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Orientarsi per orientare
Commento al Vangelo Lc 6,39-45
Chi guida la tua vita? Tutti noi siamo guidati da qualcuno o da qualcosa. Tutti sono ispirati da qualcuno, da qualcosa che ci è stato insegnato da piccoli, da quello che dicono gli altri, dal modo di pensare comune, dagli influencer. È un dato di fatto: tutti noi dipendiamo da una relazione. Succede però che non siamo noi a decidere ma sono altri che decidono per noi; ad altri affidiamo il nostro pensiero. Anche la vita molto spesso sceglie per noi. Gesù in questa domenica ci mette in guardia dicendoci di stare attenti perché forse ciò che sta guidando la nostra vita è una strada cieca, una persona cieca, un desiderio cieco, un bisogno cieco, ovvero che non ci conduce da nessuna parte.
Ma cosa è questa cecità che Gesù sottolinea nel Vangelo? È una luce mancante, un occhio malato come egli stesso dice. Gesù non conosceva la scienza di oggi e al suo tempo si pensava che l’occhio proiettasse una luce, indicasse una strada. Sappiamo oggi che l’occhio riflette delle immagini capovolte immagazzinate dal mondo. Allora il rischio è quello di sporcare la propria vita con immagini capovolte, con una luce che non sia vera. Quelle immagini capovolte indicano l’apparenza: l’immagine capovolta non è la verità delle cose, non rappresenta la realtà, ma la superficie di quella luce. Questa è la prima cecità espressa da Gesù: la mancanza di luce vera che va nel profondo delle cose, che supera l’apparenza, che crede che non è tutto qui in quello che sto vedendo. Una vita dietro a coloro che ci insegnano questo tipo di strada, ci porta ad avere una vita senza consistenza e come dice ben Sira: “Il frutto dimostra come è coltivato l’albero”.
C’è una seconda cecità o tentazione in questo Vangelo: a volte crediamo che il discepolo possa essere il maestro. Quante volte ci dimentichiamo che siamo discepoli e non maestri. Spesso viviamo nella sindrome dell’adolescente che crede di essere adulto, si comporta da adulto, ma fallisce clamorosamente. Gesù invita a scoprire questa tentazione in uno degli atteggiamenti comunissimi nella Chiesa: il giudizio. Cosa è questa trave e questa pagliuzza? È il risultato di chi non sa essere discepolo ma vuole fare il maestro. Purtroppo, non sapendo essere buoni discepoli, coltiviamo un cattivo tesoro nel cuore (una trave) e da quel tesoro tiriamo frutti amari per gli altri. In fondo, l’altro è lo specchio di sé; spesso riversiamo negli altri la morte che portiamo nel nostro cuore.
C’è un buon tesoro che dobbiamo coltivare nel nostro cuore e che ha la capacità di dare non morte ma vita: il perdono. È l’esperienza della misericordia che apre i nostri occhi. Solo questa esperienza ci fa conoscere l’amore. Quello che dobbiamo veramente insegnare al mondo è l’amore di Dio. È questa esperienza che ci fa crescere; rimanere alla scuola del discepolato, stare alla scuola dell’amore sconfinato di Dio ci permette di togliere la trave, di aprire gli occhi e di guardare tutto con tenerezza e premura. Questo è il grande e buon tesoro da cui non dobbiamo allontanarci, anzi, dobbiamo farci guidare. Il tempo della Quaresima, ormai alle porte, diviene un tempo, una terra, uno spazio per metterci nuovamente alla scuola di questo amore, per ritornare a scegliere Gesù e il suo amore come maestri della nostra vita.
Non abbiamo bisogno di signorine Rottermier, o di correttori non richiesti e invadenti. Non abbiamo bisogno di uomini che condannano, di maestri che rimproverano soltanto o che usano i sensi di colpa per esercitare un predominio sull’altro. Non abbiamo bisogno di maestri gelosi che trattengono per sé i propri discepoli senza permettere che essi diventino esploratori di strade. Abbiamo bisogno di maestri che ci insegnino la vita e non la morte! Quell’amore faticoso richiesto da Luca, quell’amore per i nemici che parte da noi e dal nostro rapporto conflittuale con Dio, lo può insegnare soltanto un maestro: Gesù! Sceglilo. Buona domenica!
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Don Cristian Solmonese
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