Primo incontro di formazione diocesano con il prof. Franco Magnani
Per la Chiesa cattolica, la Liturgia è “esercizio del ministero sacerdotale di Cristo attraverso riti che manifestano e fondano la Chiesa, fonte da cui promana tutta l’energia della Chiesa” (Sacrosantum Concilium). Invece nel dizionario della lingua italiana Treccani troviamo alla voce Liturgia la definizione “Complesso delle cerimonie di un culto”, ma anche, per estensione, “rituale, cerimonia, messinscena”. Ciò che la Chiesa, nella sua Costituzione fondante – dal Concilio Vaticano II – pone come fonte da cui deriva la sua forza, può essere percepito, per effetto dell’evolversi della storia e del pensiero umani, come un posticcio, un espediente teatrale, futile, fine a se stesso. Parte da questo presupposto, in parte provocatoriamente, in parte per sincera preoccupazione, la prima lezione sulla Liturgia che, su invito della Diocesi, il prof. Franco Magnani ha tenuto lunedì 18 novembre scorso nella sala dell’Episcopio dedicata a S. Giovanni Paolo II, rivolta ai laici impegnati nelle attività parrocchiali dell’isola d’Ischia, un corso di formazione voluto dal nostro Vescovo Carlo, sull’onda di quanto emerso dal Sinodo che si è concluso di recente e che ha messo in evidenza, tra le altre cose, anche l’esigenza di una migliore formazione, soprattutto per i laici.
Il prof. Magnani ha esordito con una domanda:
«Il titolo di questo incontro è “Ripartire dalla Liturgia”, se pensiamo al momento in cui viviamo ci potremmo chiedere: ma non sono altri i campi da cui ripartire? Per esempio quello del primo annuncio, quello della carità? Siamo anche chiamati ad essere “Chiesa in uscita”, tra la gente; perché dobbiamo ripartire dalla Liturgia e tornare in sacrestia? Siamo chiamati ad essere ospedale da campo, che senso ha la Liturgia?»
Liturgia sembra fare il paio con il clericalismo e ci ricorda – ha sottolineato Magnani – qualcosa di obsoleto, spesso citato da Papa Francesco: il rifugiarsi, nelle sacrestie che puzzano di incenso, di persone che hanno perso il senso della realtà. Ma si tratta solo di una premessa provocatoria. Al centro dell’intervento del Prof. Magnani c’è un documento fondamentale di Papa Francesco, la Lettera apostolica sulla formazione liturgica del popolo di Dio Desiderio desideravi, del 2022, nella quale il Pontefice rimette al centro dell’attenzione la Liturgia nel senso inteso dal Concilio Vaticano II, cioè una fonte dalla quale la Chiesa trova l’energia per la sua stessa sussistenza.
Il rito e la ritualità vengono oggi soprattutto visti come teatralità e messinscena, come dice il dizionario. Di recente si è diffusa la teoria che il cristianesimo sia essenzialmente legato alla vita quotidiana e al mettere in opera gli insegnamenti di Gesù nella pratica di ogni giorno, perché: «Per noi affrontare la questione del rito, per noi figli del Razionalismo e dell’Illuminismo, è cosa delicata, perché per noi sul rito grava una pesante ipoteca di inautenticità, dire rito a volte significa dire formalismo».
Ma l’efficacia della Liturgia non dipende dalla sua efficacia nel comportamento e nella morale, così come è errato pensare al cristianesimo come qualcosa di intimistico, oltre che pratico, relativo alla vita quotidiana, un cristianesimo che prescinde dai riti comunitari perché obsoleti e senza contenuto. Per i cristiani la forma è contenuto, la Liturgia è atto che va oltre l’intimismo e la pratica, è esperienza cristiana vera e intera:
«La Liturgia è accadimento, è preghiera, è incontro. Per il Papa i riti non sono qualcosa da ridimensionare, ma sono la condizione di verità di un culto spirituale veramente cristiano che non voglia essere una spiritualità evanescente. Una vita umana e cristiana che non sia contrassegnata dal rito non può essere vita dello spirito».
Ripartire dalla Liturgia non significa dunque tornare a qualcosa di vecchio e fuori moda, ma significa trovare nella sua ripetitività quella sacralità che accompagna tutti gesti rituali antropologicamente riconosciuti, il corteggiamento amoroso, i riti familiari, le feste. La Liturgia non è tempo perso – ha detto Magnani -, ma piuttosto una delle forme più alte di evangelizzazione di cui la Chiesa dispone.
Ci viene in aiuto ancora Papa Francesco che ci propone una distinzione tra formazione alla Liturgia e formazione dalla Liturgia, dove la seconda è funzionale alla prima. Vivere la Liturgia ogni giorno, nelle nostre comunità, è formativa come la goccia che scava e forma la pietra, incessantemente. La Liturgia, correttamente vissuta nella sua sacralità formativa, è un dono che il Signore ci fa per metterci in relazione con Lui, ogni giorno.
La disaffezione alle celebrazioni, l’assenza sempre più evidente di giovani e bambini alle celebrazioni sono segno di un disagio che trova origine nella cattiva qualità delle celebrazioni stesse, trasformate a volte in gusci vuoti o esibizioni fini a se stesse. Manca il coinvolgimento emotivo che non deve essere – ha detto Magnani – un cedere al sentimentalismo o alle mode. Non possiamo certo attirare i giovani trasformando le Chiese in discoteche o corredando le omelie con Power Point esplicativi!
Piuttosto serve “ripartire dalla liturgia” intendendola nel senso che ci è stato indicato dal Concilio Vaticano II, ribadito da Papa Francesco: la fons cui attingere, poiché: «La Chiesa è generata dall’alto, dallo Spirito, e non siamo noi i protagonisti! La Bibbia ce lo dice in tutti i modi: “Invano si affaticano i costruttori se non è il Signore a costruire la casa!”. Nella Liturgia noi ci fermiamo per riconoscere che è il Signore a costruire la casa».