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Consolazioni dello spirito

Un altro argomento tratto dal tema del discernimento è la “consolazione”, così continuano le catechesi di Papa Francesco: «Che cos’è la consolazione spirituale? È un’esperienza di gioia interiore, che consente di vedere la presenza di Dio in tutte le cose; essa rafforza la fede e la speranza, e anche la capacità di fare il bene. La persona che vive la consolazione non si arrende di fronte alle difficoltà, perché sperimenta una pace più forte della prova. Si tratta dunque di un grande dono per la vita spirituale e per la vita nel suo insieme.

È vivere questa gioia interiore. La consolazione è un movimento intimo, che tocca il profondo di noi stessi. Non è appariscente ma è soave, delicata, come una goccia d’acqua su una spugna: la persona si sente avvolta dalla presenza di Dio, in una maniera sempre rispettosa della propria libertà. Non è mai qualcosa di stonato che cerca di forzare la nostra volontà, non è neppure un’euforia passeggera: al contrario, come abbiamo visto, anche il dolore – ad esempio per i propri peccati – può diventare motivo di consolazione.

Pensiamo all’esperienza vissuta da Sant’Agostino quando parla con la madre Monica della bellezza della vita eterna; o alla perfetta letizia di San Francesco – peraltro associata a situazioni molto dure da sopportare –; e pensiamo a tanti santi e sante che hanno saputo fare grandi cose, non perché si ritenevano bravi e capaci, ma perché conquistati dalla dolcezza pacificante dell’amore di Dio. … La consolazione è una pace tale ma non per rimanere lì seduti godendola, no, ti dà la pace e ti attira verso il Signore e ti mette in cammino per fare delle cose, per fare cose buone. In tempo di consolazione, quando noi siamo consolati, ci viene la voglia di fare tanto bene, sempre. Invece quando c’è il momento della desolazione, ci viene la voglia di chiuderci in noi stessi e di non fare nulla. La consolazione ti spinge avanti, al servizio degli altri, alla società, alle persone. La consolazione spirituale non è “pilotabile” – tu non puoi dire adesso che venga la consolazione, no, non è pilotabile – non è programmabile a piacere, è un dono dello Spirito Santo: consente una familiarità con Dio che sembra annullare le distanze».

Il nostro santo patrono Francesco d’Assisi viene spesso ricordato per la sua gioia soprannaturale ma anche per la sua grande sofferenza, frutto di tanta penitenza per amore di Dio. Eppure la gioia in lui ha sempre avuto il sopravvento rispetto al dolore. “Quando ritornava dalle sue preghiere personali, durante le quali si trasformava quasi in un altro uomo, cercava di conformarsi quanto più poteva agli altri, per il timore che, se appariva col volto raggiante, il venticello dell’ammirazione non gli togliesse il merito guadagnato.

Anzi spesso ripeteva ai suoi intimi: «Quando il servo di Dio nella preghiera è visitato dal Signore con qualche nuova consolazione, deve prima di terminare, alzare gli occhi al cielo e dire al Signore a mani giunte: –Tu, o Signore, hai mandato dal cielo questa dolce consolazione a me indegno peccatore: io te la restituisco, affinché tu me la metta in serbo, perché io sono un ladro del tuo tesoro–».

E ancora: «Signore, toglimi il tuo bene in questo mondo, e conservamelo per il futuro». E continuava: «Così deve comportarsi, in modo che, quando esce dalla preghiera, si mostri agli altri così poverello e peccatore, come se non avesse conseguito nessuna nuova grazia». E spiegava: «Per una mercede di poco valore capita di perdere un bene inestimabile e di provocare facilmente il nostro benefattore a non ridarlo più». Infine, era suo costume alzarsi a pregare così di nascosto e silenziosamente, che nessuno dei compagni poteva accorgersi che si alzava o pregava. Quando invece alla sera si metteva a letto, faceva rumore e quasi strepito, per far sentire a tutti che andava a coricarsi” (FF 686).

Papa Francesco conclude: «Per questo si deve fare discernimento, anche quando ci si sente consolati. Perché la falsa consolazione può diventare un pericolo, se la ricerchiamo come fine a sé stessa, in modo ossessivo, e dimenticandoci del Signore. Come direbbe San Bernardo, si cercano le consolazioni di Dio e non si cerca il Dio delle consolazioni. Noi dobbiamo cercare il Signore e il Signore, con la sua presenza, ci consola, ci fa andare avanti». 

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