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Beatificazione di Armida Barelli, cofondatrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

Convegno sui talenti delle donne nell’Aula Pio XI dell’Università Cattolica di Milano. La prorettrice Sciarrone: Armida ebbe uno “sguardo lungo” sul valore delle donne nella società, il suo messaggio “Progettate, attivatevi ma, soprattutto, sperate e amate”

È stata proclamata beata sabato 30 aprile nel Duomo di Milano Armida Barelli, cofondatrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. A poche ore dal momento tanto atteso, l’Ateneo ha ospitato il convegno del ciclo intitolato “Singolare femminile”, promosso insieme all’Istituto Giuseppe Toniolo, ente fondatore dell’Università Cattolica. L’obiettivo è far conoscere la figura e l’opera di Armida Barelli (1882-1950), anche in vista della 98esima Giornata universitaria del 1° maggio sul tema “Con cuore di donna. Al servizio della cultura e della società”.

Armida Barelli (seconda da sx, in prima fila) e i dirigenti della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, nel 1928 (Archivio generale per la storia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Sezione fotografica)

“Singolare femminile”, il contributo delle donne 

Dopo il saluto del rettore dell’Ateneo Franco Anelli, interverranno al simposio Antonella Sciarrone Alibrandi, prorettrice vicaria; Elvina Finzi, ingegnere nucleare; suor Maria Grazia Girolimetto, badessa del monastero Mater Ecclesiae di Orta San Giulio, Silvia Vegetti Finzi, psicologa e accademica, Cristina Scocchia, amministratore delegato Illycaffè e Katerina Poteriaieva, violinista ucraina dell’Orchestra di Leopoli. Come i due precedenti incontri della serie “Singolare femminile”, anche quello di oggi vuol mettere in luce l’importanza della presenza femminile nella vita dell’Università e quindi nella società, individuando tratti specifici come idealità, disponibilità al futuro, generatività.

Il percorso verso la beatificazione

La fase diocesana per l’accertamento delle virtù eroiche di Armida Barelli si è svolta a Milano dall’8 marzo 1960 al 10 luglio 1970. Il 20 febbraio 2021 Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo a un miracolo per sua intercessione dando il via libera alla sua beatificazione. Dall’8 marzo 1953 il corpo di Armida Barelli riposa nella cripta della cappella della sede principale dell’Università Cattolica a Milano. La sua beatificazione sarà ora un forte contributo ad una sua più diffusa conoscenza. E’ quanto si augura, insieme a tutta la comunità dell’Università Cattolica, la prorettrice vicaria Antonella Sciarrone  

Professoressa Sciarrone, lei di recente in un articolo su Avvenire ha scritto che Armida Barelli è stata “una donna con la visione del futuro”. Può spiegarci che cosa voleva dire?

Io credo che Armida Barelli, che è vissuta in un epoca storica particolare in Italia – tra la fine dell’800 e la prima metà del 900 -, abbia saputo vedere lontano sotto tanti punti di vista. Il primo sicuramente ha che fare con l’Università Cattolica e con il progetto che lei ha fortemente voluto di un Ateneo che fosse per tutti, non un Ateneo di élite, un Ateneo che potesse essere anche un’occasione per aprire alle donne le stesse opportunità di formazione che hanno gli uomini. E il tema delle donne è un altro tema molto presente su cui Armida sicuramente ha avuto uno sguardo lungo perché la questione femminile – non nel senso delle rivendicazioni ma nel senso dell’importanza di valorizzare i talenti delle donne formandole adeguatamente, rendendole consapevoli del loro valore  -, è un’altra delle sue convinzioni più profonde. E l’ultima visione lunga di Armida Barelli ha a che fare con la sua scelta di consacrarsi, e di consacrarsi però senza prendere i voti, dando vita ad una forma di apostolato molto innovativo per quegli anni.

Armida si impegnò nel secondo Dopoguerra perché in Italia le donne andassero a votare e perché comprendessero l’importanza del loro impegno nella società formandosi a questo…

Sì, è proprio così, nel senso che, come dicevo poco fa, l’attenzione per le donne in Armida Barelli è sempre stata molto presente e non a caso ha anche accettato di costituire la Gioventù Femminile nell’ambito dell’Azione Cattolica, sempre con questa intenzione di far crescere la consapevolezza delle donne nel loro valore. E nell’occasione della prima possibilità di partecipazione per loro al voto, ha fatto un bel lavoro andando in giro, in lungo e in largo, in tutto il Paese, e non tanto per invitare le donne a votare per questo o quel partito, ma per invitarle a votare in modo consapevole considerando i principi della Dottrina sociale della Chiesa e i valori propri del cattolicesimo e orientando il voto verso coloro che maggiormente intendevano realizzarli nel loro programma.

L’incontro con padre Gemelli è stato fondamentale per Armida, unica donna nel gruppo dei fondatori dell’Università Cattolica e anche l’elemento più concreto e pragmatico, fu infatti la cassiera dell’Ateneo nascente. Comunque non erano tempi facili per le donne. Armida soffrì di questo contesto culturale? In fondo dobbiamo dire che è molto meno conosciuta rispetto a padre Gemelli…

E’ vero, è molto meno conosciuta e negli anni si è legata la nascita dell’Università Cattolica sicuramente di più a padre Gemelli. A me piace sempre sottolineare però che l’Università è nata, in realtà, grazie a un gruppo di amici. Erano un gruppo di persone molto diverse tra loro che però condividevano determinati valori e condividevano l’importanza di dare vita ad un Ateneo dove si potesse consolidare e rafforzare la cultura in senso lato come espressione dei valori del cristianesimo. Secondo me, il fatto che Armida Barelli fino a poco tempo fa sia stata poco conosciuta, deriva un po’ anche dalle sue caratteristiche personali. Nel senso che era una donna che amava molto fare più che farsi vedere: era molto fattiva, organizzativa, progettuale, viene definita anche “cucitrice di opere” perché sapeva mettere insieme una quantità incredibile di progetti anche molto diversi. Allora, c’è voluto un po’ più di tempo per comprendere quanto sia stata decisiva come figura per la nostra Università e se non ci fosse stata lei certamente, a più di 100 anni dalla nostra fondazione, non saremmo l’Università Cattolica più grande d’Europa.

di Adriana Masotti

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