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Un gesto marchiato a lettere di fuoco

Commento al Vangelo Lc 24,12-35

Non è facile far entrare in noi la notizia della Pasqua. Convertirsi alla gioia è una grande fatica. Ci siamo detti che la domanda della Pasqua è la seguente: Gesù è Risorto, ok e cosa cambia per me? Se Tommaso è il patrono di quelli che sono scandalizzati dalla nostra non credibile testimonianza, oggi troviamo altri due amici che ci accompagnano ad affrontare un altro macigno che non ci fa passare dalla tristezza alla gioia della Pasqua: la delusione. Il racconto di Emmaus comincia con una delle frasi più tristi di tutto il vangelo: “noi speravamo”.

Quell’imperfetto usato per il verbo ci parla di una delusione continua, che rimane nel cuore e lascia dei segni. Essi stavano allontanandosi da Gerusalemme, delusi, dopo la morte del Maestro, che avevano amato, seguito, in cui avevano creduto. Erano cadute le illusioni, come anche per noi che più passa il tempo e più non crediamo a certe cose. Sul cuore hanno un macigno perché la croce di Gesù è stata come una catastrofe che ha spazzato via tutto. Questo perché dietro ogni delusione ci sono delle aspettative. La delusione è un’esperienza che capita solo a quelli che si sono dati il permesso di sognare e di sperare.

Chi non sogna e non spera non conosce la delusione, ma non conosce nemmeno la vita, perché la vita è viva solo quando ci sono sogni e speranze. Questi due discepoli riescono solo a raccontarsi a vicenda ciò che è accaduto in quel periodo della loro vita. Pensate: raccontano la notizia più bella della storia con una tristezza unica! E quella tristezza purtroppo contagia! Questo straniero si accosta loro e fa una domanda: Quali sono i discorsi che state facendo lungo la via? Bella questa domanda di Gesù. Quali sono i nostri discorsi in questi giorni? La parola smaschera quello che siamo. Ascolto tanti discorsi incentrati sul denaro, sul commercio, sul turismo, su dare la colpa a chi o a che cosa. Anche nelle comunità cristiane e anche dalla bocca di chi dice di essere cristiano ascolto discorsi assurdi su Dio, sulla chiesa e sulle persone. “Stolti e tardi di cuore”. Siamo dei cretini, degli idioti!

Questo rimprovero del Maestro oggi suona come un grosso squillo di tromba. Stolti e tardi nel battito cardiaco, tardi nel sentire con il cuore, tardi nel capire che c’è una grande opportunità. Quando siamo talmente chiusi su noi stessi, sulle nostre disgrazie, sulle nostre fatiche, abbiamo bisogno che qualcuno ci dia uno schiaffo, che qualcuno ci richiami e ci riporti all’essenziale. Abbiamo bisogno che qualcuno profeticamente dia una lettura di quello che sta accadendo. Senza Gesù siamo condannati a non capirci nulla della nostra vita. È Lui la vera chiave di lettura che ci permette di rileggere in maniera significativa la nostra storia. È grazie a Lui che una gioia, un dolore, una malattia, una prova, un imprevisto, un dono, assumono un significato più grande, e ci accorgiamo di avergli permesso di aver fatto questo perché d’un tratto il cuore comincia di nuovo ad ardere per qualcosa. Avere fede significa lasciare che Gesù ci spieghi la vita fino al punto di far rinascere dentro di noi una passione che pensavamo ormai perduta definitivamente. Ma tutto questo non basta. Come sempre non soltanto le parole dicono chi siamo ma sono i gesti che ci fanno comprendere chi siamo in realtà. Il racconto dei discepoli di Emmaus cambia scenario e si colloca nel villaggio, in un luogo in cui il Signore è invitato a sedere, a rimanere. Gesù entra, compie un gesto e scompare: spezza il pane.

Quel gesto per quei due di Emmaus ha un gusto tutto particolare, riattiva la memoria di quella sera, di quel pane donato, di quel corpo che era in croce. Ci sono dei gesti che marchiano a fuoco la nostra vita, che rendono presenti le persone nella nostra giornata e soprattutto in alcuni momenti. Un giorno una mamma prima di morire, prese un pezzo di pane, lo divise per i quattro figli e disse: “Quando la vita vi farà litigare, prendete un pane e fate come ho fatto io”. Ben presto dopo la morte della madre, i figli cominciarono a litigare per ovvie ragioni. Il figlio più piccolo si ricordò delle parole della madre e in presenza degli altri fratelli, prese il pane e lo divise in quattro parti. I fratelli piansero e riconobbero le parole della loro madre. Si, Gesù ha fatto questo gesto che ci dice: “Se volete che io sia presente ripetete questo gesto in memoria di me!”.

Sono 2000 anni che ripetiamo quel gesto che ci fa aprire gli occhi e uscire dalla delusione. Allora torniamo da questa domenica, andiamo dagli altri a dire di averlo visto, di averlo incontrato mentre eravamo tristi e affaticati. Egli ci accompagna, è presente, ci sta accanto non indifferente, porta sui suoi palmi i segni dei chiodi e non è uno che sta nell’iperuranio. Si, Signore grazie di essere Risorto e ti sentiamo anche oggi accanto a noi! Buona domenica!

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