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Come è possibile non peccare più?

commento al vangelo

Commento al Vangelo Gv 8,1-12

Autonomia e frustrazione: sono queste le due vie errate percorse dai figli della parabola. In quest’ultima tappa, prima di varcare la soglia del mistero profondo dell’Amore che ci viene narrato nella Settimana Santa, resta da compiere un passo decisivo per diventare davvero popolo, davvero famiglia: riordinare la propria intimità. La straordinaria pagina del Vangelo di Giovanni, che ci racconta l’incontro tra Gesù e la donna adultera, ci sollecita ad andare oltre. Se per i due figli la felicità consisteva nel ritrovare la relazione con il Padre, la donna del Vangelo di questa domenica ci insegna a guarire le ferite affettive – vere e proprie emorragie interiori – che la vita inevitabilmente ci infligge.

Questo brano è inserito nel ciclo liturgico C, poiché si ritiene con buona probabilità che appartenesse originariamente al Vangelo di Luca. La forza narrativa e lo stile, infatti, sono tipicamente lucani, anche se col tempo il passo è stato accolto nel Vangelo di Giovanni. Va ricordato, inoltre, che per lungo tempo questo episodio è stato nascosto, fino a quando Sant’Agostino non esortò tutta la Chiesa a riscoprirlo e ad annunciarlo con tutta la sua forza, così profondamente controcorrente. La storia della donna adultera, di cui non conosciamo né il nome né il passato, colpisce profondamente per la sua forza e intensità. Una donna ferita nella sua affettività, che ha peccato, che vive in una condizione di disordine interiore. Ma cosa significa davvero il peccato di impurità? E, più in generale, cosa è il peccato? Il peccato possiede una duplice dimensione: da una parte, è separazione da Dio; dall’altra, è un’unione disordinata con persone o cose. L’impurità, quindi, nasce da un allontanamento da Dio, che genera caos dentro e fuori di noi.

I due figli della parabola ascoltata domenica scorsa ne sono un esempio: entrambi vivevano legami disordinati — uno era attaccato agli affetti in modo possessivo, l’altro alle cose di casa in modo sterile — ma entrambi, in fondo, erano lontani dal Padre. Dietro ogni errore, dietro ogni scelta sbagliata, c’è un vuoto, una sfiducia, una mancanza che ci spinge a ripiegarci su noi stessi. Ed è proprio questo ripiegamento che inquina e perverte ogni relazione, persino quella con Dio. Le nostre scelte diventano così autoreferenziali, individualiste, incapaci di vero legame, o addirittura manipolatrici dei legami stessi. E non è il semplice pentimento a farci rialzare, quanto piuttosto qualcosa di più profondo: un incontro che ci rimetta in piedi. Anche gli accusatori di questa donna sono, in fondo, nella sua stessa posizione: non si interessano davvero alla sua vita, ma la utilizzano per i propri scopi. La Legge, in realtà, prevedeva che anche l’uomo coinvolto nell’adulterio venisse portato davanti al giudizio. Ma dov’è, allora, questo uomo? È evidente: la condanna era già stata decisa; la donna era solo un pretesto per mettere alla prova Gesù.

Una trappola ben congegnata: se Gesù avesse detto di applicare la Legge, avrebbe violato lo ius gladii riservato ai Romani e smentito l’immagine del Padre misericordioso che aveva annunciato fin lì; se avesse detto di non applicarla, sarebbe stato accusato di andare contro la Legge di Mosè. Un tranello ben architettato. Eppure, Gesù non cade nella provocazione. Si siede come un rabbi, si china a terra e scrive col dito, prendendo tempo e distanza — perché nei momenti di tumulto, non si decide mai. Poi, con poche parole, spiazza tutti: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra». Un’espressione che smaschera l’ipocrisia e mette tutti di fronte alla verità. Chi di noi può davvero dirsi del tutto puro? Chi può affermare che le proprie relazioni siano sempre sane, ordinate, trasparenti? Nessuno. E infatti, uno dopo l’altro, a partire dai più anziani, tutti si allontanano. Il Vangelo si chiude con un invito che, a prima vista, appare paradossale: “Va’ e d’ora in poi non peccare più”. Assurdo, verrebbe da dire. Se il peccato è distanza, è autoreferenzialità, è ferita aperta nella relazione, come può questa donna non peccare più? Come può un essere umano non ricadere nei propri errori? Ed è proprio qui che il Vangelo rivela tutta la sua forza e la sua bellezza. Quando Gesù dice: “Non peccare più”, non le sta consegnando una nuova lista di norme da osservare, non le sta imponendo una legge, un codice morale da seguire. Le sta, invece, aprendo la porta a una nuova relazione, a un’intimità rinnovata — con Lui.

Il racconto si chiude con una scena essenziale e potentissima: sulla scena restano solo Gesù e la donna. Nessun altro. Tutti se ne sono andati. Ed è in questa solitudine colma della presenza di Cristo che la vita della donna cambia. È questa intimità con Lui che la guarisce, che prende il posto del vuoto che l’aveva portata a cercare amori sbagliati, relazioni ferite, affetti malati. È il volto di Cristo che le restituisce dignità, libertà, pienezza. Quando la solitudine dell’essere umano viene colmata dall’amore di Dio, allora sì, diventa possibile non peccare. Non perché diventiamo perfetti, ma perché non siamo più soli. Perché non abbiamo più bisogno di colmare i nostri vuoti con legami fragili o affetti sbagliati. I vizi, gli errori, non si superano semplicemente con l’osservanza di regole etiche. Le norme, i codici, non cambiano il cuore. Se fosse bastata la Legge, Dio non avrebbe avuto bisogno di incarnarsi. E invece Gesù è venuto. Si è fatto carne. Ha conosciuto la condanna, ha sperimentato la solitudine estrema, ha vissuto la separazione più profonda dal Padre sulla croce, per introdurre l’umanità in uno stato nuovo: una relazione viva con Dio, una nuova alleanza fondata sull’amore.

Qual è, allora, la vera alternativa al peccato? È vivere nell’intimità con Lui. È questo il nuovo cammino che si apre per la donna adultera — e per ciascuno di noi. Non ha più bisogno di cercare altri amori per sentirsi viva. Il tempo passato a rincorrere una falsa intimità è finito. Inizia ora una nuova forma di amare, vera, autentica, che nasce dalla relazione con Dio. E questo amore, nessuno potrà mai portarglielo via. Perché l’amore di Dio è eterno. Che novità sorprendente, che forza sconvolgente in questo Vangelo! Ora non ci resta che entrare nella Settimana Santa raccontandoci — con stupore e gratitudine — come Dio ci ha amati. Buona domenica!

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