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Quel “condono” per i no-vax

Sentir parlare di pacificazione nazionale in seguito alla sanatoria mette i brividi. C’è stata forse una guerra civile in questo Paese?

Con un paradosso linguistico, il recente decreto-legge “milleproroghe” ha chiuso definitivamente la questione delle multe per chi si era sottratto all’obbligo della vaccinazione anti-Covid, deciso dall’esecutivo Draghi all’inizio del 2022. “Si abrogano, in modo da non dover procedere con una ulteriore proroga, le norme relative a…sanzioni pecuniarie in materia di obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da virus SARS-CoV-2, previste dall’articolo 4-sexies del decreto-legge 10 aprile 2021, n. 44, con conseguente annullamento delle sanzioni pecuniarie già irrogate e non riscosse e relativo discarico”: questo è quanto si legge nel comunicato diffuso al termine del Consiglio dei ministri che ha varato il decreto, e tutto sommato, burocratese a parte, il senso del provvedimento è chiaro. Ma per dirla ancora più chiaramente, si tratta di un condono e di un condono di quelli che vengono definiti “tombali”. Termine da usare in questo caso con particolare cautela perché, quando si parla di Covid non bisogna mai dimenticare i quasi 200 mila morti che direttamente o indirettamente il virus ha provocato nel nostro Paese (e su scala planetaria le vittime sono stimate nell’ordine dei milioni), ma che corrisponde alla realtà dei fatti. Tutto finito, ci siamo sbagliati. Con una beffa plateale per coloro che non si sono vaccinati e però hanno pagato i fatidici 100 euro: rischiano di fare la figura dei “fessi”, ha detto il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, a cui pure le sanzioni non piacevano.

Alla sanatoria finale – una volta che il Parlamento avrà convertito in legge il decreto e quindi salvo sorprese – si è arrivati dopo una serie di rinvii: la prima sospensione delle multe già comminate è stata di poco successiva alla nascita del governo Meloni, poi si sono registrati almeno altri due blocchi. C’era un debito ideologico da saldare nei confronti dei gruppi no vax e c’era la necessità di non contraddire la posizione negativa assunta nei confronti delle misure del precedente governo. Fatto sta che non sono valse neanche le ragioni di bilancio: in piena manovra economica si è rinunciato a un contributo calcolato tra i 150 e i 170 milioni di euro. Magari sarebbero stati utili per il servizio sanitario nazionale.

Ma il danno maggiore viene dall’impatto di questa decisione sull’opinione pubblica. È una questione che riguarda tutti i condoni, nella misura di quanto trasmettono l’idea che in fin dei conti fare i furbi conviene. In questa circostanza, tuttavia, si aggiungono due aggravanti connesse con la particolare materia interessata. La prima è la consacrazione di una forma di libertà individualista e priva di ogni tipo di vincolo solidaristico, da difendere con toni epici e a ogni costo. Sentir parlare di pacificazione nazionale in seguito alla sanatoria mette i brividi. C’è stata forse una guerra civile in questo Paese? O non piuttosto una guerra contro un virus inedito e insidioso, capace di colpire soprattutto le persone più fragili? Una guerra con i suoi eroi, noti e meno noti, verso cui questo Paese ha un debito di riconoscenza che non può essere negato per qualche voto in più. La seconda riguarda l’affermarsi di una mentalità irrazionale e anti-scientifica, che si diffonde con la subdola leggerezza dello scetticismo da social-media, ma a livello profondo si intreccia talvolta con oscuri complottismi e persino derive neo-pagane. La ragione umana è un dono grande per tutti, coltivarla e difenderla è un dovere al di là degli schieramenti.

di Stefano De Martis – Sir

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