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GMG2023 – 8° giorno – Il ritorno

Combattere per il sostentamento proprio e della propria specie deve essere un fatto ancestrale; fin dall’antichità in molti ricorrevano al “mors tua vita mea” ma da allora qualche secolo è passato e a occhio e croce c’è stata una qualche evoluzione da un punto di vista industriale, tranne in determinate occasioni, allorquando la specie umana dà il peggio di sé, pure quando non ve n’è necessità.

Diciamo che in questi giorni, con il procacciamento del cibo non siamo stati fortunatissimi; i famosi ticket GMG, che davano diritto al pasto, sono stati poco più di un’idea fallimentare. È evidente che gli organizzatori non hanno tenuto conto che alla evoluzione socio-economica-industriale corrisponde, ad oggi, per come stiamo messi, una involuzione sociale che in questi giorni si è espressa in tutta la sua recrudescenza.

Ieri sera, per esempio, siamo riusciti a stento a conquistare il cibo per tutto il gruppo e solo dopo aver sgomitato e intrapreso un’ardua battaglia con tanto di sorrisi misericordiosi e grugniti ringhiosi dietro ai denti “Durbans”, lottando con Bergamo (ormai le diocesi o i gruppi diventano nomi di città) che pretendeva il predominio del punto restaurant. Ci siamo mossi a gruppo, prevalentemente di sesso maschile, (le ragazze restavano a guardia dei confini dell’accampamento) dove non era proprio chiarissimo chi tra noi fosse il maschio alfa. Morale della favola solo dopo la mezzanotte siamo riusciti a mettere sotto i denti – ancora serrati perché ci siamo dimenticati di dismettere i panni da boss di quartiere – l’ultimo pasto targato GMG 2023.

Lavati, asciugati, nutriti, ci siamo accoccolati nei nostri sedili del pullman, mancava solo “il Portoghese” che faceva pat-pat con la manina dietro le spallucce per il ruttino e ci cantava la ninna nanna per assecondare un sonno ancestrale, che non aveva certo bisogno di essere accompagnato.

L’alba del nuovo giorno si infilava dai finestrini, accecando letteralmente chi avrebbe voluto dormire ancora per un paio di mesi, non di più.

“Chicchirichiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!” ci siamo svegliati di soprassalto, qualcuno per lo scatto involontario è andato a sbattere con la capoccia sotto il vano porta bagagli e abbiamo pensato “vuoi vedere che qualcuno all’andata ha lasciato qualche uovo al caldo e in tutto questo tempo il pulcino è pure diventato un gallo?”

Macché, era il solito Mario, quello che ci dava la sveglia all’alba con il solito “Chicchirichiiiiii”, uguale uguale al gallo che, all’epoca, cantò tre volte, solo che il nostro tutte le sante mattine ha fatto questo! Accidenti a lui che invece di svegliarci con dolcezza, grazia e leggiadria, ci fa saltare ogni volta, manco fossimo dei militari da far tremare con lo squillo di tromba. Meditiamo vendetta, Mario è il più grande tra noi e pure il più brontolone, fa le facce di uno che avrebbe tante cose da dire ma invece di dirle, le macina e chiude “famm sta zitt che è meglio”. Meditiamo vendetta, tremenda vendetta.

Finalmente un autogrill in lontananza, il tic-tac della freccia messa dall’autista ci rincuora, rimandiamo le lamentele e le congetture, possiamo andare in bagno, lavarci i denti, darci una sistemata, fare colazione, insomma, le basi per poter iniziare una giornata dignitosamente ed essere guardabili quel minimo sindacale che fa chic e non impegna.

Ci pensa il nostro accompagnatore Don a energizzarci, forse stanotte ha dormito perché sta bello carico e in vena di “pariarci addosso”. Si infila tra noi come quello di striscia, che pensa di essere simpatico e riesce a strapparti solo un grande, irrispettoso “#$!&#$!&”…beep! In fondo dormiamo ancora, siamo stanchi, lamentosi, picciosi, brontoloni e uffa! vogliamo tornare a casa e basta.

Però, tutto sommato, ottiene il risultato, tutti i nervi saltati, i neuroni tutti presenti al contrappello e più di qualche freno inibitore non proprio allentato; diciamo lasciato proprio libero di assecondare la propria natura selvatica. Alla fine meglio di un percorso Kneipp.

Giunti a Barcellona ci viene data una splendida notizia: LIBERI FINO ALLE 16!! Evvai!

Sembra un sogno, un miraggio, forse è un trucco, un’esercitazione e vedrai se tra qualche secondo non compare “il Portoghese” che fa l’occhiolino, punta l’indice e il pollice a mo’ di pistola e dice “scherzetto!”, aggiungendo anche lo schiocco ammiccante.

No, tutto vero, ci separiamo in gruppi e ognuno passa il tempo come gli pare. Qualcuno opta per la “Sagrada Familia”, che se vieni a Barcellona e non la vedi almeno dall’esterno dopo è meglio che ti confessi, sempre che qualcuno ti dia l’assoluzione. E vorrai mica perderti la “Rambla”??? non tanto perché è la famosa passeggiata che collega Plaça de Catalunya e sfocia al porto antico, non tanto perché è uno dei percorsi più colorati e divertenti della città, piena di artisti di strada, bancarelle che vendono cianfrusaglie, ma per poter cantare a squarciagola come pazzi da rinchiuder all’istante:

 A Il Cairo non lo sanno che ore sono adesso. Il sole sulla Rambla oggi non è lo stesso. In Francia c’è un concerto, la gente si diverte. Qualcuno canta forte, qualcuno grida: A morte. Non mi avete fatto niente, non mi avete tolto niente. Questa è la mia vita che va avanti oltre tutto, oltre la gente. Non mi avete fatto niente, non avete avuto niente. Perché tutto va oltre le vostre inutili guerre”. Come se Ermal Meta e Fabrizio Moro si dispiacessero assai se trovandoci qui, non la cantassimo, come se la prendessero proprio sul personale!

Finalmente possiamo nutrirci senza fare nessun assalto a Forte Apache, con i coltelli tra i denti e i gomiti alzati a mo’ di speroni. Senza occasionali e ops, non voluti sgambetti e senza finte distrazioni di chi salta la coda. Noi siamo amici degli indiani e anche degli spagnoli, siamo amici pure dei coreani di Seul, basta che ci diano da mangiare e nessuno si farà del male! Che poi, se dovessimo iniziare a sciorinare tutte le mancanze, le lacune, le difficoltà che abbiamo trovato, incontrato, superato, non la finiremmo più. Mangiamo che è meglio!

Alle 16 ci ritroviamo tutti al terminal, Grimaldi Lines, entriamo insieme e hanno inizio le procedure di imbarco. Bagagli, zaini, sacchi a pelo, borse, borsine, borsette, quello che “per favore me lo reggi” e poi non se l’è più ripreso, quell’altro “mi fai da hotspot che non partono i giga” e poi lo ha preteso sempre, quell’altro ancora “mi presti la powerbank che ho il cellulare scarico” e nessuno che pensa alla stramaledettissima reciprocità. E che diamine, che sono venuti a fare fino a Lisbona! Questi ritornano peggio di come sono partiti e giù il bla, bla, bla, bla, rovente del cicaleggio nel cervello, di tutti gli spilli che vanno a pungolare le nostre fragilità travestite da certezze e poi ci si mette il caldo, la lentezza della fila, ma quanto ci vorrà a vedere un documento, che cavolo, in quanti saremmo? Quei 7/8/ 900 cristiani, e poi perché non tocca mai a noi passare per primi, uffa!

E “il Portoghese” che avanza e si affaccia dalla balconata della plancia della nave e da lontano sembra dire ai suoi (che poi chi saranno i suoi? I soliti raccomandati, perché non io, perché non noi?) – “lasciate fare a me, me la vedo io”, “state buoni”.

Saliamo in nave e scopriamo che questa volta ci spettano le poltroncine, meno male, all’andata erano i corridoi e le intercapedini di fortuna. Certo però che queste sono strette, le gambe dove le mettiamo? Ecco perché il salone è ancora vuoto, non ci si vuole mettere nessuno in queste trappole.

Il tempo di sistemare i bagagli e siamo pronti (pronti è un eufemismo) per la Santa Messa nel salone, dove arriviamo con malcelato disincanto.

È bastata un’occhiata generale per notare che nel particolare delle prime file a momenti c’erano più sacerdoti che laici. Ma dove sono stati fino ad ora? Ricomparsi e tutti insieme è stato un po’ forte come impatto. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

È Tropea a celebrare, con il Vescovo Attilio Nostro, in realtà la diocesi ha altri nomi “Mileto-Nicotera-Tropea, ma Tropea è rimasta impressa perché il Vescovo ha fatto la battuta sulle cipolle.

La prima lettura, quella che generalmente non ascoltiamo quasi mai e se lo facciamo è in maniera distratta, ci inchioda all’istante.

Le lamentazioni, le lagne, i “sì però” e tutte le critiche e le recriminazioni depositate tra la Ramblas e i sedili del bus turistico della città, finanche lungo il terminal e nel salone di sotto. Ecco il chiacchiericcio, le reprimende, il giudizio, sono gli ostacoli maggiori che non consentono un rapporto autentico con Dio. STESI E ASFALTATI.

C’è una possibilità, però, attenzione. Ed ecco le schiene che si ricompongono, le cuffiette che spariscono, le antenne che si drizzano, le gambe restano incrociate ed i culi per terra (non si sa mai che ti alzi e trovi il tuo centimetro quadrato occupato da uno che non hai mai visto)

Se capovolgi la prospettiva e dai tu da mangiare e diventi tu strumento di Dio, allora tutto acquista un senso, anche questa GMG e tutto il bello che ne consegue, acquista un suo perché; lo stesso papa Francesco ha più volte detto di stare attenti alle lamentele, tentazione della nostra realtà, dove tutto deve essere come diciamo noi, tutto dovrebbe filare come lo faremmo filare noi. Se diventi il protagonista e fai un cambio di rotta (per rimanere in tema di navigazione) e converti le lamentele nello strumento del darsi, questi occhi pieni di tutta la luce che abbiamo incamerato in questi giorni, al netto delle albe e dei tramonti, questi sconquassi interiori che hanno squarciato il velo delle nostre illusioni, allora possono diventare veicolo di testimonianza, come se fossimo protagonisti oltre che strumenti dell’amore di Dio. Preghiamo, affinché non cadiamo nella seducente tentazione di lamentarci sempre e di qualunque cosa, così come la ordinaria routine vorrebbe. Ecco, continuiamo a fare quello che abbiamo fatto in questi giorni: Qualcosa di straordinario.

“Il Portoghese”, riflesso nel gioco di specchi, che non sai mai dove sta l’originale, sembra dire a qualcuno, guardando il soffitto fatto anch’esso di specchi “lo avevo detto io”. Occhiolino.

Ognuno cena dove trova posto, il gruppo è disgregato, la egoistica compattezza iniziale, evaporata. Da Civitavecchia in poi si aprirà il ventaglio delle direzioni, per il nord, per il centro, per il sud. Ad ora pare non abbia più importanza di dove sei, da dove vieni, resta il dove andrai e come lo farai quel che avrai da fare.

La notte di navigazione è un buco nero, saremo per parecchio tempo senza connessione, noi e il mare, noi e la notte, noi e noi. E “il Portoghese”.

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