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Inaugurazione della Cittadella della Carità

L’amore e la carità trionfano sempre

Dopo una mattinata fredda e piovosa che aveva fatto temere il peggio, un dolce e tiepido sole, che portava già con sé profumo di primavera, ha riscaldato l’aria e i cuori di coloro che nel pomeriggio di giovedì 7 aprile scorso sono stati presenti alla inaugurazione della Cittadella della Carità in località Monterone a Forio, intitolata al compianto e tanto amato don Pasquale Sferratore, parroco che per tutta la sua vita si è prodigato per la gente della sua parrocchia. Tra i presenti alla cerimonia di apertura anche due sue nipoti che hanno ricordato il suo amore per il canto, immaginando che, dall’alto, stesse assistendo intonando con gioia una delle sue canzoni preferite: “O’sole mio”.

L’omaggio della Cittadella a don Pasquale non è affatto casuale, ma atto di gratitudine e ideale continuazione del suo operato, della sua attenzione per tutte le persone, alle quali – anche se non della sua parrocchia – sapeva rivolgere uno sguardo attento e caritatevole e inclusivo, per utilizzare una parola oggi di moda. Inclusività, relazione, ascolto, accompagnamento, attenzione: questo il paradigma comportamentale di don Pasquale Sferratore e questo è il modello che ispira il progetto della Cittadella della Carità, nato da una esigenza del territorio isolano, dalla intuizione di Mons. Lagnese, nella cui scia si è mosso l’attuale Vescovo Mons. Pascarella e dalla determinazione  e passione dei volontari della Caritas Diocesana, ma anche dalla generosità, spesso silenziosa, di tanti benefattori, anche di Forio.

La Cittadella nasce nei locali che sono stati in passato sede di una scuola materna voluta e curata dal parroco Sferratore, su un terreno donato alla Diocesi dalle sign.re Lucia Monte e Ida Castigliola e ha visto, nei giorni dell’allestimento, la solidarietà e l’accoglienza di tutto il vicinato, che ha manifestato gentilezza e partecipazione nel vedere progredire i lavori, segno del positivo legame tra il quartiere e la Cittadella che certamente si andrà a creare.

Tra i presenti, don Andrea La Regina, responsabile dei Macro Progetti di Caritas Italiana con la delegazione regionale, il Vescovo Mons. Pascarella, i volontari della Caritas diocesana isolana, con il direttore don Gioacchino, Luisa Pilato, coordinatrice, Mario Di Sapia, coordinatore del Banco Alimentare, alcuni rappresentanti del clero di Ischia e dell’Equipe Caritas, autorità dei Comuni di Ischia, Lacco e Forio e rappresentanti delle forze dell’ordine, oltre naturalmente ai molti volontari che hanno contribuito con il loro lavoro ed impegno instancabile alla sistemazione e all’allestimento dei locali. Presenti anche tanti bambini con i palloncini colorati.

La cerimonia si è svolta in una atmosfera di gioia e serenità, sotto la conduzione della brava Rosa Vuoso. Nel suo intervento don Andrea La Regina ha ben sintetizzato le motivazioni che informano tutto il progetto della Cittadella, ha infatti citato san Paolo VI, che nel 1971 volle istituire la Caritas in ogni chiesa locale allo scopo di dare speranza concreta a coloro che si fossero trovati in situazioni di indigenza, ma con l’intento di educare il popolo cristiano all’attenzione verso gli ultimi.

L’art. 1 dello statuto della Caritas recita infatti che la funzione della Caritas è prevalentemente pedagogica, poiché l’azione del cristiano non può esaurirsi nella pura distribuzione di aiuto ai bisognosi. Per Paolo VI, in ottemperanza a quanto espresso dal Concilio Vaticano II, la carità doveva uscire dalla pietà e carità personalistiche per offrire la via di una presa di coscienza comunitaria e per sviluppare con essa il senso di responsabilità dell’intera comunità. La Caritas – ha sottolineato don Andrea – non è un ente assistenziale e l’Emporio non è un supermercato per i poveri, ma una offerta di percorsi di accompagnamento e promozione, oltre che di educazione, della dignità della persona. Il cuore della struttura è infatti il Centro di Ascolto, nel quale Ischia ha un primato, poiché esso sorge proprio accanto all’Emporio e non in un luogo distante.

Il Centro di Ascolto è il cuore di tutta la struttura, il luogo dal quale si crea il dialogo e la prospettiva dell’accompagnamento mirato sulle esigenze delle singole situazioni. L’Emporio deve regalare dignità, mira a creare osmosi tra chi dona e chi riceve, a personalizzare i percorsi e non a regalare “pacchi” indistintamente a tutti. “Si tratta di un’opera-segno, testimonianza della vicinanza e della prossimità della Chiesa, che con questo dimostra la possibilità per l’uomo di superare con le proprie forze le difficoltà. Si può uscire dall’indigenza e dalla emarginazione, ma per farlo è necessario animare tutta la comunità, affinché sia responsabile e attiva nella creazione della carità. La Caritas in tal modo fa da trait-d ’union tra la Chiesa e la gente, anche quella che vive lontana e non frequenta le parrocchie, ma vuole dare una mano”.

Sulla necessità che le comunità diventino protagoniste dell’azione della Caritas e sulla necessità e il vantaggio di fare rete è intervenuto anche don Carmine Schiavone, neo direttore della Caritas regionale, il quale ha sottolineato l’interesse suscitato a livello anche nazionale dalla iniziativa isolana, che nasce da lontano e ha avuto una lunga fase di preparazione, durante la quale la rete delle Caritas nazionali ha avuto un peso notevole.

Ischia – ha detto don Carmine – sa ben coniugare i tre verbi lasciati in eredità da S. Giovanni Paolo II durante la sua storica visita all’isola: accogliere, ascoltare, amare. Essa diventa simbolo di rinascita e speranza, confermando una caratteristica tipica della Caritas: la capacità di fabbricare attraverso l’amore, speranza e gioia dalle macerie e dalle difficoltà, come ha dimostrato ampiamente durante le emergenze causate dal terremoto prima e dal Covid dopo. “Nella Cittadella non si vive solo di cibo, ma si intessono relazioni”, ha concluso.

Le parole del Vescovo Il Vescovo ha voluto sottolineare proprio questo aspetto fondamentale dell’Emporio, che non fa assistenzialismo, ma genera attenzione alla dignità della persona. È opportuno – ha detto – aggiungere ai tre verbi un quarto: accompagnare. “La Caritas deve aiutare a prendere consapevolezza che noi siamo veramente discepoli di Gesù e che lo siamo in infiniti modi, ma lo siamo veramente se viviamo la carità non teoricamente, ma concretamente”.

È esattamente quello che hanno fatto i volontari della Caritas – ha proseguito – traendone prima di tutto gioia, secondo quanto ci ha lasciato detto Gesù, cioè che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. La speranza del Vescovo è che questa struttura diventi anche un luogo di formazione dei volontari, per i quali non basta l’istinto, benché questo sia importantissimo, poiché “il bene va fatto bene”.

Il brano del Vangelo scelto e letto prima della benedizione e del taglio del nastro, brano noto come “il giudizio finale” (Mt 25, 31-46) ci ha ricordato come alla fine della nostra vita saremo giudicati in base all’amore che avremo saputo dare a Dio attraverso l’attenzione verso gli altri. Il Vescovo ha concluso ricordando una frase che sintetizza un brano della Prima Lettera di Giovanni: “Come puoi dire di amare Dio che non vedi se non ami il fratello che vedi?”.


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