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Come pellegrini di luce nelle tenebre del mondo

Omelia del Vescovo Carlo in occasione della celebrazione eucaristica per la solenne apertura del Giubileo nella Diocesi di Ischia

1Sa, 1,20-22.24-28; 1Gv 3,1-2.21-24; Lc 2,41-52

Come è stato disposto da Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo 2025, dopo l’apertura ufficiale dell’Anno santo la notte di Natale del 2024 in san Pietro a Roma, il 29 dicembre 2024 l’Anno Santo è stato aperto, come in tutte le Chiese particolari, anche nella Diocesi di Ischia.

«Apriamo solennemente l’anno giubilare per la nostra Chiesa di Ischia. Questo rito è per noi preludio di una ricca esperienza di grazia e di misericordia, pronti sempre a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi, specialmente in questo tempo di guerre e di disordini. Cristo, nostra pace e nostra speranza sia il nostro compagno di viaggio in questo nostro anno di speranza e consolazione».

Con queste parole il Vescovo Carlo, nella chiesa di Santa Maria del Soccorso in Forio, ha aperto l’anno giubilare nella Diocesi di Ischia, alla presenza di tutto il clero isolano.

Dopo la lettura di un brano del vangelo di Giovanni (Gv 14,1-7) e del paragrafo 1 della Bolla di indizione del Giubileo, nella suggestiva cornice delle stradine foriane ha avuto inizio la processione – pellegrinaggio che si è snodata dal piazzale del Soccorso fino alla Basilica di Santa Maria di Loreto, dove il Vescovo ha presieduto la celebrazione eucaristica.

L’omelia del Vescovo ha avuto come sfondo proprio il tema del pellegrinaggio, parola presente nel logo e nello spirito del Giubileo, ma anche nel brano del Vangelo che, nella domenica della festa della Santa Famiglia, ci ha descritto la famiglia di Gesù che si reca a Gerusalemme in pellegrinaggio:

«È una coincidenza particolarmente felice la celebrazione di questa festa! È un invito per la nostra chiesa diocesana a riscoprirsi famiglia di Dio, impegnata in un pellegrinaggio con tutte le famiglie e i popoli della terra. Essere credenti vuol dire sapere di essere in cammino verso una meta. E vuol dire sapere di non essere da soli a camminare, ma chiamati a condividere “gioie e speranze” dell’umanità intera».

Ma mentre siamo in pellegrinaggio abbiamo bisogno di operare, di concretizzare, di “dare carne alla Parola con scelte concrete”, ha continuato il Vescovo, e questo deve avvenire avendo Cristo come nostro punto di riferimento, Lui che è la nostra vera e unica porta santa, spalancata affinché possiamo entrare in relazione con il Signore, Colui che ci insegna ad essere “pellegrini di speranza”. L’invito alla speranza, rinnovato da Papa Francesco, è stata una costante degli ultimi pontefici, essa è una forza – ha precisato – che ci permette di vivere con coraggio le scelte importanti della nostra vita, ma nello stesso tempo ci rende capaci di essere testimoni di fede, poiché il pellegrino è anche colui che è in grado di coltivare la speranza durante il suo cammino, ma è anche in grado di accogliere.

Il gesto e la ritualità dell’accoglienza è un altro aspetto che rende quindi concreto il nostro pellegrinaggio. Il Vescovo ha sottolineato la necessità di accogliere non solo lo straniero, ma quelle categorie che sono nelle nostre immediate vicinanze, a cominciare dai giovani, sempre più in difficoltà, lavorative o di alloggio, quando vogliono formare una famiglia. Accogliere e aiutare i giovani, coltivare il loro naturale entusiasmo per la vita, consente loro di maturare la speranza e fa accrescere la fede. Allo stesso modo vanno accudite le famiglie già formate affinché non perdano la speranza e il coraggio:

«Giovani e famiglia: sono due ambiti di attenzione pastorale che ho già richiamato nella mia Lettera pastorale per le diocesi di Pozzuoli e di Ischia e che vorrei diventassero delle priorità di ogni azione ecclesiale e sociale».

Il Vescovo è poi tornato al tema del brano del Vangelo, invitandoci a “tornare a Gerusalemme”, come la Santa Famiglia, a quel pellegrinaggio verso la conoscenza di Dio, che mai deve cessare per il cristiano. Come Gesù, anche noi abbiamo bisogno di “occuparci delle cose del Padre nostro”, di trovare quella via che ci consente di portare speranza in un mondo deturpato e ferito, appesantito da fallimenti che sembrano definitivi, nelle sofferenze che traumatizzano, per seminare speranza:

«È questa la speranza del Giubileo: la speranza di pace, la speranza di amore, la speranza di perdono che è per tutti».

Il Vescovo ha poi concluso ripetendo quanto scritto nella sua Lettera Pastorale alle Chiese di Pozzuoli e di Ischia: “Questo anno liturgico, che ci avviamo a vivere nella grazia del Giubileo, possa rinsaldare i nostri legami comunitari, perché ci riscopriamo popolo pellegrino nella speranza, per diventare ogni giorno segno di speranza gli uni per gli altri”.

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