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Meta abbandona il fact-checking

La decisione di Meta di modificare radicalmente le proprie politiche di fact-checking ha generato onde d’urto nell’universo dei social media. Un analisi delle implicazioni dell’universo digitale.

La nuova strategia, presentata come un’iniziativa per proteggere la libertà di espressione, si applicherà inizialmente solo negli Stati Uniti. Questo cambiamento coinvolge sia Facebook che Instagram, piattaforme che raggiungono complessivamente circa 5 miliardi di utenti. Il fatto che le modifiche siano limitate al territorio statunitense non è casuale: riflette la consapevolezza da parte di Zuckerberg, delle possibili conseguenze giuridiche in altri contesti, particolarmente in Europa.

Le implicazioni normative

L’Europa su questa iniziativa è stata particolarmente categorica, il Digital Services Act (DSA) impone alle grandi piattaforme digitali l’adozione di strumenti per contrastare la disinformazione online. Come sottolinea Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali: “Certamente la distinzione fatta da Zuckerberg conferma che il fondatore di Meta sa che l’abolizione del fact-checking in Europa può avere conseguenze a livello giuridico.”

L’evoluzione di una legge del 1996

Negli Stati Uniti, la Sezione 230 del Communication Decency Act ha storicamente permesso alle piattaforme digitali di crescere senza assumersi la responsabilità editoriale sui contenuti pubblicati. Questa normativa, equiparando i social media agli operatori di telecomunicazione, ha creato uno scudo legale che ha favorito la loro espansione.

Ironicamente, proprio Donald Trump è stato uno dei più accesi oppositori di questa norma durante la sua precedente presidenza, sostenendo che le piattaforme – a differenza delle compagnie di telecomunicazioni – attuassero discriminazioni attraverso i loro regolamenti e le loro scelte, sia umane che algoritmiche. Facebook era uno degli obiettivi principali delle sue critiche, rendendo ancora più significativa l’attuale corsa di Zuckerberg ad allinearsi con le posizioni dell’attuale governo Trump/Musk, nonostante questa apparente contraddizione con le precedenti posizioni del presidente sulla Sezione 230.

Il fenomeno delle echo chambers

Gli algoritmi delle piattaforme social sono progettati per massimizzare l’intrattenimento, piuttosto che l’accuratezza dell’informazione. Questo ha portato alla creazione delle cosiddette “echo chambers” o “camere dell’eco”, dove gli utenti vengono esposti principalmente a contenuti che rafforzano le loro convinzioni preesistenti. Il meccanismo crea un circolo vizioso: più l’utente interagisce con certi contenuti, più l’algoritmo ne propone di simili, protraendo il tempo di fruizione dei contenuti sulle piattaforme.

Le preoccupazioni per il futuro

Considerando che le nuove modifiche permetteranno una maggiore espressione di opinioni politiche e religiose, anche su temi sensibili, la rinuncia al fact-checking professionale in favore di un sistema basato sulle note della comunità solleva preoccupazioni significative. Il problema non è tanto se il fact-checking funzioni meglio o peggio delle note della comunità, ma piuttosto come queste validazioni avvengono in un contesto manipolato puramente dall’algoritmo.

Algoritmo, gestito dall’IA di Meta, che proprio in questi giorni, alla luce del rapporto annuale di Sicurezza dell’Intelligenza Artificiale redatto dal Future of Life Institute, ha ottenuto il punteggio più basso tra i big dell’IA.

Considerazioni sulla sostenibilità digitale

La sfida fondamentale che emerge è quella di trovare un equilibrio tra la garanzia di una libertà di espressione sostenibile e la necessità di un’informazione accurata e verificata. Tutto ciò ricadrà necessariamente sugli utenti e sulla loro capacità di saper riconoscere le informazioni veritiere, oltreché saper approfondire le notizie su fonti accreditate.

La decisione di Meta rappresenta più di un semplice cambiamento nelle policy aziendali: è un segnale di come le grandi piattaforme digitali stiano ridefinendo il loro ruolo nella gestione dell’informazione.

Sarà interessante vedere come il Vecchio Continente risponderà a questa nuova gestione delle responsabilità dei contenuti e se saprà imporsi sul colosso digitale.

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