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Commento al Vangelo (Mc 12,38-44)

C’è un primo aspetto che risalta a un buon lettore in questo brano: lo sguardo di Gesù. Pensate al trambusto del tempio. Esso vedeva per la seconda volta una grande ristrutturazione per volere di Erode il grande. Al tempo di Gesù questa ristrutturazione ancora doveva terminare. Sarebbe terminata solo pochi anni prima di essere distrutto dai romani. Il tempio attirava tantissima gente, pellegrini, curiosi, persone da ogni dove, soprattutto nelle grandi occasioni. Ebbene nel tempio vi erano tre grosse trombe dove venivano gettate le offerte che arricchivano il tesoro del tempio. In tutto quel trambusto Gesù si accorge del gesto di una vedova che getta nel tesoro del Tempio qualche euro, mentre i notabili della città e i devoti si spintonano per far notare le somme considerevoli che versano nelle sue casse. Perché Gesù si accorge di una vedova? La situazione delle vedove al tempo di Gesù non era come quella di oggi. Essere vedova era una disgrazia, non soltanto perché veniva a mancare un rapporto affettivo, relazionale con il proprio marito, ma perché si era persone socialmente disagiate, senza assistenza sociale, senza copertura. Spesso le vedove si ritrovavano o a mendicare o a diventare prostitute; le poche vedove che avevano avuto la fortuna di mettere da parte qualcosa, a volte venivano come arpionate da questi scribi un po’ carismatici, un po’ guru che divoravano i soldi con qualche offerta, qualche promessa (ciò lo vediamo ancora oggi).

Quante volte anche per noi ci sono momenti così: ci sono momenti nella vita in cui perdiamo tutto, la salute, il lavoro, una persona cara (non necessariamente perché muore), la voglia di vivere. Momenti faticosi, terribili, in cui abbiamo l’impressione di non sopravvivere. La vita di una vedova è segnata per sempre. A Gesù non passa inosservato quel gesto e commenta con i suoi discepoli che ha dato tutto quello che aveva. Nonostante la sua condizione, nonostante la sua vita, ella fa un gesto unico. E Gesù loda la generosità di questa donna che ha dato il suo necessario come offerta a Dio. Sì, il suo necessario, non il superfluo, quello che sta in superfice, quello che facciamo vedere agli altri. Il necessario. La nostra vita si gioca al 80% sul superfluo, cioè sull’immagine che abbiamo di noi stessi, quello che vorremmo che gli altri vedessero, quello che gli altri si aspettano che noi siamo. Spesso pendiamo dalle labbra e dal giudizio degli altri oppure, come la vedova di Elia nella prima lettura, ci trasciniamo un passo dopo l’altro, tenuti in vita da qualche affetto (il figlio per la vedova) ma rassegnati a veder consumare ogni forza, ogni energia.

Apparire, farsi vedere, ostentare è esattamente il contrario dell’amore. A volte siamo ostaggi dell’apparenza. E per questo continuiamo a coltivare semi di infelicità. Mi sembra che la logica che invece oggi il Signore ci vuol dare sia radicalmente diversa. Il sinonimo di superfluo è spazzatura e siccome non sappiamo cosa farcene di troppa roba allora benevolmente la diamo ai poveri travestendo quel gesto di carità. È anche vero che certe volte siamo così egoisti che non riusciamo nemmeno a disfarci del troppo e del superfluo ed è già una grande conquista quando arriviamo almeno a maturare questo. Allora Gesù chiama a sé i discepoli e insegna che nella vita ciò che conta è dare il necessario. Così è, cari cercatori di Dio: offriamogli in elemosina ciò che abbiamo dentro, ciò che ci è necessario per vivere. Non doniamogli i ritagli di tempo o di affetto, ma tutto l’amore di cui siamo capaci, tutta l’energia che portiamo nel cuore perché Dio la usi per salvare il mondo. Dà il necessario, cioè il rapporto con Dio sia autentico, dai a lui quello che sei dentro anche se non è granché, ma dai il vero di te, non l’apparenza; dai tutto ciò che sei, non stare in superficie. Sii te stesso.

Quindi il tempo che dedichiamo in parrocchia, il tempo che dedichiamo alla nostra vita interiore con semplicità, con tutti i nostri limiti perché la Chiesa è fatta di persone limitate, facciamolo davvero dando il tutto di noi stessi. Gesù non vuole delle persone perfette, non vuole delle persone mirabili non vuole dei santi, vuole persone generose che danno quello che sono. L’amore non è quantificabile, cioè non riguarda la quantità ma la qualità. E la qualità è data dalla capacità del cuore di togliere qualcosa da sé per darla ad un altro. L’anti-amore è prendere e accumulare, l’amore invece è dare fino a dare sé stessi. La fiducia di questa donna è l’immagine più significativa della conversione di un discepolo di Cristo. Buona domenica!

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