Commento al Vangelo Lc 6,39-45
Gesù dopo aver invitato i discepoli a non mettere i remi in barca nel momento in cui l’amore farà incontrare loro la povertà, la fame, la tristezza e la persecuzione, continua in questa domenica a descrivere l’amore che vuole da coloro che sono stati scelti come discepoli. La proposta cristiana è accettata da tutti fin quando non ci si imbatte in questa pagina del Vangelo, che rappresenta il discrimine, il di più dell’amore chiesto da Gesù.
Mille film e canzoni parlano dell’amore, ma nessuno di essi si spinge fino a questo punto. Sono tutti promotori di un amore preconfezionato con una scadenza: amiamo fin quando… Gesù innanzitutto libera questo amore dal campo del “dovuto”: se una persona ama e ricambia solo chi ama, quell’amore è un commercio. L’amore dato perché ricambiato tradisce la logica dell’amore che è solo dare. Sentiamo veramente l’amore nel nostro cuore quando facciamo qualcosa in più rispetto al dovere: quel tipo di amore illumina l’esistenza, riscalda la vita. La sua gratuità e il superamento del dovere rischiara la nostra esistenza, dà un senso a tutto quello che viviamo. In questo modo anche tante ferite interiori vengono risanate perché la misericordia, il donarsi, il prendersi cura genererà su di noi un effetto di guarigione: nel curare gli altri ci prendiamo cura di noi stessi.
Una volta liberato l’amore dal campo del “dovuto”, Gesù mostra quel “di più”, quel discrimine che rende l’amore cristiano unico: “Ama il tuo nemico, fai del bene a chi ti odia, porgi l’altra guancia insieme al mantello!”. Assurdo! Il rischio che si corre nell’ascoltare queste parole è quello di dire che è impossibile oppure che questo amore è solo roba per folli. Eppure, Gesù ci aiuta a credere a tutto questo, mostrandoci il punto di partenza che ha la forza di cambiare la nostra prospettiva, ovvero noi stessi. Egli, infatti, dice: “Ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”.
Qui c’è la chiave per cominciare a vedere l’amore che ci propone Gesù, fattibile. Siamo noi e ciò che ci aspettiamo dagli altri a essere il punto di svolta. Ognuno di noi desidera incontrare una persona che ci voglia bene quando ci arrabbiamo, che ci accolga quando i nostri comportamenti meriterebbero di metterci fuori, che abbia pazienza con noi quando non la meritiamo, che ci perdoni quando continuamente sbagliamo.
Tutti noi desideriamo incontrare questo tipo di persona, perché ognuno di noi può sbagliare, può tirare fuori il peggio di sé stesso. Ma quella persona che desideriamo incontrare, dice Gesù, potremmo essere noi per qualcun altro. Potremmo essere quel padre o madre che nostro figlio spera di avere, possiamo essere noi quel fratello che nostro fratello vorrebbe che fossimo. Come noi, anche nostro padre spera di non essere rinchiuso in una casa di riposo; come noi, anche nostro fratello spera di non essere abbandonato se malato. Guardando le cose in questo modo, possiamo cominciare a credere che quello che ci propone Gesù sia fattibile e non assurdo. In fondo, Gesù sta dicendo a tutti noi che senza la misericordia e il perdono non possiamo sopravvivere da nessuna parte. Così senza sbagliare in prima persona non cresceremo mai.
Se il punto di partenza siamo noi, Gesù aggiunge che la possibilità di farlo ce la dà Lui, perché in questo Vangelo egli sta parlando di sé stesso. Il Vangelo, infatti, si conclude mostrando il volto di Dio. Come si è rivelato Dio? Mostrando l’altra guancia, lasciandosi strappare il mantello e la tunica e non ci ha negato nulla. Il cuore di questo Vangelo è il seguente: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”. Tante volte noi stessi siamo i nemici di Dio, eppure egli continua a trattarci con misericordia. Tante volte noi siamo infedeli rispetto a Dio ed egli ci risponde come riportato dal profeta Osea 3,3: “Li amerò ancora più intensamente”. L’amore per il nemico si realizza nella nostra esperienza con Dio: sulla nostra pelle sperimentiamo questo amore per gli ingrati e i malvagi. Un amore così mi interessa! Buona Domenica!
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Un amore Im-Possibile!
Commento al Vangelo Lc 6,39-45
Gesù dopo aver invitato i discepoli a non mettere i remi in barca nel momento in cui l’amore farà incontrare loro la povertà, la fame, la tristezza e la persecuzione, continua in questa domenica a descrivere l’amore che vuole da coloro che sono stati scelti come discepoli. La proposta cristiana è accettata da tutti fin quando non ci si imbatte in questa pagina del Vangelo, che rappresenta il discrimine, il di più dell’amore chiesto da Gesù.
Mille film e canzoni parlano dell’amore, ma nessuno di essi si spinge fino a questo punto. Sono tutti promotori di un amore preconfezionato con una scadenza: amiamo fin quando… Gesù innanzitutto libera questo amore dal campo del “dovuto”: se una persona ama e ricambia solo chi ama, quell’amore è un commercio. L’amore dato perché ricambiato tradisce la logica dell’amore che è solo dare. Sentiamo veramente l’amore nel nostro cuore quando facciamo qualcosa in più rispetto al dovere: quel tipo di amore illumina l’esistenza, riscalda la vita. La sua gratuità e il superamento del dovere rischiara la nostra esistenza, dà un senso a tutto quello che viviamo. In questo modo anche tante ferite interiori vengono risanate perché la misericordia, il donarsi, il prendersi cura genererà su di noi un effetto di guarigione: nel curare gli altri ci prendiamo cura di noi stessi.
Una volta liberato l’amore dal campo del “dovuto”, Gesù mostra quel “di più”, quel discrimine che rende l’amore cristiano unico: “Ama il tuo nemico, fai del bene a chi ti odia, porgi l’altra guancia insieme al mantello!”. Assurdo! Il rischio che si corre nell’ascoltare queste parole è quello di dire che è impossibile oppure che questo amore è solo roba per folli. Eppure, Gesù ci aiuta a credere a tutto questo, mostrandoci il punto di partenza che ha la forza di cambiare la nostra prospettiva, ovvero noi stessi. Egli, infatti, dice: “Ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”.
Qui c’è la chiave per cominciare a vedere l’amore che ci propone Gesù, fattibile. Siamo noi e ciò che ci aspettiamo dagli altri a essere il punto di svolta. Ognuno di noi desidera incontrare una persona che ci voglia bene quando ci arrabbiamo, che ci accolga quando i nostri comportamenti meriterebbero di metterci fuori, che abbia pazienza con noi quando non la meritiamo, che ci perdoni quando continuamente sbagliamo.
Tutti noi desideriamo incontrare questo tipo di persona, perché ognuno di noi può sbagliare, può tirare fuori il peggio di sé stesso. Ma quella persona che desideriamo incontrare, dice Gesù, potremmo essere noi per qualcun altro. Potremmo essere quel padre o madre che nostro figlio spera di avere, possiamo essere noi quel fratello che nostro fratello vorrebbe che fossimo. Come noi, anche nostro padre spera di non essere rinchiuso in una casa di riposo; come noi, anche nostro fratello spera di non essere abbandonato se malato. Guardando le cose in questo modo, possiamo cominciare a credere che quello che ci propone Gesù sia fattibile e non assurdo. In fondo, Gesù sta dicendo a tutti noi che senza la misericordia e il perdono non possiamo sopravvivere da nessuna parte. Così senza sbagliare in prima persona non cresceremo mai.
Se il punto di partenza siamo noi, Gesù aggiunge che la possibilità di farlo ce la dà Lui, perché in questo Vangelo egli sta parlando di sé stesso. Il Vangelo, infatti, si conclude mostrando il volto di Dio. Come si è rivelato Dio? Mostrando l’altra guancia, lasciandosi strappare il mantello e la tunica e non ci ha negato nulla. Il cuore di questo Vangelo è il seguente: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”. Tante volte noi stessi siamo i nemici di Dio, eppure egli continua a trattarci con misericordia. Tante volte noi siamo infedeli rispetto a Dio ed egli ci risponde come riportato dal profeta Osea 3,3: “Li amerò ancora più intensamente”. L’amore per il nemico si realizza nella nostra esperienza con Dio: sulla nostra pelle sperimentiamo questo amore per gli ingrati e i malvagi. Un amore così mi interessa! Buona Domenica!
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Don Cristian Solmonese
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