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Ben venga mia sorella Morte

Nonostante le sue condizioni di salute Papa Francesco continua a essere attivo per i fedeli con le sue catechesi: quella di mercoledì 26 febbraio  parla del profeta Simeone che accoglie il piccolo Gesù Bambino tra le sue braccia per presentarlo al Signore: «…Nel Tempio, che è “casa di preghiera” (Lc 19,46), lo Spirito Santo, parla al cuore di un uomo anziano: Simeone, un membro del popolo santo di Dio preparato all’attesa e alla speranza, che nutre il desiderio del compimento delle promesse fatte da Dio a Israele per mezzo dei profeti. Simeone avverte nel Tempio la presenza dell’Unto del Signore, vede la luce che rifulge in mezzo ai popoli immersi “nelle tenebre” (cfr Is 9,1) e va incontro a quel bambino che, come profetizza Isaia, “è nato per noi”, è il figlio che “ci è stato dato”, il “Principe della pace” (Is 9,5). Simeone abbraccia quel bambino che, piccolo e indifeso, riposa tra le sue braccia; ma è lui, in realtà, a trovare la consolazione e la pienezza della sua esistenza stringendolo a sé. Lo esprime in un cantico pieno di commossa gratitudine, che nella Chiesa è diventato la preghiera al termine della giornata: “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo” Israele (Lc 2,29-32).

Simeone canta la gioia di chi ha visto, di chi ha riconosciuto e può trasmettere ad altri l’incontro con il Salvatore di Israele e delle genti. È testimone della fede, che riceve in dono e comunica agli altri; è testimone della speranza che non delude; è testimone dell’amore di Dio, che riempie di gioia e di pace il cuore dell’uomo. Colmo di questa consolazione spirituale, il vecchio Simeone vede la morte non come la fine, ma come compimento, come pienezza, la attende come “sorella” che non annienta ma introduce nella vita vera che egli ha già pregustato e in cui crede».

San Francesco d’Assisi aspettava con impazienza il giorno in cui avrebbe glorificato il Signore e avrebbe reso la sua anima, tanto da chiamare la morte “sorella morte”. “Un medico di Arezzo, Buongiovanni, conoscente e amico di Francesco, venne a fargli visita nel palazzo. Il Santo lo interrogò sulla propria malattia: «Che te ne pare, fratello Giovanni, di questa mia idropisia?». … Allora il medico gli disse schiettamente: «Padre, secondo la nostra scienza, la tua infermità è incurabile, e tu morrai tra la fine di settembre e i primi di ottobre». Francesco, che giaceva a letto ammalato, preso da ardente devozione e reverenza verso il Signore, stese le braccia con le mani aperte ed esclamò con viva gioia intima ed esteriore: «Ben venga mia sorella Morte!» (FF 1615). … Trascorse i pochi giorni che gli rimasero in un inno di lode, invitando i suoi compagni dilettissimi a lodare con lui Cristo. Egli poi, come gli fu possibile, proruppe in questo salmo: ‘Con la mia voce ho gridato al Signore, con la mia voce ho chiesto soccorso al Signore.’ Invitava pure tutte le creature alla lode di Dio, e con certi versi, che aveva composto un tempo, le esortava all’amore divino. Perfino la morte, a tutti terribile e odiosa, esortava alla lode, e andandole incontro lieto, la invitava ad essere suo ospite: «Ben venga, mia sorella morte!».

Si rivolse poi al medico: «Coraggio, frate medico, dimmi pure che la morte è imminente: per me sarà la porta della vita!» E ai frati: «Quando mi vedrete ridotto all’estremo, deponetemi nudo sulla terra come mi avete visto ieri l’altro, e dopo che sarò morto, lasciatemi giacere così per il tempo necessario a percorrere comodamente un miglio». Giunse infine la sua ora, ed essendosi compiuti in lui tutti i misteri di Cristo, se ne volò felicemente a Dio (FF 809)”.

Papa Francesco conclude: «Cari fratelli e sorelle, imitiamo anche noi Simeone ed Anna, questi “pellegrini di speranza” che hanno occhi limpidi capaci di vedere oltre le apparenze, che sanno “fiutare” la presenza di Dio nella piccolezza, che sanno accogliere con gioia la visita di Dio e riaccendere la speranza nel cuore dei fratelli e delle sorelle».

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