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Commento al Vangelo Lc 21,25-28,34-36

Il tempo dell’Avvento è un tempo unico e stupendo! È un piccolo tempo per aiutarci a vedere tutta la nostra esistenza. L’Avvento è storia, è la nostra storia; l’Avvento coinvolge il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro; coinvolge questa nostra storia amata, incontrata, desiderata. Torna l’Avvento per dirci che nel nostro passato Dio ha scelto un punto scomodo dove nascere, nel nostro presente egli continuamente ci sprona a maturare e che il nostro futuro è carico di speranza! In queste quattro settimane siamo invitati a leggere la nostra storia con una prospettiva completamente diversa.

È Luca che ci insegna questo sguardo nuovo. Egli ci accompagna nel leggere in modo diverso i fatti tristi che coinvolgono la nostra storia. Le parole di Gesù nel Vangelo odierno sembrerebbero gettare ancora più angoscia in questi giorni. Ma non è così. L’angoscia non è una buona maestra per capire la nostra storia personale. Spesso decliniamo le nostre vite con questo sentimento: guardiamo al nostro presente angosciati dai problemi e, di conseguenza, il nostro futuro senza speranza.

Gesù viene per ricordarci di cambiare sguardo: “Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina!”. Ogni volta che giunge una tribolazione Gesù viene a dirci che essa arriva per liberarci da qualcosa che ci tiene imprigionati. Il Signore annuncia che in ogni tempo c’è qualcosa di cui liberarsi perché tiene il nostro cuore imprigionato. Gesù ci invita a vivere questi momenti con la testa alta, assumendo una postura diritta. È un gesto simbolico: spesso, in psicologia, la postura di una persona rappresenta il suo stato interiore. Gesù ci chiede di alzarci e scrollare l’angoscia dalla nostra vita. Pensate che la nostra colonna vertebrale si mantiene diritta sfidando la forza di gravità. Potreste chiedermi a questo punto come si fa a liberarsi dall’angoscia.

È sempre questo Vangelo che ci indica la strada, arrivando al “cuore” della questione perché il “cuore” diventa la meta di ogni vera ricerca meditativa, un luogo misterioso e sacro dove il nome di Dio si fa vibrazione silenziosa. Un cuore appesantito non riesce a riconoscere questa vibrazione e, dunque, lo stimolo a risollevarsi. Ci sono tre cose che impediscono al bene di entrare nella nostra vita e che rendono il cuore lento a rispondere: le dissipazioni, le ubriachezze e le preoccupazioni del mondo. La dissipazione richiama lo spreco, sprecare le cose preziose. Spesso noi disperdiamo il bene che c’è nel nostro cuore per cose secondarie che non valgono la pena. Ci stanchiamo inutilmente per cose che non valgono, che non hanno senso. Quanto sprecheremo di questo prossimo Natale in cose inutili! In luci che non accendono sul serio e spettacoli che termineranno con un applauso senza un messaggio concreto!

Tornerà l’angoscia dopo il falso e smielato natale che osserviamo intorno a noi. Le ubriachezze: ci si ubriaca per stordirsi, per non affrontare la realtà, per riempire dei vuoti interiori. Intontirsi ed entrare nelle zone confort, spegne, blocca, ci rende inermi davanti alle domande della vita. Spesso è meglio stordirsi che reagire in positivo e trovare il bene anche quando sembra che non ci sia. Le preoccupazioni della vita, infine, richiamano lo stress, tutte le precauzioni che vogliamo usare per prevenire le cose. Per un cristiano il motto “prevenire è meglio che curare” è sbagliato. Prevenire una cosa ti porta in uno stress e in un’ansia che ti catapulta in una foresta di obiettivi da cui difficilmente ne uscirai senza che il tuo cuore ne risenta. Gesù ci dice come queste cose possano appesantire il cuore e diventano generatori di angoscia.

A queste tre tentazioni, Gesù oppone tre parole che possono aiutarci a vivere bene l’Avvento: Vegliate, pregate, risollevate il capo. La prima alternativa è “Vegliare”. Un cristiano senza attesa è un cristiano che vive una vita superficiale. Quando non ti aspetti più nulla da niente, da nessuno e neanche da te stesso, il cuore è già ubriaco di altro. Vegliare significa risvegliare dentro di te quel motivo, quel “per amore”, quell’obiettivo: per che cosa stiamo vivendo? Per che cosa ci svegliamo la mattina? Che senso ha davvero la nostra esistenza? Senza questo motivo, senza questa meta tutto diventa appesantito, tutto diventa vuoto, tutto diventa senza senso, tutto ci fa addormentare e ci fa perdere delle occasioni importanti nella vita.

Possiamo dedicare del tempo in questa prima settimana a ritrovare quel “per amore” che dà senso a tutto. La seconda alternativa di Gesù è pregare. La preghiera è ciò che può aiutarci a vincere questa tentazione di fuga che ci insegue sempre nella vita. Essa ti ricolloca al posto giusto, in quella relazione di Figlio. La preghiera ti ricorda che non sei solo. Ma la maggior parte della gente o non crede nella preghiera o è convinta di non essere in grado di pregare.

Chi non crede nella preghiera è perché pensa di doversi rivolgere a Dio per avere le forze, per riuscire a fare qualcosa, ma non è così! Quando preghi così in realtà ci si rivolge solo a sé stessi, alle proprie forze, alla propria volontà, e per questo ti accorgerai che non hai tutte le forze necessarie, ma abbiamo bisogno di essere aiutati, sorretti da qualcuno. Sarebbe bello in questa settimana cominciare a fare ciò e per bene. Adesso capiamo l’ultimo invito della Parola: “Risollevatevi e alzate il capo”. Rimettersi in piedi.

Ogni volta che ci accade qualcosa, Gesù ci dice di risollevare il capo e non di guardarci i piedi. Guardiamo avanti perché tutto quello che ci accade aspetta un di più, non è tutto qui; tutto quello che ci accade è una grande opportunità. È questo nuovo sguardo che dobbiamo chiedere a Dio nel tempo dell’Avvento. Dio incontra il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro: impariamo ad aspettare Dio anche nella circostanza più buia e contraddittoria. Egli sempre ci viene incontro, proprio qui, proprio ora. In questo caos costruiamo spazi per il Regno, occasioni di luce nelle tenebre, ordine in me e dove vivo. Buona domenica!

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