Lectio divina in preparazione del Giubileo, lunedì 9 dicembre, presso la Basilica di santa Restituta in Lacco Ameno
In prossimità dell’apertura del Giubileo del 2025 il Vescovo Carlo ha scelto la basilica di santa Restituta in Lacco Ameno, una delle due Chiese giubilari della nostra Diocesi, per regalarci una Lectio Divina che si lega al tema portante del Giubileo, visibile anche nel logo che rappresenta quattro figure stilizzate in movimento, abbracciate tra loro e legate alla croce verso la quale tendono, che rappresenta nello stesso tempo l’ancora alla quale si legano per resistere alle tempeste. La rappresentazione del movimento, che si fa comunitario, viene sottolineata anche nel motto “Pellegrini di speranza”. Essere pellegrini come Maria è l’anello di congiunzione del motto con il brano scelto dal Vescovo per la Lectio, i versetti 39 – 46 del Capitolo 1 del vangelo di Luca, versetti che ci presentano Maria, pellegrina di speranza, che nonostante le tante difficoltà che la vita le aveva già riservato, si incammina per raggiungere Elisabetta, anche quest’ultima incinta, sorprendentemente, nonostante l’età.
La pericope lucana racconta brevemente di questo viaggio e dell’incontro tra le due donne, per poi aprirsi nel celeberrimo canto del Magnificat nel quale si sente l’eco di alcuni passi presenti nell’Antico Testamento, in particolare nel Libro di Samuele, particolare che, ha notato il Vescovo, ci fa pensare che Maria avesse una buona conoscenza delle Sacre Scritture. In ogni caso il testo del Magnificat offre l’occasione per una riflessione che può aiutarci a vivere correttamente e coerentemente l’Anno giubilare che ci attende.
Se è vero che nel testo che Luca mette sulle labbra di Maria c’è un forte richiamo al Canto di Anna contenuto nel Libro di Samuele, è anche vero che le circostanze sono del tutto nuove, non ci sono più, ha sottolineato il Vescovo, nemici da abbattere e vendette da consumare, siamo di fronte a un mondo nuovo dove, grazie all’attuarsi delle promesse di Dio fatte al suo popolo, ai poveri viene data una nuova dignità, anzi, di più:
«Ora non ci sono più nemici da distruggere e vendette, ma c’è un mondo nuovo, dove anche ai ricchi viene ridata la dignità dei poveri, Dio, rovesciando i potenti li libera dai loro pesi e dona loro la dignità dei poveri».
Ma nel canto di Maria non c’è solo la gioia e la celebrazione di un Dio che protegge i più deboli, Maria ci insegna con tutto il suo agire e con tutte le sue parole a ritornare nella relazione con Dio, ci insegna a rimediare al peccato e lo fa spiegandoci che Dio non è una entità estranea da temere perché pericolosa. Il peccato è lontananza da Dio, è rottura della relazione con Lui e questo ci fa sentire nudi come Adamo che va a nascondersi perché ha paura. Credere in un Dio vendicativo e persecutore è il vero peccato:
«Il peccato è questo: rompere la relazione con Dio, voler fare di testa nostra, senza ascoltare la Parola di Dio. Invece Maria mostra un atteggiamento diverso, lei si lascia trovare dall’angelo, dal Signore e dice di essere sua serva. Maria ci fa tornare nella relazione con Dio, ma in una relazione in cui noi facciamo la volontà del Signore e, come ci mostra Maria, siamo servi».
Maria, dunque, ci mostra come riannodare il rapporto con Dio, ma in Lei si compie anche altro: Maria porta a compimento le promesse fatte dal Signore al suo popolo, grazie al suo sì, grazie alla sua accettazione della volontà di Dio, grazie alla fiducia incondizionata nei piani che Dio aveva pensato per Lei e per noi.
Tutto questo, ci dice il Vangelo di Luca, si compiva “in quei giorni”, espressione tipica che non è un ritornello comodo alla narrazione – ha precisato il Vescovo – bensì una precisa notazione storica, un collocare quei fatti in un tempo storico, segno di una Parola che si incarna e vive in un tempo storico concreto e non mitologico.
Maria è concretamente insediata nella storia e non è una figura contemplativa, Maria si muove, si alza dalla posizione sicura nella quale dopo tante vicissitudini complesse (era incinta senza esser sposata, aveva rischiato di essere ripudiata da Giuseppe), viveva contenta. In tal modo Maria si rende pellegrina ed offre anche a noi un modello da seguire:
«Pellegrino è colui che si rende disponibile all’incontro e cerca di comprendere il disegno che Dio ha su di lui. Forse nell’andare di Maria da Elisabetta ci mettiamo anche questo: Maria cerca di comprendere il suo ruolo all’interno della storia della salvezza, il suo posto nel cammino, per questo non rimane seduta, si alza e si mette in cammino in fretta per raggiungere Elisabetta e comprendere cosa Dio volesse da lei».
È questo il modello che il Vescovo si augura possiamo seguire tutti nel Giubileo che ci attende, il modello di un popolo che non si ferma, si mette in cammino alla ricerca del proprio ruolo, percorrendo strade che senza dubbio non sono facili, anche in questo Luca ci ricorda che Maria percorre una regione montuosa, ma noi sappiamo che il monte è nella tradizione biblica, il luogo dove il Signore si manifesta all’uomo.
Il vescovo si è soffermato a lungo sul contenuto del Cantico di Maria, sottolineando la tematica del rovesciamento della prospettiva, tutto si ribalta a favore dei più poveri e disagiati, al punto che attraverso di loro e a partire da loro è possibile riannodare la relazione con il Signore. Il Vescovo ha sottolineato come questo cantico trovi poi a sua volta compimento ideale nelle Beatitudini che Gesù ci presenta nel Discorso della Montagna. Maria è appunto “beata” pur non avendo fatto niente di notevole, ha sottolineato il Vescovo, la sua beatitudine sta nell’aver creduto alle promesse di Dio, nell’aver accettato la sua volontà, facendosi in tal modo serva di Dio. Alla fine, dopo tre mesi, Maria torna a casa, ma come torna?
«Non lo sappiamo, ma credo che sia tornata con la convinzione che Dio stava preparando grandi cose per lei, che lei aveva un posto importante nel disegno di Dio nella storia della salvezza. E credo che un posto ce lo abbiamo anche noi. Anche a noi il Signore chiede di fare grandi cose, di stare in questa storia».