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Veglia di preghiera per la Giornata Missionaria Mondiale – Testimonianze

Come vi avevamo riferito, martedì 25 ottobre si è tenuta, presso la Basilica di Santa Restituta in Lacco Ameno, la Veglia di preghiera per la Giornata Missionaria mondiale. Vi proponiamo ora due testimonianze

Testimonianza di don Pino

Don Pino Di Salvatore, missionario, è stato in Camerun dal 1978 al 2009; poi dal 2009 al 2020 in Belgio. Dopo un anno di seminario minore, per il quale riteneva di non essere adatto, si iscrisse a Medicina e frequentò il movimento studentesco attratto dall’ideale di giustizia e di vicinanza ai derelitti.

Dopo il Concilio Vaticano II c’era una notevole effervescenza nella Chiesa e un sacerdote che lui conosceva fece una scelta di vita andando a vivere con i poveri. Pino e altri giovani lo seguirono.  Vivevano in una baracca e impararono a fare tanti lavori. Nel pomeriggio facevano doposcuola ai bimbi.  Dopo un po’ di tempo – racconta don Pino – ci fecero approfondire lo studio della filosofia e della teologia.

Nel ’74 si tenne il Sinodo sull’evangelizzazione del mondo moderno. Nel ’75 uscì l’Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi e ne eravamo molto felici. Fu a quel punto che ci chiesero di andare in Camerun per dare una mano e noi dicemmo di SI senza sapere cosa sarebbe stato quel viaggio. Studiai meccanica e auto e lì insegnai.

La parrocchia aveva un territorio di circa 14.000 Km quadrati: 300 volte Ischia. 70 villaggi, 45.000 abitanti. E non eravamo preti. Ma nel 1979 fui ordinato: nella foresta, perché in chiesa non c’era sufficiente spazio.

Bisogna essere grati ai primi missionari di S. Vincenzo Pallotti. Erano tedeschi: morirono giovani a 27-30 anni falciati dalla malaria.  I missionari erano figli del loro tempo e partirono con l’idea della superiorità dell’Europa e della sua civiltà. Anche la missione era dunque civilizzatrice. In Camerun ci fu questa pastorale della terra bruciata: in buona fede distrussero tante tradizioni perché ritenute sataniche. Pensavano che fatta tabula rasa potevano impiantare di nuovo il Vangelo. Nel ’90 uscì l’Enciclica Redemptoris Missio.

La comunione tra le Chiese crea uno scambio di doni ma noi pensavamo di dover soltanto dare: la pastorale della dipendenza, cioè “noi diamo, loro ricevono”. Questa mentalità secondo la quale “io ti do perché hai bisogno di me, mentre io no” creò dipendenza: non eravamo pronti a ricevere. E accadde una cosa controproducente: arrivarono 1.000 miliardi di dollari, tantissimi soldi, ma la percentuale della povertà passò dall’11% al 68%. A quel punto ci dicemmo che qualcosa non funzionava. Quando si vuole aiutare, bisogna infatti aiutare in modo intelligente. 

Un giorno un cardinale ci chiamò. Facemmo 150 km in 9 ore e arrivammo lì. Disse che ci aveva convocati perché voleva dirci: “Vi voglio bene … perché ogni tanto bisogna dirselo”.

Lo sforzo missionario era quello di passare da una pastorale della dipendenza a una pastorale della responsabilità. Creammo una cooperativa di contadini. Erano tanti.  La missione è uno scambio di doni, ma siamo disposti a ricevere un’esperienza e una visione che viene da un mondo diverso? Fino a quando pensiamo che la nostra civiltà è superiore – “Tu hai bisogno di me, io no” – saremmo capaci di ricevere?

Pensate che lì ci sono persone che ricevono l’Eucaristia una-due volte l’anno.   

Testimonianza di suor Laura

Come Congregazione delle suore di s. Carlo Lwanga e i suoi Compagni martiri siamo venute in Italia nel 2005 per prenderci cura dei sacerdoti anziani e i poveri che vivono per la strada.

Quand’ero piccola vidi il vestito nero di un sacerdote. Mi chiesero se lo volevo indossare e se volevo fare incontri vocazionali. Tra tutte le congregazioni scelsi questa e la madre superiora, insieme a un’altra suora, mi vennero a trovare.

Così le ho conosciute e sono andata a vivere con loro. Il mio fratellino piccolo restò in una scuola. Il primo anno fu difficile perché c’erano orari per ogni cosa. Allora dissi scherzosamente: “Ma ora cambio idea!”

Nel ’94 ho iniziato il noviziato e nel ’96 la prima professione. Nel ’98 hanno distrutto la nostra comunità. C’è stata una guerra e nel ’99 ci hanno portato via tutto. Hanno ucciso anche il parroco. Eravamo rimaste in due e avevamo soltanto l’abito rovinato che indossavamo.

Ci bruciarono anche la Cappellina. Allora portammo Gesù con noi e ci incamminammo verso la comunità più vicina. Restammo lì fino al 2000, cioè fino a quando siamo partite chiedendo al Generale il permesso. 

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