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Ordo Virginum, profezia di sinodalità

Come Chiesa, come umanità, veniamo dal costato di Cristo il nuovo Adamo – ci ha spiegato il Celebrante durante l’omelia della S. Messa nel secondo giorno di Incontro Nazionale a Roma – dalla quale viene la Sposa, di cui facciamo parte.

Come persone singole, come comunità, come gruppo, possiamo far esperienza di aridità che proviene dall’aver perduto la Speranza. La speranza è un tema conciliare. Giovanni XXIII parlò di chi non guarda il futuro in maniera speranzosa, che NON significa “disincarnata, illusa, come se non ci fossero difficoltà nella vita”. In questo tempo – in seguito a pandemia, guerra, crisi economica e energetica e a tutto quello che nella nostra realtà emerge – la speranza è una virtù da riscoprire e valorizzare di più, insieme a fede e carità. Vivono nel cuore di ciascuno di noi.

Guardare questa aridità, prendere contatto con questa realtà, riconoscere che con lo Spirito, attraverso la profezia della Chiesa e di ciascuno, queste ossa possono rivivere. Intanto questo è anche fare memoria della nostra vocazione personale, di quella parola, di quel gesto, di quell’incontro col Signore riconosciuto come fecondi e dalla quale è partita tutta una storia, la storia della propria vocazione.

Dentro le relazioni che tessiamo lo Spirito Santo ha la possibilità di ridare la vita. Talvolta lo vediamo disincarnato, come se svolazzasse e non avesse nulla a che fare con la nostra carne. In realtà lo Spirito di Dio scorre nella Creazione, nella realtà, nella storia come corpo della Chiesa e di tutta l’umanità, attraverso le relazioni dei cuori che si intessono gli uni con gli altri.

Canali dello Spirito, come i vasi sanguigni del corpo, sono questa fitta relazione tra i cuori e tra le persone. Vite legate le une alle altre, storie belle o brutte, positive o negative, è in tutte queste che lo Spirito Santo viene ad abitare.

Nell’annuncio vocazionale possiamo fare due passi: 1) la dimensione di fraternità, di sororità, di amicizia, di vicinanza, di maternità; 2) possibilità di riconoscere un appello che viene dalla storia, che viene dalla Parola, perché qualcuno scelga.

Ci pensiamo, a volte o spesso, come vocazioni isolate le une dalle altre. Credo che la Chiesa sia invece chiamata a crescere nella comunione tra le forme vocazionali che sono annuncio reciproco le une per le altre.

La mia vocazione non è mia soltanto ma è sempre in qualche modo “nostra”. In ogni forma vocazionale c’è un’appartenenza che è sempre per qualcun altro, cioè a servizio di qualcuno, per il mondo ma anche per la vocazione degli altri. Come sarebbe bello se riuscissimo a guardarci, nelle forme vocazionali, riconoscendo la preziosità della vocazione che è a servizio reciproco gli uni per gli altri.

Invito a questo sguardo di speranza.

Non siamo soli, ma siamo dentro questa grande comunione di uomini e donne radunate, raccolte, intorno all’altare, intorno all’Agnello e formano pian piano il corpo della sposa che si prepara alle nozze.

Con questo meraviglioso “bagaglio” sapienziale, nel pomeriggio, ci siamo recate alle Catacombe di san Callisto affidate ai Salesiani di don Bosco. Questo luogo molto suggestivo è uno dei più grandi, antichi e importanti cimiteri sotterranei di Roma, dove furono seppelliti i corpi di mezzo milione di cristiani, perseguitati e non, tra cui anche martiri e pontefici.

Abbiamo poi proseguito per la straordinaria Basilica di San Sebastiano fuori le mura, costruita dall’imperatore Costantino e oggi affidata ai Frati francescani, dove furono custoditi a loro tempo i corpi degli apostoli Pietro e Paolo. All’interno della basilica, opere pregiatissime: da visitare, da contemplare.

di Angela Di Scala

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