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Liturgia e pietà popolare

IV incontro di formazione diocesana a cura del Prof. Franco Magnani

Liturgia e pietà popolare hanno un rapporto stretto e inscindibile: l’una si nutre dell’altra e insieme formano il sistema immunitario della nostra Chiesa. Questo è stato il tema sviluppato da don Franco Magnani nell’ultimo degli incontri di formazione liturgica diocesana che si è svolto lunedì 19 maggio scorso presso il Palazzo del Seminario. L’incontro è servito a far luce su una tematica, quella del valore della pietà popolare, che è stata spesso oggetto di dibattito. Fino a non molti anni fa, infatti, dire che la pietà popolare costituisce parte del sistema immunitario della Chiesa avrebbe fatto irritare tutti i liturgisti. Questi ultimi erano convinti che, poiché il Concilio Vaticano II aveva rivalutato e riorganizzato la Liturgia come preghiera di tutto il popolo, ridimensionando il vecchio modello celebrativo clericalizzato e sterile, la pietà popolare non avesse più motivo di essere considerata. In altri termini: se la pietà popolare era stata generata da celebrazioni sclerotizzate e staccate dal popolo e la Liturgia era ridiventa vera preghiera corale del popolo, la pietà popolare non ha più motivo di esistere. Per tale motivo essa era stata messa da parte, derubricata a manifestazione folkloristica, soprattutto in alcune regioni del nord dell’Italia.

Ancora una volta, però – ci ha spiegato il prof. Magnani – bastava solo mettere in pratica correttamente quanto espresso dal Concilio Vaticano II, in special modo nella Costituzione Sacrosantum Concilium. Già Paolo VI, nel post Concilio, aveva dettato linee guida molto chiare nel documento Marialis Cultus del 1974, invitando a dare al culto mariano il giusto peso e la corretta considerazione teologica. Anche la sua Evangelii Nuntiandi, del 1975 conteneva ulteriori indicazioni sulla necessità di considerare la legittimità delle devozioni popolari. Tuttavia si è continuato a ritenere che la pietà popolare fosse solo la sorella minore della Liturgia, ad essa non si è dato spazio ed è, di conseguenza, negli anni, divenuta oggetto di attenzione e studio da parte di discipline non teologiche come la sociologia e l’antropologia, di ispirazione marxista, che hanno fornito una lettura ideologica della pietà popolare, classificata come espressione delle classi meno agiate e scarsamente istruite, soprattutto perché maggiormente diffusa nel meridione d’Italia.

San Giovanni Paolo II riprende il magistero di Paolo VI, soprattutto nella catechesi Tradendae del 1979 in cui invitava a guardare invece positivamente alla pietà popolare come veicolo provvidenziale per la trasmissione della fede, esortando a non lasciarla in balia dell’approccio sociologico marxista. La pietà popolare, per entrambi i pontefici, è dunque non un accessorio casuale, ma un atteggiamento religioso di fronte a Dio che non va trascurato. È stato poi Papa Francesco – ha affermato Magnani – a dare una vera spallata a un atteggiamento che nella Chiesa era molto diffuso ed aveva portato nei decenni dopo il Concilio a non investire in studi appropriati sulle devozioni popolari, disprezzate con una punta di arroganza dai liturgisti. Papa Francesco ha autorevolmente e con fermezza invitato tutti a riscoprire la pietà popolare come humus per recuperare il suo valore per la Liturgia. L’espressione che ha dato il titolo all’intervento del prof. Magnani (“Pietà popolare come sistema immunitario della Chiesa”) è apparsa in Evangelii Gaudium, l’Esortazione Apostolica di Papa Francesco che soprattutto nella seconda parte contiene importanti indicazioni sulle devozioni.

Tale espressione non è stata però inventata da Francesco, egli l’ha infatti mutuata da un discorso del vescovo teologo Mons. Sigismondi, il quale a chi gli rimproverava di voler oscurare la Liturgia con la pietà popolare, rispondeva che se la pietà popolare è il sistema immunitario della Chiesa, la Liturgia rappresenta il sistema nervoso. Il Prof. Magnani ha però sottolineato che Papa Francesco invitava anche a non tralasciare o disconoscere le ambiguità e le distorsioni che a volte si annidano tra le pieghe della pietà popolare. Per tale motivo è bene che vi sia una giusta regolamentazione e, a tale scopo, seguendo le indicazioni del pontefice, nel 2002 la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti della Santa Sede ha pubblicato un testo illuminante “Direttorio sulla pietà popolare e liturgia”, che rappresenta una valida guida per tutte le devozioni scandite nel corso dell’Anno Liturgico. Il testo è diviso in due parti: nella prima parte sono enunciati i principi storici e teologici della Liturgia e della pietà popolare, mentre nella seconda parte sono presentati gli orientamenti essenziali per armonizzare Liturgia e pietà popolare.

Nel raccomandarci vivamente di leggerlo, don Franco ci ha detto che questo documento va integrato con le altre pubblicazioni sullo stesso tema a opera di vescovi italiani dai quali emergono due punti fondamentali:

a) Il mondo della pietà popolare viene riconosciuto dai vescovi non come qualcosa da snobbare, ma come veicolo dei valori della più autentica tradizione cristiana

b) La pietà popolare consente di avvicinare un notevole numero di fedeli che altrimenti non sarebbe raggiungibile in altri modi, tanti fedeli che non vengono in chiesa tutte le domeniche, ma partecipano agli eventi devozionali.

Sintetizzando: la pietà popolare va riscoperta nella sua eccezionale forza evangelizzatrice. Questa intuizione che Papa Francesco mette in evidenza soprattutto in Evangelii Gaudium, derivata senza dubbio dalla sua provenienza dalla tradizione latino–americana dove le devozioni hanno un peso notevole, riconosce che nella pietà popolare si trova una forza evangelizzatrice spontanea che è spinta dall’azione dello Spirito Santo, come il Vangelo che si fa carne. Continuando su questa pista, si arriva a dire che la Liturgia deve andare a scuola della pietà popolare e viceversa, in un rapporto reciproco:

«La Liturgia ha bisogno della pietà popolare per imparare i tratti e le forme che la renderebbero più coinvolgente e vicina alla gente, più ospitale e va riscoperta come humus originario per la vita liturgica che manifesta le caratteristiche essenziali dell’esperienza religiosa. Rispetto alle liturgie angelicate anestetizzate, che non parlano ai sensi, anaffettive, la pietà popolare può insegnare alla Liturgia a recuperare il coinvolgimento dei sensi e dei sentimenti».

Di seguito il link per scaricare gratuitamente il “Direttorio sulla pietà popolare e Liturgia” https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccdds/documents/rc_con_ccdds_doc_20020513_vers-direttorio_it.html

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