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Restaurato il cappuccio che il Santo ha indossato per 64 anni

Restaurato il cappuccio che il Santo ha indossato per 64 anni

Giovan Giuseppe della Croce

di Maria Lauro

Sabato 27 febbraio, in pieno novenario del Santo patrono dell’Isola d’Ischia, S. Giovan Giuseppe della Croce, sono stati presentati i lavori di restauro del Cappuccio del Santo, indossato da questi per ben 64 anni, e i risultati delle prime indagini svolte sulla maschera funeraria e su una serie di reliquie conservate nella Chiesa Collegiata dello Spirito Santo in Ischia Ponte.

Prima portato in processione e solennemente venerato, a partire dal 1968 il Cappuccio, custodito in una scarabattola dorata, è rimasto accantonato in una nicchia laterale della cappella di S. Giovan Giuseppe della Croce, nella chiesa che è anche santuario a lui dedicato. La fervente devozione al Santo e lo spirito di iniziativa del parroco don Carlo Candido e dei Compatroni della Collegiata hanno portato al restauro dell’insigne reliquia del Santo Patrono.

La Reliquia, di proprietà di monsignor Pasquale Sansone, giunse a Ischia quando questi, nel 1792, vi si insediò come vescovo. Tale era l’affezione che questi provava per la Chiesa Collegiata, da chiedere che la sua sepoltura avvenisse in loco, e da donare la reliquia di S. Giovan Giuseppe e il corpo del santo martire S. Pio. Queste le disposizioni testamentarie del vescovo, corredate, per quanto riguarda il Cappuccio, da un attestato di autenticità a firma di Fra Gaetano di S. Nicola, Ministro Provinciale degli Alcantarini di Napoli, che dichiara di aver donato, in S. Lucia al Monte, a don Domenico Sansone (parente del vescovo) il cappuccio indossato dal Santo per ben 64 anni. L’attestato ha la data del 1733, anno precedente la morte di S. Giovan Giuseppe.

La Reliquia, di proprietà di monsignor Pasquale Sansone, giunse a Ischia quando questi, nel 1792, vi si insediò come vescovo

Supportati da questa documentazione, il parroco e la Chiesa Collegiata hanno proceduto a darmi l’incarico di muovermi in direzione del restauro. Mi sono avvalsa della competenza di Marilena Bergantino, restauratrice di tessuti antichi e collaboratrice della dottoressa Lucia Portoghesi, archeologa, restauratrice, storica del costume ed esperta di fama internazionale. Il Cappuccio, di lana grezza, è risultato essere di chiara foggia alcantarina, in quanto la forma risulta essere a punta e il tessuto policromo, formato da una trama scura e un ordito chiaro, in più parti rattoppato. Da notare che il Cappuccio è l’unico pezzo del vestiario del Santo a noi pervenuto, proprio perché il Santo fu costretto per obbedienza a cambiarlo. Come è noto, l’abito, indossato per tutta la vita, fu sottratto e parcellizzato a furor di popolo al momento della morte, data la notoria prodigiosità.

Insieme al Cappuccio è conservata nella stessa scarabattola, la maschera funeraria del Santo. Oggetto di studio a cura della dott.ssa Marielva Torino, (medico specialista in Paleopatologia e dottore di ricerca in Archeologia presso l’Università Suor Orsola Benincasa), con la collaborazione del dott. Pasquale Muro e del Centro Medico Chirurgico della Casa di cura S. Giovan Giuseppe della Croce, dalle prime indagini la maschera funeraria risulta appartenere ad un individuo avanti negli anni, come lo era S. Giovan Giuseppe, con tratti ben delineati. Inclusi nella maschera, sopracciglia, ciglia e peli di barba, inclusioni compatibili con una maschera funeraria cerea, dovuti allo strappo della maschera dal volto.

Insieme al Cappuccio è conservata nella stessa scarabattola, la maschera funeraria del Santo

I capelli sulla maschera, disposti in modo intenzionale e perfetto, risultano, dai primi esami condotti dalla dott.ssa Assunta Virtuoso e dal prof. Michele Papa del Dipartimento di Anatomia Umana dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, essere umani.

Lo studio supportato da indagini diagnostiche a cura del dott. Giorgio Troisi del Laboratorio di Restauro dell’Università Suor Orsola Benincasa, ha riguardato anche le reliquie poste nella scarabattola dorata, sigillate dal vescovo Felice Romano (1854-1872),ossia un osso e forse un fermaglio del mantello. Particolare attenzione, poi, è stata rivolta anche alle altre reliquie (conservate sempre nella Chiesa Collegiata dello Spirito Santo) da parte del vice parroco don Antonio Mazzella e del reliquiarista Antonino Cottone, che lo scorso anno hanno effettuato una ricognizione di una reliquia del Santo, ossia una vertebra, giunta ad Ischia nel 1934 con il vescovo mons. Ernesto De Laurentis, in occasione del 2° Centenario della morte di S. Giovan Giuseppe della Croce.

La cura delle reliquie, nel corso degli anni, testimonia quale fervente devozione ci fosse nei riguardi di San Giovan Giuseppe della Croce e la particolare attenzione loro riservata, soprattutto da parte dei vescovi Sebastiano De Rosa, Pasquale Sansone, Giuseppe D’Amante, Felice Romano, Francesco De Nicola, Pasquale Ragosta ed Ernesto De Laurentis, ne è la conferma. Anche mons. Agostino D’Arco, ischitano e vescovo di Castellamare di Stabia, ha sempre zelato il culto del Santo e, grazie a lui, tra le reliquie possiamo annoverare anche un sandalo.

Importante poi è notare il luogo deputato al culto del Santo che, a partire dal 1789, anno della sua Beatificazione, è sempre stato la Collegiata dello Spirito Santo, in cui il vescovo Sansone, come abbiamo ricordato prima, voleva essere sepolto e che purtroppo, per avversi scenari storici (1799: nascita della Repubblica Partenopea), non ha potuto accogliere le sue spoglie, come invece aveva accolto le reliquie da lui donate e che tanta affezione avevano nel suo cuore e in quello degli Ischitani. Ricordiamo, per finire, il vescovo Mons. Filippo Strofaldi, che si è prodigato per il rientro sull’isola delle spoglie mortali del Santo, nel 2003, e ha elevato la Collegiata dello Spirito Santo a Santuario Diocesano di S. Giovan Giuseppe della Croce.

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