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Laici: mano della Provvidenza per i sacerdoti

Il sostentamento del clero è una forma di sostegno introdotta con la revisione del Concordato tra Stato italiano e Chiesa Cattolica e la successiva intesa sempre tra Stato italiano e Conferenza episcopale italiana. Sono offerte deducibili dal proprio reddito. È un’occasione per manifestare gratitudine ai propri pastori, ma anche partecipazione al loro ministero, provvedendo alle loro necessità. Le offerte non sono destinate ai soli parroci, ma anche ai sacerdoti che vanno in missione o sono anziani e malati, ai sacerdoti che insegnano religione, a quelli che assistono spiritualmente i malati negli ospedali o i detenuti come cappellani nei carceri. I sacerdoti sono figure importanti e sanno entrare nelle pieghe della società a volte meglio di politici e assistenti sociali; cresce, infatti, il numero dei sacerdoti impegnati  in prima persona a combattere mafie e ingiustizie di ogni tipo, rispondendo con generosità e gioia all’appello del Papa a raggiungere tutte le periferie esistenziali con la luce del Vangelo di Cristo. Lo Stato non provvede più al sostentamento del clero, lo fanno i fedeli con la firma dell’Otto per mille. Se i laici vogliono che la Chiesa funzioni, se si sentono veramente parte di Essa, non possono non sostenere i sacerdoti. Capisco che i sacerdoti, così legati a Dio e desiderosi di ricambiare il Suo Amore, avvertano la difficoltà di affrontare questo discorso, ma dovrebbero sempre ricordarsi che vivono della generosità degli altri e che tutto questo è giusto nell’economia del Vangelo.

Personalmente ho conosciuto tanti sacerdoti con cui ho costruito veramente un rapporto fraterno. Ho conosciuto testimoni forti del Vangelo, che mi hanno aiutata moltissimo a crescere e che, con tanta umiltà, si sono abbassati ad ascoltarmi, a confessarmi, a dirigermi. Persone senza le quali tanti “ultimi”, fratelli in estrema difficoltà, non ce l’avrebbero fatta.

Don Pasquale Mattera ci ha concesso molto gentilmente un’intervista, attraverso cui comprendere il punto di vista dei sacerdoti su questo argomento:

D: «Caro don Pasquale, in che decanato oggi porti il tuo servizio?».

R: «Da alcuni anni sono decano della zona di Barano- Serrara Fontana e svolgo il mio servizio nel comune di Serrara Fontana. Sono parroco della parrocchia di Santa Maria della Mercede dal 2017, e amministratore parrocchiale delle due chiese, prima della chiesa di Santa Maria del Carmine a Serrara, poi di S. Michele Arcangelo a S. Angelo. Mi distribuisco un poco per parte, in modo da assicurare la celebrazione eucaristica domenicale, qualche celebrazione feriale, l’assistenza alle persone, agli ammalati. Non si può fare tutto, ma si cerca di assicurare la presenza in tutte le realtà, anche durante la settimana. Ovviamente vengono amministrati regolarmente tutti i sacramenti, funerali, battesimi, matrimoni, etc.».

D.: «Da quanti anni sei sacerdote e in che modo il sostentamento del clero è importante?».

Don Pasquale: «Sono sacerdote da 34 anni. Bisogna riconoscere che il sostentamento del clero ci consente di vivere. Già da diacono ricevevo questo sostentamento, stetti a Cuotto. Poi, ordinato, andai a Barano-Testaccio. Questo contributo ci fa vivere in modo sereno, perché, grazie alla generosità della gente, il popolo di Dio, possiamo svolgere il nostro ministero. Forse molti non sono nemmeno consapevoli di questo, forse la firma della dichiarazione dei redditi viene fatta senza pensarci tanto. Se facciamo molte cose, dipende da questo aiuto. Noi sacerdoti dobbiamo veramente essere grati al popolo di Dio».

D.: «Tu hai lavorato per le vocazioni, cosa ricordi di quest’esperienza?».

R.: «Io ho lavorato per le vocazioni e sono stato responsabile anche dei seminaristi. È stato un lavoro affascinante. Rientra in un discorso particolare, cioè, se sei contento che il Signore ha volto su di Te il suo sguardo, se sei cosciente di aver ricevuto un dono, vuoi condividerlo anche con gli altri. Questo dono può essere per tutti, il Signore chiama tutti, ed è bello che pure gli altri possano scoprirlo. Ho un bellissimo ricordo dei campo-scuola con adolescenti e preadolescenti, che si affacciavano alla vita e scoprivano l’amore di Dio. Paolo VI diceva: “La vita è un dono e una missione allo stesso tempo”. La chiamata esige una risposta che è il dono della propria vita. È stato un momento di grazia a volte sofferto anche con i seminaristi, ma che porto sempre nel cuore. Il compito dell’animatore vocazionale è far sentire l’amore di Dio. Il cammino dei seminaristi è esigente e faticoso, perché bisogna guardare ciò che hanno trovato e non ciò che hanno lasciato. Mi colpiscono gli animali, perché ci aiutano a capire. Ad esempio, il cane aiuta il pastore a rimettere dentro il recinto le pecorelle, sta ai piedi del Signore. A volte ci rimette la vita davanti al lupo, a volte fa una vita proprio “da cane”. È un’immagine molto efficace per spiegare chi è il sacerdote».

D.: «Siamo nel sessantesimo del Concilio: secondo te, i sacerdoti sono più famiglia con la gente e sentono di essere sostenuti, oppure c’è sempre l’idea che i sacerdoti siano un gruppo a parte che “comanda i fedeli”?».

R.: «C’è sempre un equilibrio da mantenere. Il sacerdote non deve dimenticare che non è l’amico, è la guida, come i genitori. Questa comunione con i laici dev’essere vissuta nel rispetto dei ruoli, come in una famiglia. Non è bella l’idea del prete che “sta sopra” e della gente che “sta sotto”. Dice San Paolo: “Siate sottomessi nel nome del Signore”, è una sottomissione d’amore. Gesù non è venuto per comandare, ma per servire. Non ci si serve della gerarchia per comunicare la fede, ma il ruolo è importante. È una crisi che vediamo a tutti i livelli, pure a scuola, con gli insegnanti, che non devono essere amici, ma guide. Il sacerdote che si apre alla comunità è una novità del Concilio. Il Concilio è stato un atto coraggioso, ci apre al futuro, è ancora da comprendere e da vivere. Sessant’anni sono molti, ma anche pochi. Noi spesso assistiamo a nostalgie del passato, anche il Papa lo vede come una malattia nella Chiesa. Sta a noi trovare un equilibrio tra il Concilio ed il tempo attuale. L’apertura non significa confusione, massificazione. Il Concilio non è svilimento del Vangelo, ma si rifà proprio ad esso, come sequela delle orme di Gesù. Anche il Sinodo lo vedo nella luce del Concilio. Papa Giovanni sentiva che il mondo stava cambiando, così anche Papa Francesco. Il Sinodo ci spinge a non restare rigidi, ma ad andare incontro agli altri, è uno stile, è rendersi conto che dobbiamo camminare insieme. Possiamo dire che il Sinodo è la lingua che parla il Concilio oggi».

D.: «Quanto ti preoccupa il caro energetico e l’aumento dei prezzi a livello personale e nella situazione della gente che chiede già aiuto alle Caritas parrocchiali?».

R.: «Dobbiamo stare attenti alla crisi. Spesso la violenza mediatica non aiuta a mantenere la lucidità, ma crea ancora più paura e sconforto. Dovremo stare attenti alle situazioni psicologiche che si creeranno in questo periodo. Il problema è di vasto raggio. Siamo tutti invitati a fare risparmio. Questo si dovrebbe già fare nel rispetto delle risorse della Terra, noi non dobbiamo dimenticare ciò che dice Papa Francesco nella ‘Laudato si’’. L’economia, prima che essere dettata dalla paura e dai profitti, dovrebbe essere dettata dal rispetto della Terra. Noi sacerdoti siamo sempre attenti, sensibili alle necessità della gente che ha difficoltà e creare ponti. Noi sacerdoti pure dobbiamo fare i conti con la benzina, la luce, il calore, l’acqua, tutto ci vuole. Il sacerdote, però, diventa testimone del fatto che Dio provvede. Diceva Santa Teresina: “Domani la provvidenza si alzerà prima del sole”.  Non dobbiamo perdere di vista questa fede e inculcarla nei fedeli».

D.: «Quanto il concetto di condivisione dei beni è entrato nelle comunità?».

R.: «Tutto deve diventare stile. Le comunità in alcuni momenti sono generose. Bisogna con calma e pazienza educare a condividere tutto, anche il tempo, la vita con persone sole, malate. Non basta solo dare la spesa, e menomale che lo si fa. Dipende da come cammina una comunità. Una comunità si misura con la preghiera e L’Eucaristia. Bisogna partire dall’idea che è Gesù per primo a condividere tutto con noi. È un livello di comprensione che richiede tempo».

D.: «Alcuni sacerdoti, per sopraggiunti limiti di età o per acciacchi fisici, non possono più prendersi in carico una parrocchia, cosa diresti loro e cosa diresti a noi di loro?».

R.: «Il sostentamento del clero non si interrompe con il pensionamento. I sacerdoti anziani, se riescono, possono ancora dare tanto per celebrare messe dove c’è bisogno, è bello coinvolgerli. Un’idea che trovo buona è coinvolgerli in ambienti nuovi. La gente è contenta di incontrarli, è una ricarica reciproca, per i fedeli e per loro. Ricordo con affetto don Vincenzo Avallone che mi offriva sempre la sua disponibilità. La loro testimonianza è servire fino alla fine Dio, esserGli fedeli. Quand’ero giovane, guardavo i sacerdoti anziani con ammirazione, perché erano stati capaci di perseverare. Tu devi essere sacerdote fino alla fine. Gli spostamenti aiutano a capire che il sacerdote non si identifica con il parroco, prima di essere parroci, siamo sacerdoti, legati a Dio Unico Bene. Ho un po’ paura della vecchiaia, devo convertirmi su questo. Sostenere il clero anziano, non solo con il cibo, ma anche a livello morale, affettivo, psicologico è importante, non solo da parte dei fedeli, ma anche dei sacerdoti».

D.: «Questo è il mese delle missioni, ma tutti siamo inviati. Quanta consapevolezza c’è di questo e che ruolo hanno i sacerdoti nel farcelo comprendere?».

R.: «Delle missioni si parla solo in vista della Giornata Missionaria Mondiale.  Tutti siamo chiamati ed inviati. Nel messaggio missionario di quest’anno, è stato sottolineato che siamo inviati in missione insieme, a due a due. Lo diceva Madre Teresa, lo dice il Papa. Bisogna capire lo spirito comunitario della missione, che si è cioè portatori di un messaggio condiviso, che viene da Dio. Va superata l’idea della sola offerta, invece va riscoperta l’importanza della preghiera per il mondo, e insegnata partendo dai bambini. A me piace molto utilizzare il rosario missionario. Il mese delle missioni corrisponde al mese del rosario. Il pregare per i continenti diventa un’azione missionaria bellissima: preghi il rosario e ti ricordi del mondo. Oggi non possiamo vivere senza il mondo, siamo tutti cittadini del mondo, c’è un continuo scambio con il mondo. Come cristiani dobbiamo imparare a raggiungere tutte le periferie del mondo con la preghiera. Noi possiamo offrire a Dio questo contributo, soprattutto quando sentiamo che siamo impotenti di fronte a certe sfide. Spesso abbiamo una mentalità attivista, dobbiamo produrre, invece dobbiamo guardare a quel granello di senape del Vangelo, al lievito che fa fermentare la massa. È una cosa che non si vede, ma è importantissima».

D.: «In cosa noi ischitani siamo egoisti e in cosa siamo generosi? In poche parole, come possiamo migliorare?».

R.: «Per la mia esperienza posso dire che non è un problema degli ischitani, ma dell’intera umanità. L’ischitano è un essere umano come tutti gli altri, ci sono persone generose e persone che lo sono meno. Il lavoro che dobbiamo sempre fare è un lavoro di umanità. Gli ischitani devono ricordarsi di aprirsi agli altri, altrimenti si rischia l’isolamento, è un fatto tipico. Io posso testimoniare di aver trovato cuori generosi e aperti, a volte anche da parte di chi meno me l’aspettavo. Bisogna distruggere qualche barriera di diffidenza, dettata da esperienze di sofferenza, da ferite. C’è un po’ di paura, ma in generale prevale la magnanimità. Impariamo, come mamme di famiglia, a guardare sempre al bene, a cercarlo, perché si trova».

D.: «Nel ringraziarti per la tua collaborazione, vogliamo chiederti un augurio per la nostra chiesa diocesana …».

R.: «L’augurio che faccio alla comunità diocesana è quello di camminare nella sottomissione alla volontà di Dio, che ci viene espressa attraverso il Vescovo. Soprattutto la sottomissione alla volontà di Dio, perché, quando i disegni umani vacillano, è l’unica cosa certa: “Signore, aiutaci a fare la Tua volontà”. Sant’Ignazio d’Antiochia ebbe a dire:” E ora ho una raccomandazione da farvi: procurate di compiere ogni azione nella concordia di Dio, sotto la guida del vescovo che tiene il posto di Dio, dei presbiteri che rappresentano il collegio apostolico e dei diaconi a me tanto cari, ai quali è stato affidato il ministero di Gesù Cristo che era prima dei secoli presso il Padre e si è manifestato alla fine dei tempi… Tenetevi uniti al vescovo e a quelli che presiedono, in modo da fornire a tutti un’immagine e una prova della vita immortale nel cielo.”».

di Luigina Buono


Sono quattro i modi per sostenere i sacerdoti:

  • il conto corrente postale numero 57803009;
  • la carta di credito: i titolari di Mastercard e Visa possono telefonare al numero verde 800 825000  o attraverso il sito www.unitineldono. it/dona- ora;
  • attraverso Paypal, selezionando sul sito www.unitineldono.it/dona-ora;
  • un bonifico bancario all’iban IT 90 G 05018 03200 000011610110 a favore dell’Istituto centrale sostentamento cler0 con la causale “Erogazioni liberali”.

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