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Commento al Vangelo Mc 11,1-10;14,1-15,47

Come è andata questa Quaresima? In questo tempo sacramentale di Quaranta giorni, il Signore ha provato a ridarci la “cassetta degli attrezzi” della nostra vita. Ci è stato proposto di andare nel deserto con Lui per tentare di riunire la nostra anima con la nostra vita; ci ha mostrato piccoli momenti di luce come delle boccate d’aria per poter vivere il deserto; ci ha chiesto di entrare dentro il nostro cuore, il nostro tempio e di non mercanteggiarlo; infine, dopo averci svelato l’amore del Padre per il mondo, ha chiesto di farlo vedere.

Ora ritorna quella bellissima domanda dei discepoli: dove vuoi che andiamo a preparare la Pasqua? La liturgia in questi giorni ci racconterà le ultime ore della vita di Gesù. È come se gli orologi della liturgia che corrono lungo l’arco dell’Anno Liturgico rallentassero in questa settimana per vedere lo spettacolo della croce. Già in questa domenica, come uno spoiler, essa ci racconterà quello che vivremo questa settimana. Molti salteranno tutto fino alla prossima domenica. Sono due i racconti evangelici propostici. Il primo è il racconto della discesa di Gesù cavalcando un ciuchino da Betfage, passando per la valle del Cedron e probabilmente passando per la porta d’oro (oggi murata) fino a entrare in città. È accompagnato da una scena unica, tenerissima: la stessa folla che da lì a qualche giorno griderà “crocifiggilo!”, riconosce in Gesù questo messia che scende in città e prende possesso della città. Un messia che non ha potere terreno, è umile, senza destrieri, stendardi e gonfaloni. Sediamoci e guardiamo, non facciamo sempre i protagonisti.

Fermiamoci a guardare colui che dice di essere Re della nostra vita. Diciamoglielo oggi che lui è importante per la nostra vita. Oggi nelle nostre assemblee verrà proclamato anche il racconto della passione, quest’anno di Marco, ricco di elementi. Vi invito a leggerlo anche in questa settimana. Leggetelo e provate a identificarvi, a chiedervi chi siete in quel racconto. Da quella stanza del piano superiore che potrebbe essere la mia vita in cui Gesù ci chiede di poter celebrare la sua Pasqua. Da quella cena che è l’ultima ma la prima dove lui ci ha amati e ci ha donato il suo corpo e il suo sangue rendendoci suoi sacerdoti; da quella notte passata nel “agat schamim”, il Getsemani, dove lui si rifugiava spesso e quella notte passò in agonia pensando di dover fare quel gesto che poteva essere completamente inutile. Siateci. Al processo giudaico in cui Gesù è stato processato in contumacia perché, come il vangelo di Giovanni ci fa notare, Gesù era già stato processato e condannato. Si tratta solo di notificargli l’accusa.

Gesù non risponde davanti a quei personaggi che rappresentano la fragilità dell’uomo: vi troviamo quella sciocca di Giuda che vuole forzare la mano a Dio, quella di Pietro che crede di aver capito qualcosa invece non ha capito nulla. Ritroviamoci in quei personaggi che forse appartengono a tutti. In questo racconto si compie ancora una volta la memoria di questo amore di Dio per l’umanità. Perché Gesù muore in croce? Perché deve arrivare fino a quel punto? Ve lo siete mai chiesti? Non è per i soliti luoghi comuni che conosciamo. Era necessario che Gesù morisse? Io penso di no. Egli ha dato tutto, ha svelato in tutto il volto del Padre, con parole ed opere per tre anni. Ha vissuto con coerenza tutto quello che diceva. Ha operato segni, prodigi e parole per tre anni.

Nonostante questo, l’essere umano non ha capito, non ce l’ha fatta. Gesù giunge a quella vigilia del Giovedì Santo, a quel 6 aprile dell’anno 30, a quel 7 aprile dell’anno 30, giorno della sua crocifissione, completamente solo e abbandonato da tutti. È solo e in questo senso nell’agonia del Getsemani soffre tutta la solitudine degli uomini. Gesù soffre tanto, ma ho visto gente soffrire più di Gesù e non hanno salvato nessuno. Non è il dolore che salva, con buona pace di Mel Gibson, ma è l’amore. L’amore di chi compie un gesto senza sapere come andrà a finire. Gesù sceglie di consegnarsi, di lasciarsi andare. Nudo e appeso ci mostra tutto il volto di Dio. Ma è una fatica decidere di farlo.

La fatica nell’orto degli ulivi consiste non tanto in una sofferenza fisica e spirituale, ma nella certezza che quel gesto potrebbe non servire a niente e il demonio glielo ha fatto notare: i suoi dormono, uno di loro è andato a tradirlo, l’altro tra poco lo rinnegherà. Perché morire per loro? L’uomo non cambierà mai! Questa è l’ultima tentazione di Cristo. Negli anni di Gesù ci sono milioni di persone morte in croce di cui non si conosce il nome. Gesù corre lo stesso rischio, quello di essere dimenticato. Gesù decide di farlo anche se non sa come andrà a finire tutto questo. Sperimenta l’angoscia che anche gli uomini proviamo. Cosa faremo? Gli porgeremo la spugna imbevuta di aceto della nostra indifferenza o cadremo in ginocchio come il centurione? Che sia questa domenica, la domenica che ci introduce nella grande settimana, mettendo da parte tutto, per guardare a colui che si dona fino in fondo.

L’amore salverà il mondo. Buona Settimana Santa!

Immagine di copertina: Ingresso a Gerusalemme di Giotto, Cappella degli Scrovegni (PD)

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