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Investire in teste, cuori e anime

“Il compito che stiamo affrontando è diverso da quello dei mesi scorsi: nei prossimi anni non si tratterà più principalmente di lanciare programmi di emergenza, ma l’opera di ricostruzione sarà presto all’ordine del giorno. Esistono già numerose riflessioni e piani concreti in tal senso. Per noi (Renovabis, ndr), tuttavia, questo lavoro di ricostruzione sarà probabilmente molto diverso da quello a cui eravamo abituati negli ultimi trent’anni! Non potremo più investire principalmente in pietre, ma dovremo investire in teste, cuori e anime!” è con questo significativo appunto, profuso nel corso del suo intervento, che il Rev. Dr. Schwartz, responsabile di Renovabis (organizzazione della Conferenza Episcopale Tedesca per il sostegno ai paesi dell’Europa orientale) evidenzia il valore più profondo dell’iniziativa “Il Grido della Pace”, svoltasi a Roma tra il 23 e il 25 ottobre.

L’urgenza, infatti, che il convegno è parso unanime di avvertire nelle tristi dinamiche mondiali correnti, è quella di rinnovare lo spirito di una comunità internazionale sempre più svincolata da destini comuni e quanto mai, nella storia recente, multipolare. Il progresso economico delle ultime decadi che ha visto significativamente accrescere quelle “pietre” del discorso di cui sopra, fallisce allorquando si rende incapace di assicurare di queste ultime la tenuta nel tempo; cosicché diviene inderogabile l’esigenza di assolvere all’impellenza individuata dal Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, per il quale, “il nuovo gigante globale ha bisogno di anima”. E l’edificazione di un’anima non può che partire da quanto a questa è più caro, perché, come ricorda Andrea Riccardi, “Quando si vuole distruggere lo spirito di un popolo si annientano i suoi luoghi sacri”.

E cosa c’è di più sacro per questo “villaggio globale” se non la centralità dell’umanità stessa, la quale appare ora, come non accadeva da quasi 80 anni, umiliata nel dolore del conflitto a ogni livello. La crisi dei valori, che è tra le nazioni perché ancor prima tra ognuno di noi, spoglia l’uomo di ogni afflato e lo conduce sino a dover piangere i suoi cari, sepolti da una bomba, dopo settimane di attesa speranzosa al buio di una cantina, come testimonia da un’esperienza Olga Makar, della comunità ucraina di Sant’Egidio. Ma a chi toccherà, quindi, evadere le “pietre” di questo mondo alla ricerca della sua anima?

Necessariamente, a colei la quale, come ricorda Andrea Riccardi, è “globalizzatrice originaria”, ovvero alla religione. Essa, infatti, che sin dall’etimo si prefissa di far di tutti un solo insieme, è, nelle sue pluralistiche espressioni, ricettacolo millenario di valori e costumi che fonda popoli e sulla quale i popoli si fondano. Tale compito che il convegno ha inteso riattribuire alla religione, non solo tramite il favore dei discorsi dei relatori ma anche con quello della vasta partecipazione di rappresentanti di ogni credo, scardina una delle convinzioni più cogenti della moderna cultura occidentale, ovvero quella per la quale ogni religione non sia destinata che a uno stato di necrosi progressivo e inesorabile. Ma ecco invece che, da anticipatrici e generatrici dei moderni valori di solidarietà e globalità, le religioni sono così richiamate a occupare quei vuoti che il nostro tempo accusa. Occorre nuovamente convincere quel Saulo che può essere Paolo, che se tanto solerte era nella spada, ancor più potrà esserlo se votato al Verbo.

Ma il significato delle parole sin qui espresse potrebbero mancare della migliore comprensione se non riportate a quegli incontri di vita che le incarnano e le fanno vere. E così, non meno nell’esperienza di chi scrive, è stato possibile, a margine del convegno, comprenderne un po’ di più il senso, allorché, a colloquio con un’amica, mi sento dire che questo genere di eventi tratta tematiche belle quanto generiche, senza apportare infine alcun cambiamento. Eccolo quindi manifestato quel vuoto di spirito, in mancanza di fiducia e prospettive. Eccola l’occasione in cui occorre, nel piccolo, lustrare gli animi e ricordare, come ha fatto il Rabbino capo di Francia, che dopo ogni crepuscolo vince sempre un’aurora.

di Andrea Di Meglio – Pastorale Sociale e del Lavoro

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