Commento al Vangelo
Siateci!
Mc 11,1-10;14,1-15,47
Don Cristian Solmonese
Come è andata questa Quaresima amici? Siamo ormai alla fine, spero che sia andata bene.
Ma a questo punto non importa perché in questa domenica delle Palme e della Passione di Gesù, siamo arrivati ormai alla conclusione di quello che potevamo fare.
Ci è stato proposto di andare nel deserto con Gesù per tentare di riunire la nostra anima con il nostro casino che si chiama vita, con i nostri impegni. Dio ci ha mostrato piccoli momenti di luce come delle boccate d’aria per poter vivere il deserto.
Ci ha chiesto di entrare dentro il nostro cuore, il nostro tempio e di non mercanteggiarlo; infine come i greci abbiamo ascoltato questa voglia di vedere Gesù, di dare un volto al loro desiderio. Ora ritorna quella bellissima domanda dei discepoli: dove vuoi che andiamo a preparare la Pasqua? Non c’è più tempo ormai, bisogna organizzarsi.
La liturgia in questi giorni ci racconterà le ultime ore della vita di Gesù. È come se gli orologi della liturgia che corrono lungo l’arco dell’Anno Liturgico rallentassero in questa settimana per vedere lo spettacolo della croce. La liturgia in questa domenica sovrappone due momenti perché rischiamo che da questa domenica saltiamo tutto fino a domenica prossima, ahimè! Poiché tutti non possono trovare il tempo per celebrare la Pasqua, la liturgia anticipa il racconto della Passione.
Il primo momento è questa discesa di Gesù cavalcando un ciuchino da Betfage, passando per la valle del Cedron e probabilmente passando per la porta d’oro (oggi murata) fino ad entrare in città. È accompagnato da una scena unica, tenerissima: la stessa folla che da lì a qualche giorno griderà crocifiggilo, riconosce in Gesù questo messia che scende in città e prende possesso della città. Un messia che non ha potere terreno, umile, senza destrieri, stendardi e gonfaloni.
Questo ribaltamento di prospettiva siamo chiamati a vivere in questa settimana. Sediamoci e guardiamo, non facciamo sempre i protagonisti. Fermiamoci a guardare Colui che dice di essere Re della nostra vita. Diciamoglielo oggi che Lui è importante per la nostra vita. Oggi ascolterete anche il racconto della passione, quest’anno di Marco, ricco di elementi. Vi invito a leggerlo anche in questa settimana. Leggetelo e provate ad identificarvi, a chiedervi chi siete in quel racconto.
Da quella stanza del piano superiore che potrebbe essere la mia vita in cui Gesù ci chiede di poter celebrare la sua Pasqua. Da quella cena che è l’ultima ma la prima dove lui ci ha amati e ci ha donato il suo corpo e il suo sangue rendendoci suoi sacerdoti; da quella notte passata nel “agat schamim”, il Getsemani, dove lui si rifugiava spesso e quella notte passò in agonia pensando di dover fare quel gesto che poteva essere completamente inutile. Siateci in questa passione, siateci.
Al processo giudaico in cui Gesù è stato processato in contumacia perché, come il vangelo di Giovanni ci fa notare, Gesù era già stato processato e condannato. Si tratta solo di notificargli l’accusa. Gesù non risponde ai personaggi soliti che conosciamo.
C’è una sovrabbondanza di umanità in tutti questi personaggi: c’è l’umanità fragile, anche sciocca come quella di Giuda che vuole forzare la mano a Dio; c’è l’umanità di Pietro che crede di aver capito qualcosa invece non ha capito nulla. Allora meditate la passione, siateci, trovatevi in quei personaggi che forse ci appartengono tutti.
In questo racconto si compie ancora una volta la memoria di questo amore di Dio enorme per me e per te. Perché Gesù muore in croce? Perché deve arrivare fino a quel punto? Ve lo siete mai chiesti? Non è per i soliti luoghi comuni che conosciamo. Era necessario che Gesù morisse? Io penso di no. Egli ha dato tutto, ha svelato in tutto il volto del Padre, con parole ed opere per tre anni. Ha vissuto con coerenza tutto quello che diceva. Ha operato segni, prodigi e parole per tre anni. Nonostante questo l’essere umano non ha capito, non ce l’ha fatta.
Gesù giunge a quella vigilia del giovedì Santo, a quel 6 aprile dell’anno 30, a quel 7 aprile dell’anno 30 giorno della sua crocifissione, completamente solo e abbandonato da tutti. È solo e in questo senso nell’agonia del Getsemani soffre tutta la solitudine degli uomini. Gesù soffre tanto, ma ho visto gente soffrire più di Gesù e non hanno salvato nessuno. Perché non è il dolore che salva, con buona pace di Mel Gibson, ma è l’amore. L’amore di chi compie un gesto senza sapere come andrà a finire.
Una cosa è fare un video e un altro è pendere dalla croce. Gesù sceglie di consegnarsi, di lasciarsi andare. Nudo e appeso ci mostra tutto il volto di Dio. Ma è una fatica decidere di farlo. La fatica nell’orto degli ulivi consiste non tanto in una sofferenza fisica e spirituale, ma nella certezza che quel gesto potrebbe non servire a niente e il demonio glielo ha fatto notare: i suoi dormono, uno di loro è andato a tradirlo, l’altro tra poco lo rinnegherà. Che cosa si va a far ammazzare? L’uomo non cambierà mai!
Questa è l’ultima tentazione di Cristo. Negli anni di Gesù ci sono milioni di persone morte in croce e nessuno conosce il nome. Gesù corre lo stesso rischio, quello di essere dimenticato. Gesù decide di mostrare veramente chi è anche a costo di non essere capito. Sperimenta l’angoscia che anche noi uomini proviamo. Cosa faremo? Gli porgeremo la spugna imbevuta di aceto della nostra differenza o cadremo in ginocchio come il centurione che vedendolo morire in quel modo dice che è il Figlio di Dio? Che sia questa domenica la domenica che ci introduce nella grande settimana, mettendo da parte tutto, per guardare a colui che si dona fino in fondo. L’amore salverà il mondo.
Buona settimana santa!
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Siateci! Mc 11,1-10;14,1-15,47
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Don Cristian Solmonese
Come è andata questa Quaresima amici? Siamo ormai alla fine, spero che sia andata bene.
Ma a questo punto non importa perché in questa domenica delle Palme e della Passione di Gesù, siamo arrivati ormai alla conclusione di quello che potevamo fare.
Ci è stato proposto di andare nel deserto con Gesù per tentare di riunire la nostra anima con il nostro casino che si chiama vita, con i nostri impegni. Dio ci ha mostrato piccoli momenti di luce come delle boccate d’aria per poter vivere il deserto.
Ci ha chiesto di entrare dentro il nostro cuore, il nostro tempio e di non mercanteggiarlo; infine come i greci abbiamo ascoltato questa voglia di vedere Gesù, di dare un volto al loro desiderio. Ora ritorna quella bellissima domanda dei discepoli: dove vuoi che andiamo a preparare la Pasqua? Non c’è più tempo ormai, bisogna organizzarsi.
La liturgia in questi giorni ci racconterà le ultime ore della vita di Gesù. È come se gli orologi della liturgia che corrono lungo l’arco dell’Anno Liturgico rallentassero in questa settimana per vedere lo spettacolo della croce. La liturgia in questa domenica sovrappone due momenti perché rischiamo che da questa domenica saltiamo tutto fino a domenica prossima, ahimè! Poiché tutti non possono trovare il tempo per celebrare la Pasqua, la liturgia anticipa il racconto della Passione.
Il primo momento è questa discesa di Gesù cavalcando un ciuchino da Betfage, passando per la valle del Cedron e probabilmente passando per la porta d’oro (oggi murata) fino ad entrare in città. È accompagnato da una scena unica, tenerissima: la stessa folla che da lì a qualche giorno griderà crocifiggilo, riconosce in Gesù questo messia che scende in città e prende possesso della città. Un messia che non ha potere terreno, umile, senza destrieri, stendardi e gonfaloni.
Questo ribaltamento di prospettiva siamo chiamati a vivere in questa settimana. Sediamoci e guardiamo, non facciamo sempre i protagonisti. Fermiamoci a guardare Colui che dice di essere Re della nostra vita. Diciamoglielo oggi che Lui è importante per la nostra vita. Oggi ascolterete anche il racconto della passione, quest’anno di Marco, ricco di elementi. Vi invito a leggerlo anche in questa settimana. Leggetelo e provate ad identificarvi, a chiedervi chi siete in quel racconto.
Da quella stanza del piano superiore che potrebbe essere la mia vita in cui Gesù ci chiede di poter celebrare la sua Pasqua. Da quella cena che è l’ultima ma la prima dove lui ci ha amati e ci ha donato il suo corpo e il suo sangue rendendoci suoi sacerdoti; da quella notte passata nel “agat schamim”, il Getsemani, dove lui si rifugiava spesso e quella notte passò in agonia pensando di dover fare quel gesto che poteva essere completamente inutile. Siateci in questa passione, siateci.
Al processo giudaico in cui Gesù è stato processato in contumacia perché, come il vangelo di Giovanni ci fa notare, Gesù era già stato processato e condannato. Si tratta solo di notificargli l’accusa. Gesù non risponde ai personaggi soliti che conosciamo.
C’è una sovrabbondanza di umanità in tutti questi personaggi: c’è l’umanità fragile, anche sciocca come quella di Giuda che vuole forzare la mano a Dio; c’è l’umanità di Pietro che crede di aver capito qualcosa invece non ha capito nulla. Allora meditate la passione, siateci, trovatevi in quei personaggi che forse ci appartengono tutti.
In questo racconto si compie ancora una volta la memoria di questo amore di Dio enorme per me e per te. Perché Gesù muore in croce? Perché deve arrivare fino a quel punto? Ve lo siete mai chiesti? Non è per i soliti luoghi comuni che conosciamo. Era necessario che Gesù morisse? Io penso di no. Egli ha dato tutto, ha svelato in tutto il volto del Padre, con parole ed opere per tre anni. Ha vissuto con coerenza tutto quello che diceva. Ha operato segni, prodigi e parole per tre anni. Nonostante questo l’essere umano non ha capito, non ce l’ha fatta.
Gesù giunge a quella vigilia del giovedì Santo, a quel 6 aprile dell’anno 30, a quel 7 aprile dell’anno 30 giorno della sua crocifissione, completamente solo e abbandonato da tutti. È solo e in questo senso nell’agonia del Getsemani soffre tutta la solitudine degli uomini. Gesù soffre tanto, ma ho visto gente soffrire più di Gesù e non hanno salvato nessuno. Perché non è il dolore che salva, con buona pace di Mel Gibson, ma è l’amore. L’amore di chi compie un gesto senza sapere come andrà a finire.
Una cosa è fare un video e un altro è pendere dalla croce. Gesù sceglie di consegnarsi, di lasciarsi andare. Nudo e appeso ci mostra tutto il volto di Dio. Ma è una fatica decidere di farlo. La fatica nell’orto degli ulivi consiste non tanto in una sofferenza fisica e spirituale, ma nella certezza che quel gesto potrebbe non servire a niente e il demonio glielo ha fatto notare: i suoi dormono, uno di loro è andato a tradirlo, l’altro tra poco lo rinnegherà. Che cosa si va a far ammazzare? L’uomo non cambierà mai!
Questa è l’ultima tentazione di Cristo. Negli anni di Gesù ci sono milioni di persone morte in croce e nessuno conosce il nome. Gesù corre lo stesso rischio, quello di essere dimenticato. Gesù decide di mostrare veramente chi è anche a costo di non essere capito. Sperimenta l’angoscia che anche noi uomini proviamo. Cosa faremo? Gli porgeremo la spugna imbevuta di aceto della nostra differenza o cadremo in ginocchio come il centurione che vedendolo morire in quel modo dice che è il Figlio di Dio? Che sia questa domenica la domenica che ci introduce nella grande settimana, mettendo da parte tutto, per guardare a colui che si dona fino in fondo. L’amore salverà il mondo.
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