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La sconfinata compassione di Dio per l’uomo

Catechesi giubilare diocesana di don Paolo Lembo sulla Dei Verbum

Riscoprire la Parola in tempo di Quaresima, magari rileggendo la Dei Verbum, la “Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione”, una delle quattro prodotte dal Concilio Vaticano II. È quanto ci è stato proposto martedì 11 marzo scorso da don Paolo Lembo, vicedirettore della Rete Nazionale di Preghiera, opera pontificia che promuove la preghiera mondiale secondo le intenzioni del Papa. Don Paolo ci ha guidati in un percorso alla riscoperta di questo scritto poco conosciuto, ma molto importante.

Promulgata da Papa Paolo VI il 18 novembre del 1965, la Dei Verbum spicca tra le altre Costituzioni per la sua brevità – sono solo 26 brevi paragrafi -, ma è da molti considerata fondamentale, poiché con essa la Chiesa ricorda che alla Scrittura è affidata la rivelazione divina, e alla sua trasmissione la Chiesa affida l’annuncio della salvezza. Con questa Costituzione la Chiesa proclama la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa. Nel n.26, paragrafo conclusivo, troviamo scritto: “In tal modo, dunque, con la lettura e lo studio dei sacri libri ‘la parola di Dio compia la sua corsa e sia glorificata’ (2Ts 3,1) e il tesoro della rivelazione, affidato alla Chiesa, riempia più il cuore degli uomini”.

Don Gino Ballirano, nell’introdurre l’intervento di don Paolo, ha ricordato che fino agli inizi del’900 non c’era la pratica della lettura delle Sacre Scritture da parte del popolo. Questa era di competenza esclusiva del clero, che leggeva e interpretava per il popolo, al quale era riservata una posizione passiva, anche a causa dell’alto tasso di analfabetismo e del costo elevato dei testi. Con il tempo la Parola è stata messa anche nelle mani dei fedeli e si sono promosse, e ancora si promuovono, attività formative, grazie, oggi, anche alla spinta di Papa Francesco.

Don Paolo, tuttavia, non ha voluto offrire un taglio storicoo accademicoal suo intervento, ha preferito dare spazio ad alcuni suggerimenti pratici che derivano dalla Dei Verbum e che possono essere utilizzati immediatamente e con efficacia nella nostra vita cristiana, in sintonia con il sogno di Dio, in particolare su come recepire la Parola per farla entrare nella nostra pratica quotidiana. Spesso capita, ha precisato in apertura, che ci accostiamo alla Scrittura, anche durante le celebrazioni, con superficialità e poco interesse e questo non ci consente di attingere al grande e prezioso tesoro che essa rappresenta. Per aiutarci, don Paolo ha messo in evidenza tre punti fondamentali da tener presente e sui quali riflettere quando ci si accosta alla Parola.

1. La Parola deriva da una esperienza vissuta

La Dei Verbum, nel Proemio, ci ricorda un passo della Prima Lettera di Giovanni (1Gv 1,2-3): “vi annunziamo ciò che abbiamo veduto e udito, affinché voi siate in comunione con noi…”:

«Le Parole di Giovanni ci dicono già qualcosa di importante per capire la Parola di Dio, perché queste parole parlano di una esperienza, di qualcosa di vissuto e di cui poi si fa testimonianza. In queste parole di Giovanni ci viene detto che la Bibbia prima di essere un libro da meditare, è il frutto di una esperienza fatta da qualcuno che ci ha preceduto».

Le Scritture sono dunque non una invenzione, ma il frutto di una esperienza che è stata messa per iscritto e che successivamente ha ricevuto il sigillo della Chiesa che ne ha riconosciuta l’ispirazione divina derivante dallo Spirito Santo. In tal modo si sono costruiti i tre pilastri su cui la Dei Verbum insiste: scrittura, tradizione e magistero.

Ma il fare esperienza non riguarda solo persone che storicamente ci hanno precedute, l’esperienza riguarda anche noi, ha precisato don Lembo, poiché quella parola che abbiamo ricevuto a sua volta inizia un percorso dentro di noi ed è in grado di cambiarci e trasformarci, se ben accolta. Diventa però anche importante come la Parola viene trasmessa e da chi. È facile infatti commettere errori ed è necessario fare attenzione, poiché la Parola può essere tramessa in modo errato e superficiale. Essa va amata e servita e non è bene appropriarsene per farne uso personale – ha precisato rivolgendosi soprattutto a preti e catechisti – la Parola può infatti essere impugnata, fraintesa, manipolata.

2. In quali modi ci parla Dio?

Dio ci parla innanzitutto trattandoci come amici. La Dei Verbum cita infatti, nel n. 2 del Capitolo I, un passo dell’Esodo (Es 33,11) che recita: nel suo grande amore il Dio invisibile parla agli uomini come ad amici. Noi in realtà fatichiamo ad accettare questa semplice affermazione, ma è chiaro ed evidente che Dio ha scelto il nostro linguaggio e si è adeguato alla nostra mente per comunicare con noi. Noi a nostra volta dovremmo essere capaci di ricambiare allo stesso modo:

«Dovremmo cercare anche di liberarci di tante paure che a volte abbiamo di Lui, come Dio esigente. Dio non esige nulla, ci chiede solo un po’ d’amore, non ci obbliga, ci invita, non ci costringe, si offre per fare delle cose belle insieme».

3. Dove ci parla Dio?

Innanzitutto attraverso il Creato, il mare, il cielo, colori, profumi, tutto ci parla di Lui, Dio ci parla e ci corteggia attraverso le piccole cose quotidiane che sono sempre sotto i nostri occhi, Egli parla sempre, anche quando dormiamo. Ma poi ci parla attraverso la Parola scritta, che non a caso durante la celebrazione viene incensata. E ci parla anche attraverso la nostra coscienza, canale privilegiato nel quale Dio ha scelto di dimorare, quel cuore che la Dilexit nos dipinge come “coperto da fogliame” e sordo ai richiami divini:

«Nel nostro cuore c’è un luogo vergine che nessun peccato può intaccare, la nostra somiglianza con Dio un luogo dal quale possiamo sempre ripartire».

Infine, Dio ci parla attraverso gli eventi che ci accadono, quelli imprevisti e non programmati, attraverso gli incontri inaspettati e che a volte ci infastidiscono, perché interrompono la nostra routine quotidiana. Ogni incontro è un messaggio da intercettare e raccogliere.

Dio insomma non si stanca mai di parlarci, le inventa tutte pur di comunicare con noi, ma allo stesso modo ama sentire la nostra voce, ama essere ricambiato e se noi non rispondiamo, agisce come fanno i genitori di fronte al silenzio insopportabile dei figli che rifiutano il dialogo: ci sgrida, ci dà una scossa, ci scuote con qualche evento che sollecita la nostra reazione.

Don Paolo ha concluso affermando che tutta la Rivelazione altro non è che la narrazione della sconfinata compassione di Dio per l’umanità.

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