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Nella domenica dell’Ascensione, durante il Regina Caeli, Papa Francesco con poche parole ha dato una visione molto bella dell’incontro tra Gesù risorto e il Padre celeste: «Perché festeggiamo. Perché con l’Ascensione è accaduta una cosa nuova e bellissima: Gesù ha portato la nostra umanità, la nostra carne in cielo – è la prima volta! –, cioè l’ha portata in Dio. Quell’umanità, che aveva preso in terra, non è rimasta qui. Gesù risorto non era uno spirito, no, aveva il suo corpo umano, la carne, le ossa, tutto, e lì, in Dio, sarà per sempre.

Possiamo dire che dal giorno dell’Ascensione Dio stesso è “cambiato”: da allora non è più solo spirito, ma per quanto ci ama reca in sé la nostra stessa carne, la nostra umanità! Il posto che ci spetta è dunque indicato, il nostro destino è lì. Così scriveva un antico Padre nella fede: «Splendida notizia! Colui che si è fatto per noi uomo […], per renderci suoi fratelli, si presenta come uomo davanti al Padre, per portare con sé tutti coloro che gli sono congiunti» (S. Gregorio di Nissa, Discorso sulla risurrezione di Cristo, 1).

Oggi festeggiamo “la conquista del cielo”: Gesù che torna al Padre, ma con la nostra umanità. E così il cielo è già un po’ nostro. Gesù ha aperto la porta e il suo corpo è lì. Che cosa fa Gesù in cielo? Lui sta per noi davanti al Padre, gli mostra continuamente la nostra umanità, mostra le piaghe. A me piace pensare che Gesù, davanti il Padre, prega così, facendogli vedere le piaghe. “Questo è quello che ho sofferto per gli uomini: fai qualcosa!”. Gli fa vedere il prezzo della redenzione, e il Padre si commuove. Questa è una cosa che mi piace pensare. Così prega Gesù. Lui non ci ha lasciati soli. Infatti, prima di ascendere ci ha detto, come riporta il Vangelo di oggi: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). È sempre con noi, ci guarda, è «sempre vivo per intercedere» (Eb 7,25) a nostro favore. Per far vedere le piaghe al Padre, per noi. In una parola, Gesù intercede; è nel “luogo” migliore, davanti al Padre suo e nostro, per intercedere a nostro vantaggio».

Colui che più di tutti è stato conforme a Cristo crocifisso e si è presentato davanti al Padre celeste con i segni della passione è stato il serafico padre Francesco, il Poverello d’Assisi, insignito delle piaghe dell’amore, per la salvezza propria e del prossimo. “Vent’anni erano trascorsi da quando Francesco si era consacrato alla perfezione evangelica, allorché il Signore misericordioso volle ch’egli si riposasse dalle sue fatiche. Molto veramente faticò nelle veglie, nelle orazioni e digiuni, nelle preghiere, nella predicazione, nei viaggi, nelle preoccupazioni, nella compassione per il suo prossimo. Tutto il cuore egli aveva offerto a Dio suo Creatore, e dal profondo lo amava con tutta la sua anima e con tutte le sue viscere. Portava Dio nel cuore, lo lodava con la bocca, lo glorificava con le azioni. E se alcuno nominava Dio, commentava: «Cielo e terra dovrebbero inchinarsi a questo Nome».

Volendo Dio mostrare a tutti l’amore con cui lo circondava, insignì il corpo di Francesco con le stimmate del suo Figlio dilettissimo. E siccome il servo di Dio desiderava entrare nel tempio della gloria divina, il Signore lo chiamò a sé, e così Francesco gloriosamente passò da questo mondo al Padre. Dopo la sua morte molti segni e miracoli apparvero in mezzo al popolo, talché i cuori di tanti, ch’erano stati duri a credere in ciò che Dio aveva mostrato nel suo servo, s’intenerirono ed esclamavano: Noi insensati credevamo una follia la sua vita e ingloriosa la sua fine. Eccolo ora accolto tra i figli di Dio e la eredità sua è tra i santi!” (FF 1541).

Papa Francesco conclude: «L’intercessione è fondamentale. Anche per noi è di aiuto questa fede: ci aiuta a non perdere la speranza, a non scoraggiarsi. Davanti il Padre c’è qualcuno che gli fa vedere le piaghe e intercede. La Regina del cielo ci aiuti a intercedere con la forza della preghiera».

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