La scorsa settimana, il 19 novembre 2024, il Consiglio regionale della Lombardia ha bocciato il “progetto” di legge sul suicidio assistito. Questa vittoria di civiltà contro la barbarie e contro l’insensibilità ammantata di liberalismo è avvenuta quest’anno già in Veneto e in Piemonte. È un buon segnale, questo: un risveglio di consapevolezza. Perché la vita è sacra, inviolabile, indisponibile, e va difesa da chi vuole strumentalizzare la sofferenza dell’ammalato per i propri “discorsi” ideologici, approfittando del suo dolore.
Il “progetto” di legge è stato giustamente bocciato per tutelare la vita e per vizio di incostituzionalità, tenuto conto che pretendeva da una regione di legiferare in materia di sanità.
Molti oggi ancora non sanno che sul territorio italiano esistono gli hospice, le case-ospedali. Nati in Inghilterra negli anni ‘60 grazie al genio femminile e al grande senso di umanità di Cecily Saunders, queste strutture possono aiutare l’ammalato terminale attraverso una cura integrale che abbraccia con dolcezza vera tutta la persona. Questo abbraccio totale, umano, compassionevole, pietoso, pieno di scienza, che libera dal dolore, è una terapia fatta di mente e di cuore: le cure palliative. L’OMS le definisce come “il modo per migliorare la qualità della vita dei malati inguaribili affrontando ogni dimensione del dolore: fisica, psicologica, sociale, spirituale.” Un dolore che quanto più è costante tanto più va trattato in modo costante, ossia con una cura costante.
Il rispetto e l’ascolto sono il più antico e rivoluzionario strumento di cura. La cosa più preziosa è il tempo, ossia quello che Gesù chiede nell’Orto degli ulivi: “Vegliate con Me”.
Queste le parole della Saunders: “Prima di ogni terapia la medicina è uno sguardo all’altro pieno di rispetto. L’operatore sanitario, qualunque fede abbia o non abbia, offre se stesso nell’ascolto e poi la sua competenza: cuore e mente. Sembra poco eppure trasforma i pazienti e gli operatori perché fa scoprire la ricchezza del donarsi a vicenda. È su questo terreno del dono che possiamo essere la differenza e costruire una medicina migliore. È il terreno della nostra comune vulnerabile umanità”.
di Angela Di Scala