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Dalla cucina all’altare

Il tradizionale telo che copre l’altare maggiore nella chiesa di S. Giorgio a Gaweinstal (Bassa Austria) è stato realizzato cucendo insieme tanti strofinacci

Tra i tanti utensili e attrezzi che nelle nostre cucine ci aiutano, ogni giorno, a trasformare le materie prime in piatti gourmet, ce n’è uno che è presente sia nelle cucine degli chef in pectore così come in quelle di chi ha un master nella rigenerazione di piatti surgelati: lo strofinaccio.

Lo strofinaccio è un oggetto di uso quotidiano. Che nella parrocchia di Gaweinstal (Bassa Austria), è stato scelto per accompagnare il cammino di quaresima. Quest’anno, infatti, il tradizionale telo che copre l’altare maggiore nella chiesa di S. Giorgio è stato realizzato cucendo insieme tanti strofinacci.

In cucina lo strofinaccio è l’oggetto più importante, così come il meno notato. Perché si sa, gli strofinacci si notano solo quando non ci sono. Proprio come accade con Dio. Di solito manca solo quando ne abbiamo “bisogno”.

A spiegare come è nata e come è stata sviluppata questa idea è, con un post e un video sulla pagina Fb dell’Unità pastorale An der Brünnerstraße Mitte (di cui fanno parte varie parrocchie)  Alexander Wimmer, vicepresidente del consiglio parrocchiale. 

“Lo strofinaccio è un oggetto di uso quotidiano ed è utile prima, durante e dopo la cottura – spiega Wimmer –. Per lucidare le posate, asciugare le stoviglie, coprire la pasta lievitata, asciugare le mani bagnate, pulire qualcosa. La maggior parte degli strofinacci in commercio è realizzata in cotone. In passato, questo veniva spesso coltivano e raccolto utilizzando il lavoro degli schiavi. Oggi il cotone per gli strofinacci è spesso prodotto in Cina, india e Pakistan. DI solito non sappiamo molto sulle condizioni di lavoro in quei Paesi”.

“Gli strofinacci di cotone – prosegue Wimmer su Fb – sono solitamente più o meno tessuti a scacchiera, quelli più popolari. Ce ne sono però anche di tutti i colori e le fantasie. Ora, questo panno speciale porta la nostra vita quotidiana in chiesa. Il quotidiano è collegato al sacro. Questo oggetto importante, ma spesso trascurato e poco riconosciuto, ha lo scopo di scuoterci. Così come la quaresima, che è un tempo che ha lo scopo di attirare la nostra attenzione su quello che è poco appariscente. Sull’invisibile e sull’indescrivibile”.

I teli quaresimali richiamano il velo del tempio di Gerusalemme, quello che separa il sacro dal profano. Il Vangelo ci racconta che, quando Gesù muore in croce, il velo del tempio di Gerusalemme viene squarciato in due. “Il telo quaresimale offre anche a noi oggi spunti e occasioni per conversare e meditare – aggiunge Wimmer –. Durante la quaresima e in particolare nella Settimana Santa l’altare e le rappresentazioni pittoriche di Gesù vengono coperte con i teli quaresimali, in modo che i fedeli che partecipano alle celebrazioni eucaristiche possano concentrarsi completamente sulla Parola di Dio e digiunino, per così dire, con gli occhi”.

L’idea di creare un telo quaresimale utilizzando degli strofinacci è dello stesso Wimmer. L’autunno scorso ha invitato i parrocchiani a donare degli strofinacci. Fin da subito Elisabeth Stephan ha abbracciato con grande entusiasmo il progetto. Ha iniziato a pensare come combinare i vari strofinacci che sono stati messi a disposizione dai parrocchiani. Carta e penna alla mano, ha realizzato diversi disegni, bozzetti di possibili teli quaresimali. Finché non ha trovato la soluzione che declina al meglio l’idea di Wimmer. Ed è allora che ha tirato fuori la macchina da cucire e ha iniziato a cucire gli strofinacci tra loro, dando vita così al telo quaresimale che fino a Pasqua copre l’altare maggiore raffigurante s. Giorgio, circondato da un gruppo di figure e da Dio Padre nella gloria angelica e la pala di Maria Immacolata.

“La chiesa è aperta tutti i giorni e chiunque entra può ammirare il telo quaresimale e lasciarsi interrogare da lui”, aggiunge Wimmer.

Novelli “cenerentoli”, gli strofinacci sono usciti dalle cucine di casa per andare a intrecciarsi in croci di stoffa a righe, quadretti e fantasia, trasformando il telo quaresimale in un “telo parlante”, che racconta la quotidianità di tante famiglie, con le piccole e grandi gioie e fatiche di ogni giorno. Spesso zuppi d’acqua e di preoccupazioni, impataccati dai segni della vita che non di rado lasciano delle ombre, gli strofinacci raccontano nella loro semplicità l’umanità nella sua straordinaria grandezza, ma soprattutto nella sua infinita fragilità. Quella stessa fragilità che trova la sua massima espressione nella morte di Cristo in croce. Fragili pezzi di stoffa invisibili, che proprio partendo da quella croce trovano nel mattino di Pasqua una nuova vita. Senza macchie e ombre. E zuppi di luce.

di Irene Argentiero – Sir

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