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La Pasqua è la nostra speranza

Papa Francesco, durante l’Udienza generale di mercoledì 31 marzo ci ha parlato del Triduo pasquale  «Già immersi nel clima spirituale della Settimana Santa, siamo alla vigilia del Triduo pasquale. Da domani a domenica vivremo i giorni centrali dell’Anno liturgico, celebrando il mistero della Passione, della Morte e della Risurrezione del Signore. E questo mistero lo viviamo ogni volta che celebriamo l’Eucaristia.

Quando noi andiamo a Messa, non andiamo solo a pregare, no: andiamo a rinnovare, a farlo di nuovo, questo mistero, il mistero pasquale. Questo è importante non dimenticarlo. È come se noi andassimo al Calvario è lo stesso  per rinnovare, per fare di nuovo il mistero pasquale.

Da quando Gesù ha preso su di sé le piaghe dell’umanità e la stessa morte, l’amore di Dio ha irrigato questi nostri deserti, ha illuminato queste nostre tenebre. Perché il mondo è nelle tenebre. Facciamo un elenco di tutte le guerre che si stanno combattendo in questo momento; di tutti i bambini che muoiono di fame; dei bambini che non hanno educazione; di popoli interi distrutti dalle guerre, dal terrorismo.

Di tanta, tanta gente che per sentirsi un po’ meglio ha bisogno della droga, dell’industria della droga che uccide… È una calamità, è un deserto! Ci sono piccole “isole” del popolo di Dio, sia cristiano sia di qualsiasi altra fede, che conservano nel cuore la voglia di essere migliori.

Ma diciamoci la realtà: in questo Calvario di morte, è Gesù che soffre nei suoi discepoli. Durante il suo ministero, il Figlio di Dio aveva sparso a piene mani vita, guarendo, perdonando, risuscitando… Adesso, nell’ora del supremo Sacrificio sulla croce, porta a compimento l’opera affidatagli dal Padre: entra nell’abisso della sofferenza, entra in queste calamità di questo mondo, per redimere e trasformare.

E anche per liberare ognuno di noi dal potere delle tenebre, dalla superbia, dalla resistenza a essere amati da Dio. E questo, solo l’amore di Dio può farlo. Dalle sue piaghe siamo stati guariti (cfr 1 Pt 2,24), dice l’apostolo Pietro, dalla sua morte siamo stati rigenerati, tutti noi.
E grazie a Lui, abbandonato sulla croce, mai più nessuno è solo nel buio della morte. Mai, Lui è sempre accanto: bisogna soltanto aprire il cuore e lasciarsi guardare da Lui»

I giorni della  Settimana  Santa, quest’ anno  in un momento tutto particolare, ci mettono davanti agli occhi con la forza e l’evidenza dei fatti raccontati da chi li visse, la straordinaria vicenda di Gesù di Nazareth che dà tutto, il suo tempo, la sua reputazione, la sua giovinezza, la sua vita per dimostrarci che Dio ci ama.

Chissà se almeno in alcuni di noi succederà un miracolo; riuscissimo a scartare dal cellofan questo dono prezioso e potessimo ammirarlo come per la prima volta, toccare con mano questo amore di Gesù Cristo, liberi dall’assuefazione del già sentito dire! I giorni della  Settimana Santa sono densi di avvenimenti, una sintesi, una esplosione dell’amore di Gesù Cristo che mai riusciamo a comprendere fino in fondo.

La morte di Cristo, la sua passione è una componente fondamentale del mistero pasquale. Noi celebriamo in modo particolare il venerdì santo, San Francesco l’ha celebrato in modo del tutto speciale al momento della sua  morte, conscio che in quel momento si compiva in lui il mistero di Cristo.  Dal come ci è tramandato l’avvenimento ci appare chiaro come San Francesco avesse coscienza di compiere una funzione sacra celebrando la sua morte, la morte di Cristo. San Francesco non subisce la morte, egli la vive, l’accoglie e la cerca facendosi  materia della sua liturgia e del suo rendimento di grazie.

San Francesco fa della sua morte  un momento veramente personale e libero, carico di un’intensità  particolare. Per San Francesco la morte non è un’improvvisazione ma l’esito di una vita intera,essa non è la fine, è un compimento, un passaggio. San Francesco si era preparato a quest’incontro: «io ho meditato spesso di giorno e di notte sulla mia fine. Ma dopo la tua visione io sono stato costretto  a meditare ogni giorno sulla mia morte» (Spec 121:1821 ).Domandando che lo si riconducesse alla Porziuncola, San Francesco intende manifestare che la sua morte altro non vuole essere che l’occasione di ricapitolare tutta una vita: è proprio alla Porziuncola  che egli ha dato inizio alla sua vita di penitenza, è là  che è nato l’ Ordine, che Chiara è stata consacrata al Signore

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