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Grajewo (Polonia) 24 maggio 1958 – Ischia 3 maggio 2025

Ho conosciuto don Stanislaw al suo arrivo a Ischia nella primavera del 2002. Ero parroco a Portosalvo dove già avevo accolto un prete polacco che seguiva le persone polacche, allora in grande aumento. Si preparava la visita di Giovanni Paolo II, che avvenne il 5 maggio, occasione per costituire la comunità cattolica polacca, la cui guida fu affidata a don Stanislaw, per la partenza dell’altro sacerdote.

La prima difficoltà per don Stanislaw, e per noi, fu la non conoscenza della nostra lingua. Piano piano, l’accoglienza benevola anche delle persone della comunità parrocchiale, il clima della nostra isola, la vitalità della nascente comunità polacca che si ritrovava nella chiesa e nei propri locali, le sue giornate ordinate al ritmo della preghiera e di una nuova quiete, resero il suo viso sereno, contento, capace di esprimere nella nuova lingua parole di appagamento, di gratitudine, di fraternità.

Man mano che il vocabolario cresceva, il contatto diveniva una relazione sempre più fraterna e profonda. Cresceva intanto il suo inserimento nel presbiterio diocesano e tanti hanno iniziato a scoprire la sua vita spirituale, la serietà nell’impegno, il suo desiderio di autenticità nella fraternità. Ad alcuni è parso anche distante, riservato, se non chiuso.

A me confidava il perché e il come aveva lasciato la Polonia, la diocesi, i familiari. Il racconto, negli anni si è arricchito di tanti particolari. Le sue confidenze a tu per tu, non organizzate, in piedi negli spazi dei locali della parrocchia di Portosalvo, iniziavano con un ricordo e poi continuavano.

Già alle scuole sotto il regime comunista da ragazzo, da adolescente e da giovane, lo studente Stanislaw e i suoi compagni ricevevano ammonimenti per distoglierli dalla fede e dalla partecipazione alla vita della Chiesa. Da giovane studente si ritrovò ad essere l’unico ad andare ancora a Messa, anzi, a fare da ministrante, il che gli procurava rimproveri e prese in giro da parte degli insegnanti. Così la sua entrata in seminario e il suo diventare prete impegnò la polizia a tenerlo d’ occhio, a dargli fastidio, improvvisando atti di intimidazione violenta, possibili incidenti, perquisizioni anche domestiche nella casa parrocchiale, fastidi alle sue attività religiose, specie con i giovani, che sapeva coinvolgere nella vita del vangelo con la sua chitarra e i suoi giochetti. Di detta animazione ne hanno beneficato in particolare la comunità polacca ad Ischia, i nostri spontanei raduni di presbiteri, la comunità di Campagnano.

Ma la Polonia comunista non era Ischia. Là un prete così dava fastidio e andava fermato, essendo legato a quel gruppo di preti attivi attorno a don Jerzy Popiełuszko, il sacerdote brutalmente ucciso nel 1984 da funzionari del ministero dell’interno della Repubblica Popolare di Polonia. Le vessazioni subite hanno minato la salute del nostro, che non reggeva più. Varie patologie e allergie lo hanno fermato. Amici preti e consiglieri spirituali hanno assecondato una sua ispirazione e devozione verso Padre Pio e così è sceso a sud, a Ischia, avendo saputo della nuova comunità che vi si stava formando.

Gli ultimi anni sono apparsi nuovi cedimenti del fisico. Quasi malanni e sofferenze continue. Alcuni interventi chirurgici in Polonia, l’aggressivo tumore degli ultimi mesi, il lungo intervento chirurgico, l’ultimo mese di travaglio, il tutto, sempre, vissuto ogni giorno stretto a Gesù in croce, “bacio di Gesù a lui”, sicuro di essere di Maria, cosciente fino all’ultimo respiro: “vado via, da Gesù”, con l’abbraccio fraterno di chi lo ha accompagnato.

Se un uomo ha saputo vivere e soffrire e morire così, dando la vita per Gesù, per la chiesa, allora abbiamo vissuto, forse senza accorgercene, assieme ad un santo.

Don Gaetano Pugliese

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