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Pubblichiamo quest’articolo, scritto a suo tempo dal Cardinale Carlo Maria Martini, per la sua continua attualità su un tema scottante

Nell’evoluzione della persona la comparsa della sessualità (intesa in senso ampio come pulsioni istintive, fantasie, emozioni, sentimenti, attrazioni, ecc… riguardanti la sfera sessuale propria, del mondo e delle persone circostanti) è un elemento fortemente integratore delle varie parti della personalità, che conferisce all’individuo nel suo diventare adulto un nuovo senso di sé, un nuovo statuto ed una più precisa identità. Perciò la sessualità umana contribuisce allo sviluppo personale verso la maturità, stimolando in definitiva l’interesse e l’apertura verso l’altro sesso. In questo senso essa è una manifestazione concreta della chiamata divina alla pienezza della comunicazione. Nell’ambito della realizzazione di sé, la sessualità umana appare come una funzione di relazione e una forza di alterità e di reciprocità. Fa dunque parte del dinamismo che permette alla persona di realizzare la sua vocazione: essere per gli altri.

La capacità di vivere la propria sessualità in maniera corretta, cioè secondo una misura ragionevole che la incanali nel dono di sé e non la lasci debordare, come forza cieca e selvaggia, nell’ambito dell’arbitrarietà e della libidine, non nasce a caso, né tanto meno come conseguenza di piccole o grandi deviazioni ed errori commessi a partire dall’adolescenza, quando cioè le pulsioni sessuali cominciano a farsi sentire. Essa deve essere educata coscientemente e coraggiosamente. Gli sbagli in questo campo non tendono ad autocorreggersi, come avviene in altri settori dell’attività umana, ma piuttosto si sommano rapidamente e tendono a “fissarsi”, con l’aiuto di pseudolegittimazioni, fino a diventare talora forme di schiavitù. È importante dunque impostare bene fin dall’infanzia, e poi sopratutto dall’adolescenza, una formazione della personalità che tenda all’armonica integrazione della sessualità nel progetto globale di vita. Imparare ad amare vuol dire diventare una persona adulta capace di amore altruistico. Momento necessario di questo processo è l’educazione alla castità, cioè al dominio secondo ragione delle pulsioni sessuali, in vista dell’amore altruistico.

Il tema della castità giovanile può essere letto secondo tre prospettive: a. il dominio di sé e la rinuncia allo spirito di possesso; b. la disponibilità alla voce di Dio; c. la vigilanza e l’attesa del Signore che viene.

  1. La radice della parola castità ricorda l’austerità e il dominio di sé (castigare = tenere a freno, educare). Essa insegna l’autodisciplina del cuore, come quella degli occhi, del parlare, di tutti i sensi. Questo controllo non è solo qualcosa di negativo. Si tratta di una autentica signoria su di sé, che è insieme riconoscimento della signoria di Gesù sul nostro corpo e su tutta la nostra vita: “Il corpo non è per la fornicazione, ma per il Signore, e il Signore per il corpo:… non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?” (1 Cor 6,13.15). Di conseguenza la castità è educazione ed allenamento a superare ogni mentalità di tipo proprietario e padronale nei confronti dell’altra persona. Si oppone frontalmente a quella mentalità utilitaristica e narcisistica che tende ad usare ed abusare di ogni cosa quasi fossimo arbitri supremi di noi stessi, del nostro corpo e delle nostre pulsioni, come pure delle persone del mondo circostante. La si può considerare come una forma esigente quotidiana di “povertà evangelica”. Di fatto questa disciplina si estende anche al cibo e alle cose voluttuarie che caratterizzano la nostra civiltà consumistica, e comporta anche un uso moderato e intelligente della televisione.
  2. L’impegno a vivere la castità crea condizioni ottimali per una trasparenza interiore che ci fa capaci di cogliere, al di là di ogni ottusità e pesantezza, l’autentica voce di Dio e le indicazioni dello Spirito. Per questo è quasi impossibile che nasca una vocazione evangelica là dove non c’è un sincero sforzo di castità. Il giovane casto diviene obbediente a ogni più pura ispirazione, e capace di dire sì al Signore superando la propria fragilità e inerzia. Lo sanno bene quei genitori che, vedendo profilarsi all’orizzonte la prospettiva di una chiamata del Signore, divengono, magari inconsciamente, concessivi e permissivi verso i propri figli, intuendo che la mollezza della vita offusca ogni pensiero vocazionale. Quale responsabilità per coloro che si fanno complici sottili del nemico di Dio! Al contrario “i puri di cuore vedranno Dio” (Mt 5,8). La purezza di cuore di cui parla il vangelo è più ampia della castità, ma la comprende e ci permette di trovare la causa remota di non pochi offuscamenti anche nel campo della fede.
  3. La castità nutre la vigilanza del cuore, cioè l’attesa del Signore che viene non solo nell’ultimo giorno, ma già adesso, per riempire ogni momento della mia vita e per aprirmi al dono di me per gli altri. Chi non depone l’impegno e lo sforzo costante per la castità, gusterà le gioie profonde della preghiera e delle visite del Signore. Quando invece la volontà si lascia infiacchire e i rapporti amicali non sono casti, ci si sente cristiani generici, banali, la preghiera pesa, la vita è noiosa e bisognosa di continue eccitazioni, e le folgorazioni del Signore (come per Samuele nella notte o per Paolo sulla via di Damasco) non sono per noi. […] Passaggi e momenti. Per crescere nell’amore casto occorre mettersi in cammino, nell’itineranza della fede, in un esodo mai concluso. In esso esistono momenti e passaggi inevitabili che, senza rigidità o successioni obbligate e talvolta con movimenti pendolari, scandiscono la crescita personale. Indico alcuni di questi passaggi. È importante anzitutto richiamare che nessun segno (e la testimonianza dell’amore casto lo è) esiste senza un disegno. Il lavoro educativo sulla castità va raccordato costantemente all’orizzonte più ampio che è l’adesione al disegno di Dio. Il cristiano ama così perché riconosce il riferimento prioritario e definitivo che è Gesù, Verità di ogni esperienza umana, e riconosce la sua presenza/contemporaneità che lo attira nella sua comunione e lo lega a sé nella missione. Perciò l’educatore non elabora interventi soltanto a partire da carenze e bisogni, ma punta a favorire il più possibile lo sviluppo e l’espansione del disegno di Dio che nel giovane credente già porta frutto. Non parte da “ciò che fanno tutti”, o da ciò che fa opinione nei sondaggi, ma da che tipo di uomo/donna il giovane deve diventare secondo il piano di Dio. Occorre favorire un lavoro di interpretazione della corporeità perché il discepolo arrivi a una positiva accettazione di sé. Un uomo/una donna “si dice” nel corpo: è una parola che si può comunicare solo mediante il corpo, non prescindendo dalla propria sessualità. Così pure si può accogliere la parola, che è l’altro/l’altra, passando per l’accettazione della propria e altrui sessualità. L’educatore introduce a conoscere il corpo come linguaggio e immagine, ricordando in particolare che nel corpo “giovane” l’età porta con sé mutamenti e sensazioni confuse, sviluppi a sorpresa e accelerazioni gravide di interrogativi. L’iniziazione al significato della corporeità non attinge solamente a una generica attenzione all’umano e neppure al risultato delle scienze umane, ma al primato della Parola, per la quale “il corpo… è per il Signore e il Signore è per il corpo” ” (1 Cor 6,13). In negativo significa pure che sarebbe grave irresponsabilità trascurare questa dimensione pedagogica, sia minimizzandola, sia ritenendola di fatto irrilevante, sia confondendola con altro. L’educare alla fede risulterebbe astratto, non in grado di sostenere le forti domande di significato presenti anche implicitamente nei giovani.
  4. Un serio accompagnamento educa alla lettura e all’interpretazione del desiderio. La castità non reprime i desideri, né li ridicolizza o li nega. Piuttosto li orienta dall’interno, non solo invitando a viverli secondo l’alleanza (cf Mt 5,28), ma sostenendo il tentativo del giovane che si apre a un modo diverso, più profondo, di guardare e di decifrare la realtà. Così egli capisce che la sessualità non va né strumentalizzata, né tanto meno sciupata o violentata, ma assunta a partire dal significato che vi si dischiude e che l’attraversa. La “disciplina” del desiderio inizia dalla comprensione del desiderio stesso: da questa nuova lettura possono nascere nuove motivazioni, nuove sensibilità, nuovi apprezzamenti nei confronti della stupenda ricchezza della sessualità: così essa ritrova senza banalizzazioni e riduzioni il suo fine ultimo e il suo senso, consentendo al discepolo di non legare la vita a un altro dio (cf Num 15,39). Va ricordata infine all’educatore la necessità di aiutare gli adolescenti nell’affinamento della capacità critica e nell’acquisizione di nuovi strumenti culturali. Potranno così valutare alla radice quei fenomeni che spesso in loro generano confusione, suggestioni e condizionamenti (permissivismo, uso ludico e precoce della sessualità, narcisismo, pornografia, cadute di evidenze etiche consolidate, irrisione nei confronti della morale cristiana ecc.). Conclusione. Il discorso della castità cristiana è in qualche modo paradossale, rispetto a una concezione corrente e banale del vivere. Crea delle spinte e delle aperture che sono in ordine al modello evangelico di amore e di libertà. Per questo non sarà facilmente capito da tutti. Ma ai giovani non dispiace una coraggiosa proposta cristiana di castità: spesso la esigono dagli educatori, pur nella consapevolezza delle loro contraddizioni e dei facili compromessi. I giovani e gli adolescenti intuiscono, forse più degli adulti, che c’è in gioco l’amore vero e l’uso corretto dell’inestimabile patrimonio della sessualità. Temono anche di esaurire le risorse che la natura offre per aiutarli a fare scelte di amore. Chi non ha il coraggio di indicare ai giovani itinerari di castità per educarli all’amore, dimostra a sua volta di non saperli amare veramente. […]

 di Card. Carlo Maria Martiniwww.chiesadimilano.it (Sezione Cardinale Carlo Maria Martini).

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