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Celebrazione eucaristica di mercoledì 13 aprile officiata da Mons. Pascarella in Cattedrale

La Messa del Crisma, celebrata anche quest’anno in Cattedrale il mercoledì sera, presieduta da Mons. Pascarella, è un appuntamento atteso da tutta la comunità isolana, che partecipa sempre con grande affetto ad una celebrazione che vede riunito tutto il clero di Ischia. Quest’anno in particolare si è sentito forte il peso della situazione che stiamo vivendo, tra una pandemia che sembra non volerci lasciare ed una terribile guerra in corso.

Anche l’omelia del Vescovo ha risentito di questo clima, un momento – ha detto Mons. Pascarella – che sta mettendo in luce il lato peggiore dell’umanità, che sta creando morte e distruzione e toglie dignità all’uomo. In questa situazione tuttavia ancor più splendida e luminosa si staglia in controluce la figura di Cristo che vince la morte e sconfigge le tenebre. «È in questo terribile momento storico che Dio viene a salvarci, è in questa storia che siamo chiamati ad accogliere, annunciare e testimoniare il mistero della morte e resurrezione di Cristo dal male che ci affligge: il peccato».

Il Vescovo ha proseguito citando più volte le parole che Papa Francesco ha usato per comunicare la sua preoccupazione per il tempo che stiamo vivendo. Domenica scorsa, delle Palme, il Papa ha sottolineato che “siamo nei giorni che precedono la Pasqua, ci accingiamo a celebrare la vittoria del Signore Gesù Cristo sulla morte, non su qualcuno. Però oggi c’è la guerra e questa è solo una sconfitta, mentre cristo è morto perché regni la pace e la concordia. Che vittoria può mai essere quella che pianta una bandiera su un cumulo di macerie?”.

Nella sua Lettera Apostolica Christus vivit il Papa, rivolto ai giovani ha citato le braccia aperte di Cristo sul crocifisso “segno prezioso di un amico che per noi sacrifica la sua vita, lasciati salvare da lui, così da essere liberato dalla tristezza del peccato. Nessuno può toglierci la dignità che l’amore di Cristo ci conferisce e che ci consente di rialzarci da terra e ricominciare”.

Il Vescovo si è poi rivolto ai presbiteri presenti con una precisazione: il termine sacerdote era riferito, presso le prime comunità cristiane, esclusivamente a Cristo, per indicare l’unico sacerdote. Successivamente però attraverso l’unzione battesimale, si è stabilito che siamo tutti un popolo sacerdotale, il Battesimo infatti conferisce a tutti coloro che lo ricevono la dignità di re, sacerdote e profeta.

C’è dunque una più ampia partecipazione al servizio sacerdotale. Tuttavia il Signore tra tutti i discepoli ne sceglie alcuni per dare loro un mandato speciale e particolarmente impegnativo. Attraverso questi ultimi, che sono più strettamente uniti al lui, la sua grazia si effonde su tutto il popolo. Il Vescovo ha poi rivolto ai presbiteri, e anche a se stesso, una domanda fondamentale, la risposta alla quale determina la qualità della vita sacerdotale e lo spessore della risposta alla chiamata del Signore: «Chi è per noi Cristo?, quale è il nostro rapporto con lui?».

Su questo punto ha citato san Paolo VI che in una sua omelia ha parlato della tristezza che incombe come nube opaca sulla vita di coloro che solo a parole accettano l’intimità con Cristo o che affermano di non averne bisogno, fidando solo su stessi, senza avere il coraggio di chiamare Cristo per nome e riconoscerlo come il salvatore delle nostre vite. «Tra poco rinnoveremo le nostre promesse fatte nel giorno della nostra ordinazione, quando ci siamo impegnati a rinunciare a noi stessi per stare con Cristo, lasciandoci guidare da lui e non da interessi mondani. Che senso ha la nostra vita e il nostro ministero se il nostro amore per il Signore è debole? Siamo servitori di Cristo e della Chiesa, anche quando ci scopriamo deboli e limitati».

Il Vescovo ha concluso, sempre rivolgendosi ai presbiteri, ricordando la grandezza del ministero che il Signore ha affidato loro: i sacerdoti sono infatti chiamati ad essere servi della Parola e dispensatori dei misteri di Dio, il quale permette all’uomo di passare dalla morte alla vita e lo fa attraverso la forza della Parola e della Eucarestia. Il sacerdote è colui che consente questo meraviglioso evento, ma per poterlo fare deve egli stesso e per primo lasciarsi attraversare, rivoltare e cambiare dalla Parola, permettendo che essa tagli via i rami secchi che ostruiscono il passaggio dello Spirto Santo.

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