Celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo Gennaro per l’insediamento di don Cristian Solmonese nella Parrocchia di San Vito Martire in Forio – Venerdì 2 settembre
1Cor 4,1-5; Lc 5,33-39
Con grande gioia ed evidente emozione la comunità parrocchiale di san Vito Martire in Forio ha accolto venerdì 2 settembre il nuovo parroco don Cristian Solmonese, che arriva a Forio dopo 11 trascorsi come parroco della Parrocchia di san Leonardo in Panza. La celebrazione eucaristica è stata presieduta dal Vescovo Gennaro. Erano presenti alcuni dei sacerdoti del Decanato di Forio, oltre a Don Giuseppe Nicolella, che appartiene per nascita alla comunità parrocchiale. In una atmosfera di vera gioia la Parrocchia ha anche salutato Padre Nunzio, che è stato amministratore parrocchiale dopo la morte dell’amato e indimenticabile don Giovì, Mons. Regine, che ha guidato per decenni la comunità foriana.
Forte della sua ormai solida esperienza, aperto alle nuove esperienze, don Cristian non ha nascosto la sua emozione e la sua gioia per il nuovo impegno che lo attende, consapevole di raccogliere una eredità di non poco peso.
Il Vescovo nella sua omelia ha subito precisato quale debba essere il ruolo del parroco all’interno di una comunità: «Nella comunità che viene da lui affidata dal vescovo, il parroco è chiamato ad essere servitore dell’unità. Tra parroco e fedeli deve esserci reciproca carità, è necessario che parroco e comunità formino una sola famiglia». L’unità alla quale ha fatto riferimento il Vescovo non è altro che quella invocata da Gesù stesso nell’ultima cena, durante la quale ha pregato il Padre in questo modo: “Padre, che siano una cosa sola tutti i miei discepoli, perché il mondo creda”. Dunque la comunione reciproca è la prima testimonianza che una comunità deve dare, ‘affinché il mondo creda’, affinché ci sia credibilità. Al parroco viene concesso il mandato della presidenza – ha proseguito il Vescovo -, ma nel senso del servire, presiedere è servire nella carità, non è esercizio di potere. «C’è tradimento della missione del Vescovo come del presbitero se si insinua la tentazione del potere, poiché Cristo regna sulla croce e per lui regnare è servire».
Consapevole della eredità che il lungo servizio di Mons. Regine ha lasciato alla comunità e che inevitabilmente raccoglierà don Cristian, il Vescovo ha voluto nel suo discorso fare riferimento alla memoria che deve essere coltivata senza dubbio, ma che «non deve diventare una gabbia, deve piuttosto essere una radice, che come tale non va tagliata, da essa si deve procedere per andare avanti». Viene in aiuto il brano che costituisce la Prima Lettura, tratto dalla Lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi, nella quale san Paolo ricorda che “ognuno deve considerarsi servo di Cristo e amministratore dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele”. Nel brano del Vangelo, tratto da Luca, si parla poi di tradizione e di novità, del rapporto tra vecchio e nuovo, tra vino nuovo e otri vecchi, tra vestiti vecchi e toppe inutili, come a sfidarci a pensare a quanto siamo attaccati alle cose vecchie, ma anche a pensare cosa sono e quali sono le cose vecchie. Vero è che – ha precisato il Vescovo – che non è molto evangelica la famosa frase “Si è sempre fatto così”. Occorre il coraggio di buttar via il vecchio che non serve più. Tutte le epoche storiche – ha proseguito il Vescovo – hanno ceduto alla tentazione di non aprirsi a ciò che lo Spirito Santo diceva alla Chiesa di quel tempo. Dunque un monito a non fossilizzarsi nella tentazione di preservare ciò che è vecchio, ma a salvare ciò che è ancora valido, guardando anche avanti, alla novità, a ciò che lo Spirito Santo, nel suo infinito soffiare, di volta in volta, di epoca in epoca, ci ispira. Così ha concluso il Vescovo rivolgendosi a don Cristian: «Sia lo stupore l’atteggiamento sempre presente nella celebrazione dei Santi Misteri. Dirai il tuo sì all’impegno di pregare assiduamente per il popolo di Dio che ti viene affidato, in particolare per i poveri e i bisognosi. Sii sempre unito a Cristo, sia la tua vita un canto di amore a Dio e agli uomini».