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Dal 3 al 6 novembre Papa Francesco ha voluto fare un viaggio apostolico in Bahrein, nel Golfo Persico, per incontrare il Re e dialogare con i fratelli mussulmani, i cristiani e le altre piccole realtà religiose del luogo, per essere portatore di pace e difendere la convivenza tra le diverse identità religiose. Durante l’udienza generale Papa Francesco racconta l’esperienza vissuta: «Viene spontaneo chiedersi: perché il Papa ha voluto visitare questo piccolo Paese a grandissima maggioranza islamica? Ci sono tanti Paesi cristiani: perché non va prima da uno o dall’altro? Vorrei rispondere attraverso tre parole: dialogo, incontro e cammino.

Dialogo: l’occasione del Viaggio, desiderato da tempo, è stata offerta dall’invito del Re a un Forum sul dialogo tra Oriente e Occidente. Dialogo che serve a scoprire la ricchezza di chi appartiene ad altre genti, ad altre tradizioni, ad altri credo. Il Bahrein, un arcipelago formato da tante isole, ci ha aiutato a capire che non si deve vivere isolandosi, ma avvicinandosi. … Lo esige la causa della pace, e il dialogo è “l’ossigeno della pace”. … In Bahrein ho avvertito questa esigenza e ho auspicato che, in tutto il mondo, i responsabili religiosi e civili sappiano guardare al di fuori dei propri confini, delle proprie comunità, per prendersi cura dell’insieme. Solo così si possono affrontare certi temi universali, per esempio la dimenticanza di Dio, la tragedia della fame, la custodia del creato, la pace. … Ma non ci può essere dialogo senza – seconda parola – incontro. In Bahrein ci siamo incontrati, e più volte ho sentito emergere il desiderio che tra cristiani e musulmani gli incontri aumentino, che si stringano rapporti più saldi, che ci si prenda maggiormente a cuore. … Così andiamo verso la terza parola: cammino.

Il viaggio in Bahrein non va visto come un episodio isolato, fa parte di un percorso, inaugurato da San Giovanni Paolo II quando si recò in Marocco. Così, la prima visita di un Papa in Bahrein ha rappresentato un nuovo passo nel cammino tra credenti cristiani e musulmani: non per confonderci o annacquare la fede, no: il dialogo non annacqua; ma per costruire alleanze fraterne nel nome del padre Abramo, che fu pellegrino sulla terra sotto lo sguardo misericordioso dell’unico Dio del Cielo, Dio della pace. Per questo il motto del viaggio era: “Pace in terra agli uomini di buona volontà”». 

È nota la storia dell’incontro tra San Francesco d’Assisi e il Sultano d’Egitto, Melek el Kamel, quando i tempi non erano ancora maturi per un dialogo fraterno tra le parti e quando chi non era fedele al Corano veniva prontamente punito con la morte dai seguaci di Maometto. “Quando ebbe finalmente ben ordinati e infiammati i frati, e li ebbe consolidati e confermati, con divine parole ed esempi, per quanto era in suo potere, a riverire e ad osservare puramente e fedelmente la vita della perfezione promessa, il beato Francesco, spinto dal fervore della carità serafica per la quale era tutto attratto in Cristo, desiderando ardentemente di offrirsi a Dio come ostia viva attraverso la fiamma del martirio, per ben tre volte intraprese il viaggio verso le parti degli Infedeli. Ma per due volte ne fu impedito da divina disposizione, volendo Dio provare più pienamente la fiamma del suo fervore. La terza volta, dopo aver subito molti obbrobri, catene, battiture e fatiche, fu condotto, per volontà di Cristo, davanti al Sultano di Babilonia. Stando alla sua presenza, tutto ardente del fuoco dello Spirito Santo, annunciò a lui con tanta forza e con una predicazione così viva ed efficace Cristo Gesù e la fede del suo Vangelo, che il Sultano e tutti i presenti furono pieni di ammirazione. Infatti, per la potenza delle parole, che Cristo parlava in lui, il Sultano, convertito a mansuetudine volentieri prestava ascolto alle sue parole, contro il divieto della sua legge nefanda, e lo invitò con insistenza a prolungare la sua permanenza nella sua terra, e diede ordine che lui e tutti i suoi frati potessero liberamente recarsi al sepolcro di Cristo, senza pagare nessun tributo” (FF 2154). Papa Francesco conclude: «Incontrandoci e pregando insieme, ci siamo sentiti un cuore solo e un’anima sola. Pensando al loro cammino, alla loro esperienza quotidiana di dialogo, sentiamoci tutti chiamati a dilatare gli orizzonti: per favore, cuori dilatati, non cuori chiusi, duri. Aprite i cuori, perché siamo fratelli tutti e perché questa fratellanza umana vada più avanti. Dilatare gli orizzonti, aprire, allargare gli interessi e dedicarci alla conoscenza degli altri. Se tu ti dedichi alla conoscenza degli altri, mai sarai minacciato. Ma se tu hai paura degli altri, tu stesso sarai per loro una minaccia. Il cammino della fraternità e della pace, per procedere, ha bisogno di tutti e di ciascuno».

Immagine: Vatican News

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