro del mondo e della Chiesa, ma anche il presente. Vanno ascoltati, accolti, compresi, perché spingono noi adulti a non restare fermi nei nostri schemi, ad aprirci alle novità dello Spirito, che non smette mai di soffiare!

Grazie mille, Padre Gennaro, del tempo che mi avete dedicato, e grazie soprattutto per il lavoro che avete svolto a Ischia in questi due anni.

Grazie a Lei! Colgo questa occasione per ringraziare tutti quelli che mi hanno accolto come “pastore” e come persona, con le sue ricchezze e povertà! Sperimento sempre nella mia esistenza che non so cosa riesco a donare agli altri, ma so sempre quello che ricevo e anche qui a Ischia ho ricevuto tanto! Grazie!

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