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23 marzo 1839 – 6 febbraio 1910

Sant’Alfonso nacque il 23 marzo 1839 ad Angri, un paese in provincia di Salerno. La sua nascita era stata molto desiderata e attesa dai genitori Aniello Fusco e Giuseppina Schiavone. I due sposi desideravano tanto un figlio e dopo quattro anni di matrimonio non avevano ancora avuto la gioia di una gravidanza. Per questo si recarono a Pagani per chiedere l’intercessione dell’allora beato Alfonso Maria de Liguori. Francesco Saverio Pecorelli, un redentorista, li tranquillizzò dicendo loro che avrebbero presto avuto un figlio. Aggiunse anche che il bambino si sarebbe chiamato Alfonso e avrebbe avuto la vocazione al sacerdozio. E così fu: Alfonso crebbe serenamente, educato con tenero affetto dai genitori, i quali erano pieni di pietà religiosa.

Presto giunse il momento di pensare alla sua educazione scolastica e i due coniugi vollero affidare il loro primogenito a sacerdoti dotati di buona cultura, i quali gli avrebbero anche garantito una educazione cristiana. Il canonico Gaetano De Angelis, che aveva battezzato Alfonso, gli fu anche padrino alla cresima, amministratagli dal vescovo D’Auria.

L’ambiente familiare, denso di fede e carità, influisce certo sulla formazione umana e spirituale del giovane Alfonso. C’è un episodio relativo all’infanzia che testimonia la grandezza e la bontà d’animo del bambino. Racconta una vicina di casa che, in una giornata di febbraio in cui il freddo era particolarmente pungente, la madre di Alfonso lo vide uscire dalla sua stanzetta con un fagottino di biancheria sottobraccio. Pensò che il fanciullo volesse aiutarla nelle faccende di casa e l’avvertì che non era quello il giorno del bucato. Allora Alfonso le disse che quelle lenzuola voleva portarle ad un bambino, Vincenzino, che era ammalato e aveva freddo. La signora Giuseppina, commossa, procurò alla madre di Vincenzino la stoffa necessaria per le lenzuola. In un cuore buono la carità nasce presto e la grazia non conosce età.

Ad 11 anni Alfonso entrò nel seminario di Nocera per il ciclo di studi medi e superiori e per diventare sacerdote, cosa che avvenne il 29 maggio 1863. Durante il periodo trascorso in seminario il giovane Alfonso sognò Gesù Nazareno che gli disse: “Alfonso, tu devi fondare un istituto di suore, che chiamerai il Nazareno e un orfanotrofio maschile e femminile. Il suolo è già pronto, non hai che da fabbricare. Appena sacerdote devi occuparti di questo.” Furono queste parole che illuminarono il cuore di Alfonso e diedero impulso alla sua vita. Quando è Cristo a fare da guida, non ci sono ostacoli tali da fermare la volontà divina.

Alfonso Maria aveva così un sogno da realizzare: occuparsi dei bambini poveri e abbandonati che non potevano contare su nessuna guida, né culturale né spirituale.  Nel 1870, sfidando i molti pregiudizi, don Alfonso aprì coraggiosamente le porte della sua casa paterna per accogliere e istruire gli orfani, dando vita ad una piccola scuola elementare gratuita, modello e presupposto del progetto futuro delle Suore Battistine. Tutti i costi, per l’istruzione, per il vitto, per gli indumenti, furono a carico del don: era nata ad Angri la prima scuola per i figli del popolo, primo luogo di educazione cristiana e culturale accessibile a tutti!

Il progetto del Fusco era però di prospettive ancora più ampie: egli avrebbe voluto fondare un vero Orfanotrofio. E l’aiuto di Dio non si fece attendere: una vedova di Angri senza figli, Raffaella Graziano, donò la sua proprietà a favore delle “orfane pericolanti”. Così, nel 1877 venne inaugurato ad Angri l’orfanotrofio che egli pose sotto la protezione del quadro di Maria Addolorata.

Don Alfonso continuava a pregare, credere e sperare… aveva immensa fiducia in Dio. Voleva fondare una congregazione per i bambini bisognosi e per le fanciulle a rischio E il vescovo R. Amirante, dopo aver messo a dura prova la fede e l’umiltà del santo, finalmente diede il suo benestare. Fu l’incontro con Maddalena Caputo di Angri, donna dal carattere forte e volitivo, aspirante alla vita religiosa, che spinse don Alfonso ad accelerare i tempi per la fondazione dell’Istituto. Alla giovane Maddalena si unirono altre tre compagne ed ebbe inizio la prima comunità dell’istituto. Il nuovo Ordine, benedetto dal vescovo, fu chiamato “Ordine delle Suore Battistine del Nazareno”.

Cominciarono a venire altre postulanti e le prime orfanelle, e con loro, anche le prime difficoltà. Il Signore, che fa soffrire molto chi molto ama, non poteva risparmiare pene e sofferenze al Fondatore e alle sue figlie. L’ingiusto tentativo del Vescovo diocesano, Mons. Saverio Vitagliano, di deporre, per accuse inconsistenti, don Alfonso dal compito di direttore dell’Opera; il rifiuto di aprirgli la porta della casa di via Germanico a Roma, da parte delle sue stesse figlie, per una ventata di separatismo; le parole del Cardinale Respighi, Vicario di Roma: «Avete fondato delle suore brave che fanno il loro dovere. Ora ritiratevi!», furono per lui momenti di grande sofferenza che lo videro pregare col cuore in angustia.

Era di una tenerezza quasi materna per tutte le orfanelle, specialmente per le più bisognose; per loro c’era sempre un posto nella Piccola Casa della Provvidenza, anche quando il cibo scarseggiava o addirittura mancava. Allora don Alfonso rassicurava tutte, dicendo: «Non vi preoccupate, figlie mie, ora vado da Gesù e ci penserà lui». E Gesù rispondeva con prontezza e grande generosità: a chi crede tutto è possibile! In un tempo in cui l’istruzione era privilegio di pochi, don Alfonso non badava a sacrifici pur di dare ai bambini una vita serena, lo studio e un mestiere ai più grandi, in modo che, una volta cresciuti, potessero vivere da onesti cittadini e da cristiani convinti. Volle che le sue Suore cominciassero ben presto a studiare, per essere in grado di insegnare ai poveri e, attraverso l’istruzione e l’evangelizzazione, preparare le vie di Gesù nei cuori soprattutto dei bambini e dei giovani.

Riuscì ad aprire nuove case scuole e orfanotrofi, in Campania, poi in Italia e tante altre vennero aperte in tutto il mondo: egli era solito dire alle suore Battistine che nel loro progredire c’era il dito di Dio.

Il 6 febbraio 1910 dopo aver benedetto le sue figlie piangenti intorno al suo letto, esclamò: «Signore, ti ringrazio, sono stato un servo inutile.» Poi, rivolto alle Suore: “Figlie mie, dal cielo non vi dimenticherò e pregherò sempre per voi.”

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