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Il Sinodo: Camminare e Sognare insieme.

Spesso mi interrogo e mi chiedo se Dio è un sognatore. E se lo è, qual è l’oggetto dei suoi sogni: Dio cosa sogna? Quando ha creato il cielo e la terra sognava? Quando ha creato l’uomo sognava? Se sì, mi piace credere che l’ultimo sogno sia stato quello di creare la donna, intercettando il sogno di Adamo che si sentiva solo e affamato di bellezza e di relazione. Da quell’istante, Dio, sognando in tandem con l’uomo, non ha più smesso di farlo, anzi ha deciso di farlo attraverso l’uomo, e da allora è successa una cosa straordinaria: se vogliamo capire i sogni di Dio, dobbiamo imparare a capire i sogni dell’uomo, perché ciò che Dio sogna lascia una traccia indelebile in noi.

Che bello immaginare Dio sognare attraverso noi e dar vita all’intreccio umano-divino più fecondo della Storia della Salvezza. Mi piace pensare l’uomo che sogna e lascia fare finalmente a Dio. Come quando Adamo sogna e Dio crea la donna. Mi piace immaginare Giuseppe, lo sposo di Maria, che desiderava l’amore, una bella famiglia, ma si trova invischiato in una storia dove c’è un figlio non suo. Non sa cosa fare, è indeciso. E cosa succede a questo punto? In un sogno incrocia il pensiero di Dio: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20). Penso a Gesù, il sognatore più grande, che interpreta e ci dice i sogni di Dio, e ai santi, che hanno intercettato i sogni di Dio. Guardo il nostro tempo e il cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, dove si avvertono a volte sentimenti di paura, smarrimento, tristezza che spesso sgomitano e vorrebbero farsi largo nelle nostre vite, ma penso anche che il sogno continua perché l’esperienza sinodale vissuta, rinvigorente e forte per lo spirito, si è sentita in tutta la sua pienezza alla “Prima Assemblea Sinodale di San Paolo”.

I sogni più belli sono quelli vissuti in tandem con Dio, dove si fondono insieme la Parola e le nostre vite, il desiderio Divino e i nostri progetti. “Come possiamo essere Chiesa sinodale in missione?” Chiedeva Papa Francesco all’apertura del Sinodo dei Vescovi nell’ottobre 2021. Credo che la risposta sia proprio quella di continuare a sognare. Sognare per intercettare i pensieri di Dio e farli camminare sulle gambe degli uomini e delle donne, che devono poi tradurli in realtà. Non bastano, infatti, i documenti espressi dal Sinodo per arrivare a un cambiamento, ma occorre uno sforzo di rinnovamento che coinvolga tutti. E il rinnovamento passa attraverso il modo di pensare, passa attraverso la conversione della mente e del cuore. Solo intercettando il pensiero di Dio possiamo portare l’Annuncio a chi è o si sente lontano, agli indifferenti, ai giovani… sì ai giovani! I quali chiedono solo autenticità, essenzialità e un linguaggio comprensibile che sia espressione di chi incarna ciò che dice. In una parola dovremmo forse passare dal concetto di “dovere” a quello di “virtù”. Da quello di comportarsi “in conformità a delle prescrizioni” a quello di “essere virtuosi”. E ciò è possibile solo acquisendo dei nuovi habitus (le antiche virtù greche): una seconda natura acquisita faticosamente attraverso l’esercizio e che una volta assimilata diventa un comportamento spontaneo. Per cambiare il nostro modo di fare, deve cambiare il nostro modo di essere, che non sia solo quello di “testimoniare” e basta, ma di avvicinare, ascoltare (anche i silenzi), valutare di volta in volta le situazioni, fare tesoro delle critiche e non giustificarsi, ma capire. Abbiamo bisogno di tanta umiltà nella consapevolezza di collaborare ad un’impresa più grande di noi. Come il contadino che semina, ma sa che il risultato non dipende dai suoi sforzi. Dovremmo allenarci nel superare l’attivismo che spesso caratterizza le nostre giornate, e capire, come dice san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi, che siamo collaboratori di Dio: «Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere» (1Cor 3,6). E per fare ciò occorre anche tanta pazienza che è un’altra virtù legata strettamente a quella dell’umiltà e che oggi è più che mai necessaria per non lasciarsi trasportare dai ritmi serrati della nostra società frenetica e spesso dai giudizi sommari. I tempi di Dio non sono i nostri, ma in noi c’è sempre la tentazione di voler accelerare per vedere frutti immediati. Forse ognuno di noi deve ripartire da sé stesso, cominciare da sé stesso per prendere coscienza e interrogarsi sulla propria situazione rispetto al “tema delle virtù”, cui abbiamo “solo” accennato, per poter rispondere, come uomo o donna e operatore pastorale, alla sfida che deriva dalla crisi del nostro tempo.

Il Sinodo sul Sinodo che stiamo vivendo spero possa tradursi in un frutto succoso e maturo: “camminare e sognare insieme”. E tutto questo possa avvenire nella consapevolezza che il nostro punto di riferimento è stato, è e sarà sempre uno: il Vangelo. Vangelo e preghiera possano accompagnarci verso la Seconda Assemblea Sinodale nella consapevolezza che i sogni più belli sono quelli fatti in “stereofonia” (a due canali): con la Parola di Dio e le nostre agende.

Che Cristo possa spezzare davanti ai nostri occhi il pane dei sogni…

di Angelo Di Scala – Équipe Sinodale – Diocesi di Ischia

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