La chiesa a loro dedicata conserva la memoria dei santi martiri Marcellino e Pietro il 2 giugno, ma non le loro spoglie mortali. Le reliquie si trovano infatti in alcune chiese in Germania e in Italia a dimostrazione della loro grande popolarità e di una profonda devozione, tanto che i loro nomi compaiono in una delle preghiere eucaristiche più antiche, quella risalente al pontificato di papa Vigilio, tra il 537 e il 555.
L’edificio si trova a Roma, esattamente all’incrocio tra via Labicana e via Merulana, a un livello leggermente inferiore rispetto al piano stradale attuale.
La grande mattanza
È il 304 e a Roma imperversa la grande persecuzione anticristiana voluta da Diocleziano. È l’ultima, grande mattanza ordinata dall’autorità romana prima della clemenza di Costantino. Il secondo dei quattro editti con i quali Diocleziano pianifica l’annientamento dei cristiani impone in particolare l’arresto di vescovi, sacerdoti, diaconi.
Molti vengono giustiziati, perché i tribunali hanno facoltà di emettere la sentenza capitale. È in questo frangente che il sacerdote Marcellino finisce in carcere. Come tanti, il prete rifiuta di abiurare la fede, e tante prigioni diventano piccole comunità di credenti.
Il martirio nascosto
In carcere Marcellino conosce Pietro, un esorcista. Insieme annunciano Cristo e molti si convertono e chiedono il Battesimo. I racconti agiografici, dai dettagli più o meno leggendari, riferiscono di miracoli, come la guarigione della figlia del loro carceriere.
Per il giudice evidentemente è troppo, i due devono essere tolti di mezzo. Qui la storia si fa più certa grazie a Papa Damaso I (m. 384), che la racconta qualche decennio dopo attestando di averla appresa in gioventù dalla bocca dello stesso carnefice. Marcellino e Pietro vengono torturati, portati in un bosco conosciuto come Selva Nera, costretti all’ultima, crudele umiliazione – scavare da sé la propria fossa – infine decapitati.
Per la legge giustizia è fatta e la scelta della boscaglia è una scaltrezza aggiuntiva: oscurare per sempre il luogo dell’esecuzione. Calcolo sbagliato. I corpi furono però ritrovati e recuperati dalla matrona romana Lucilla e sepolti nel cimitero chiamato ad duas lauros sulla via Casilina, nel quartiere Prenestino-Labicano.
Costantino nel 330 fece quindi costruire la chiesa detta dei Santi Marcellino e Pietro ad duas lauros vicino al Mausoleo di Elena, madre dell’imperatore.
Una devozione che si irradia
La grande popolarità dei due martiri si riflette nella dispersione delle loro reliquie. Papa Gregorio IV le inviò in Francia dove Eginardo, consigliere di Carlo Magno, le avrebbe traslate nell’abbazia di Seligenstadt sul Meno, presso Magonza.
Eginardo scrisse il De Translatione et miraculis sanctorum Marcellini et Petri (La traslazione e i miracoli dei santi Marcellino e Pietro). Altri frammenti ossei si trovano in diverse chiese italiane, come in Abruzzo, a Montedorisio nella chiesa di San Giovanni Battista e nella chiesa di Santa Maria Maggiore in Campania, a Piedimonte Matese, dove i santi sono patroni della città.