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Nel vangelo di Matteo che meditiamo oggi troviamo scritto che “uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento.”

Come a dire che a tutto c’è un prezzo!

È impressionante vedere gli effetti della globalizzazione, dove tutto può circolare liberamente, non solo merci: ladri, armi, droga, rifiuti “normali” e tossici, prostituzione, pedofilia, organi, denaro sporco, e sui social parole vuote, giudizi superficiali e pregiudizi, in nome della libertà. Leopardi diceva, ad un livello ben più profondo: “È impressionante vedere il niente che mi circonda”.

Sì, tutto, proprio tutto può circolare, ma i diritti umani, la dignità di ogni persona (fosse anche uno dei tanti “Giuda” di turno) a vivere in pace, quelli li mettiamo pericolosamente tra parentesi, dopo secoli di affannosa ricerca e affrancamento dalla barbarie…

Ma il Cristo che ci consegna il Vangelo di questi giorni santi sta la’ a dirci che è possibile un altro modo di gestire i conflitti, tra singoli e gruppi. Bisogna “crederci”, ossia aver fede in Dio e fiducia nel tirar fuori dal tesoro nascosto di ciascuno di noi il meglio che c’è.

Il più grande scienziato del XX secolo, Albert Einstein, era convinto che “il valore di una persona risiede in ciò che è capace di dare e non in ciò che è capace di prendere!”.

Cos’è questa “capacità di dare” o di tirar fuori il “meglio”?

A rischio di sembrare retorico direi proprio che il meglio resta sempre l’Amore: uguale per credenti e non credenti, praticanti e non, bestemmiatori incalliti e fedeli di razza!

Ai Giuda che, pur di guadagnare le loro 30 monete, tradiscono la loro dignità, abdicano alla comune umanità e seminano zizzania, inquinano, ammazzano, dividono, costruiscono verità artefatte sui loro massacri, al Giuda grande o piccolo che si annida in me e in ogni essere umano, dobbiamo far emergere il bello di rapporti autentici e azioni conseguenti.

Papa Francesco così scrive in “Evangelii gaudium, n°2:

“Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto.”

Il racconto che vedo scriversi da solo in questi giorni di “Passione” tra guerra e covid – bambini e insegnanti uniti, genitori di qua insieme a mamme ucraine coi loro figli (più di 300 a Ischia), volontari per la raccolta di generi di prima necessità e uomini di ogni estrazione sociale, giovani che finalmente escono dalla loro atrofia e sanno dare il meglio di sé – mi dice che è possibile ancora costruire comunità risanate dall’individualismo (non si vive solo aspettando il prossimo hi-phone o la prossima partita di calcio) e ricucite dal senso di famiglia umana che tutti ci accomuna, se solo ci mettiamo un po’ d’impegno e lasciamo che si dia libero sfogo all’Amore evangelico che sa dare il giusto posto ed equilibrio ad ogni cosa e la smettiamo una buona volta di barattare la nostra gioia con le trenta monete del tentatore di turno!

di Don Pasquale Trani

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