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Lectio Divina di Mons. Carlo Villano per la Quaresima presso la Basilica di Santa Restituta in Lacco Ameno (Gv 12, 1-11)

Come un diamante colpito dalla luce che sprigiona una miriade di colori sempre diversi in base all’angolazione di esposizione, così è ogni singola pericope che ci viene presentata di volta in volta durante le celebrazioni o gli eventi ecclesiastici. Così è stato con il brano che il Vescovo Carlo ci ha presentato martedì 8 aprile per la consueta Lectio giubilare, un brano celeberrimo, che tutti ricordiamo, quello nel quale Maria unge i piedi a Gesù nella casa di Betania. Ma il Vangelo ci parla sempre in modo diverso ed è necessario porsi sempre in ascolto, senza cadere nella tentazione del “già lo conosco”. Il testo di Giovanni, sotto le pennellate del Vescovo riacquista colore e significato. Il focus è il nardo, prezioso e profumatissimo olio che nella Bibbia è simbolo di amore fedele e devozione, intorno al quale l’evangelista struttura due blocchi contrapposti: i gesti di Maria e la reazione di Giuda.

Gesù è sulla strada per Gerusalemme, è l’inizio della sua ultima settimana di vita e decide di fermarsi presso la casa dei suoi amici nel villaggio di Betania, dove ancora si celebrava la vita di Lazzaro che era morto. Nella narrazione possiamo scorgere notevoli analogie con gli eventi che Gesù dovrà vivere una volta entrato in Gerusalemme; per lui viene preparata una cena, parola che è la stessa utilizzata per l’ultima cena di Gesù con i discepoli, e Maria unge i piedi di Gesù con il nardo, prefigurando la lavanda dei piedi dei discepoli. Maria lava i piedi di Gesù con una libbra di nardo – circa trecento grammi – che è una misura enorme e dal costo elevato, circa la paga annuale di un operaio dell’epoca:

«Questa misura sta ad indicare un amore grande, smisurato, un amore che non ha calcolo né prezzo. Maria non sta pensando a quanto costa questo nardo, versa tutta la libbra, tutto quello che ha, senza fare calcoli».

Il Vescovo ci ha ricordato quanto questo insegnamento sia in contrasto con la nostra società, dove tutto ha un prezzo e le nostre scelte sono spesso fondate solo sulla convenienza, anche nelle relazioni. Maria invece ci offre un esempio di amore disinteressato, lei segue la regola della gratuità, quella stessa che Gesù avrebbe poi spiegato con il suo sacrificio sulla croce. Maria anticipa – cronologicamente, ma non in senso teologico – quello che sarà il testamento di Gesù. Il profumo che lei usa, ci dice Giovanni, si diffonde per tutta la casa, esso è il segno dell’amore di Dio:

«Se noi nella nostra vita, come Maria rispondiamo all’amore di Dio con il nostro amore, questo amore è quel profumo che si diffonde per tutta la casa, perché ogni gesto che regala il Signore riguarda tutta la casa, il bene che una persona fa è un bene che riguarda tutta la casa, perché il bene è contagioso».

Il Vescovo ha precisato che il termine più adatto per definire il bene è “generativo”, perché in grado di dare vita ad altro bene ed esso, come il nardo di Maria, si diffonde per tutta la casa, cioè nel mondo.

Se il focus del brano è il nardo e la prima parte del brano gira intorno al mirabile uso che ne fa Maria, nella seconda parte Giovanni ci presenta il contrappunto, Giuda, il discepolo che, invece di lasciarsi inebriare dal profumo dell’amore contagioso, oppone resistenza con i suoi ragionamenti utilitaristici: perché sprecare il prezioso nardo con una inutile unzione, mentre si poteva venderlo e dare il ricavato ai poveri? Con le sue riflessioni egli critica il gesto di Maria, apparentemente proponendo un gesto più lodevole, ma Giovanni precisa che diceva questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro:

«Giuda calcola là dove non c’è niente da calcolare, entra con il suo egoismo e sostituisce l’amore con l’interesse personale. Con la scusa dei poveri Giuda serve se stesso».

Il Vescovo ha notato che in questo passaggio Giovanni intende biasimare il falso buonismo che utilizza i poveri e la carità come strumento per raggiungere i propri scopi. La critica di Giuda è aspra, ma Maria tace, non ha bisogno di giustificare il suo agire. Tra i due blocchi, Maria e Giuda, due modi opposti di porsi in relazione con gli altri, si inserisce Gesù, che chiude la questione suggellandola con una citazione dal Libro del Deuteronomio (Dt 15, 11), in cui si raccomanda di “aprire la mano” per sostenere i poveri che sono sempre presenti:

«Qui Giovanni vuole dirci di condividere e di non pensare solo a noi stessi, come stava facendo Giuda in quel momento, usando i poveri per avere denaro per se stesso».

Gesù poi aggiunge che quell’olio sarebbe servito per la sua sepoltura, affermazione che lascia perplessi, visto che l’olio era stato consumato tutto. Qui, ha precisato il Vescovo, molti biblisti leggono la possibilità che l’olio profumato venga conservato nel corpo di Cristo per tutta la settimana, fino al giorno della morte in croce e che esso, o meglio, l’amore che esso rappresentava, gli avrebbe fornito la forza necessaria ad affrontare la terribile prova che lo attendeva.

Il Vescovo ha concluso citando un passo di sant’Agostino: “Ungi i piedi di Gesù, segui le orme del Signore conducendo una vita degna e asciugagli i piedi con i capelli, con te stesso, se hai il superfluo dallo ai poveri e solo così avrai asciugato i piedi del Signore”. A chiusura dell’incontro tutta l’assemblea ha unto con il nardo l’effige di Cristo sulla croce di san Damiano, grazie all’Ufficio di Pastorale Giovanile che ha curato l’organizzazione.

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